Ray Hunt – profondamente innovatore
di Francesco Fiorentino
Molte delle più grandi scoperte nella storia sono state frutto di una lunga ed attenta osservazione dei fenomeni naturali. Si pensi per esempio alle invenzioni di Leonardo da Vinci che scrutava il volo degli uccelli al fine di ideare macchine volanti che da 500 anni a questa parte ancora ci lasciano senza parole per la loro essenza innovativa; o ad Archimede il quale, mentre era intento a fare il bagno, teorizzò i principi dell’idrostatica dei corpi. Spesso anche nella progettazione nautica alcune delle più grandi innovazioni provengono, oltre che da uno studio ingegneristico, dalle osservazioni e dalle esperienze di navigazione.
La storia
Proprio attraverso questo sistema per tutta la sua vita Charles Raymond Hunt ha partorito idee che hanno rivoluzionato la nautica a 360° sia nella vela ma soprattutto nella motonautica.
E’ un avvenimento abbastanza raro nella storia della progettazione nautica che un solo uomo riesca ad essere così profondamente innovativo in due campi antitetici e spesso molto distanti tra loro, ma è proprio questa la caratteristica che ha permesso a Ray Hunt di emergere nella nautica statunitense dagli anni ‘30 agli anni ‘60 e di essere ricordato come esempio per le generazioni future di yacht designer.
Hunt è celebrato poiché ha dato alla luce le classi internazionali 110 e 210 e numerosi velieri one-off, ma soprattutto perché negli
anni 50’-60’ Hunt intuì, in parallelo con Renato “Sonny” Levi che era dall’altra parte dell’oceano, i concetti chiave ed i benefici di quella che poi sarebbe stata la svolta per la motonautica moderna ovvero la carena a V profondo. Non si conosce a tutt’oggi chi sia veramente il padre di questa grande illuminazione.
Fatto strano ma vero, i due progettisti non ebbero contatti in quel periodo ma entrambe giunsero alla medesima conclusione. Ray Hunt fu un ottimo velista sin da giovane trovandosi da sempre a stretto contatto con il mare anche per via del lavoro del padre che gestiva una società di commercio di prodotti ittici.
Nato e cresciuto nella costa sud del Massachussets, iniziò da subito a navigare a vela e ad intuire alcuni dei concetti chiave che poi avrebbe utilizzato nel corso della sua brillante carriera di progettista. A soli 15 anni si distinse per le sue abilità nel campionato U.S. Junior Sailing attirando a sé le attenzioni di alcuni dei maggiori progettisti e costruttori dell’epoca per le innovazioni vincenti che apportava alle loro barche.
All’età di 21 anni Hunt iniziò una lunga e proficua collaborazione con il progettista Frank Paine ed in questo periodo incontrò Waldo Howland con il quale qualche anno più tardi fondò il cantiere Concordia da cui furono costruite molte delle numerose creature firmate Ray Hunt.
Nel corso degli anni ’30, infatti, il cantiere Concordia varò numerosi velieri i quali ottennero grandi successi e riconoscimenti in tutte le più prestigiose regate di classe negli USA prima della seconda guerra mondiale. Questi avvenimenti fecero si che il nome di Hunt fosse ben conosciuto ed apprezzato da chiunque si occupasse di nautica all’epoca.
La carena a V-profondo
Nemmeno lo stesso Hunt avrebbe mai potuto immaginare che proprio grazie alle regate veliche ed alla sua costante esperienza di navigazione a vela, un giorno avrebbe potuto porre la sua firma anche sull’intuizione che avrebbe rivoluzionato il mondo della motonautica.
Sembrerebbe un paradosso ma andò veramente così! Durante gli anni della seconda guerra mondiale Hunt progettò e costruì delle barche per la pesca alle aragoste, le famose Lobster Boats di cui oggi apprezziamo molto spesso delle repliche non sempre fedeli alla filosofia originale. Le barche da pesca di Hunt avevano però una particolare forma di carena che venne battezzata “Huntform”.
La particolarità della carena Huntform era il disegno dello scafo caratterizzato da sezioni trasversali con linee convesse ed arrotondate che, nella parte superiore, si aprivano in una curva concava, un po’ come se fosse il profilo di una campana rovesciata.
Questo tipo di geometria consentiva alle Huntform di ottenere una maggior velocità di punta e quindi di essere più rapide rispetto alle altre negli spostamenti a motore, consentendo così di rientrare più velocemente in porto in caso di maltempo. Si pensa che già al tempo delle Huntform, Ray Hunt avesse intuito il concetto chiave della carena a V profondo ovvero: navigare attraverso le onde e non sopra di esse.
Il successivo step di sviluppo Hunt ebbe l’occasione di farlo di lì a poco grazie all’incontro con Dick Fisher e Bob Pierce, ovvero i fondatori di uno dei marchi più blasonati della storia della nautica a motore mondiale: Boston Whaler!
A Fisher ed a Pierce venne in mente di costruire una piccola imbarcazione da pesca utilizzando come materiale di costruzione ciò che allora rappresentava una grossa innovazione nell’ingegneria dei materiali – il core di balsa – e costruendo il manufatto in composito con tecnica sandwich. Oltre a questo Fisher e Pierce volevano che il loro prodotto fosse del tutto innovativo e si rivolsero ad Hunt per lo studio delle linee d’acqua.
Hunt vi colse subito una grande opportunità per poter andare oltre le esperienze con le Huntform e disegnò quello che per anni è rimasto nell’immaginario collettivo come il simbolo di un’epoca: il 13’ Boston Whaler.
Le sue sezioni arrotondate, definite da molti ad “ala di gabbiano”, furono il punto di forza di questo piccolo scafo che ebbe un successo planetario anche grazie alla caratteristica di essere inaffondabile. In molti sicuramente avranno visto, almeno una volta nella vita, una famosa pubblicità dell’epoca in cui si vedeva chiaramente come dopo essere stata letteralmente segata a metà trasversalmente, le due metà della barca rimanevano perfettamente a galla con anche una persona a bordo.
Analizzando la sua geometria di carena è chiaro come sia una specie di trimarano sul cui scafo centrale già apparivano due piccoli pattini di sostentamento longitudinali. Sull’onda di questo successo, con il sempre maggiore sviluppo dei materiali compositi che permettevano un notevole risparmio dei pesi e con lo sviluppo della grande industria motoristica americana, Hunt iniziò ad appassionarsi alle barche a motore ed alle alte velocità cercando sempre più insistentemente il modo per aumentare le prestazioni senza però ridurre il comfort a bordo.
Il primo prototipo di carena a V profondo fu un 23’ che fu utilizzato come tender per Vim, una delle barche che si contendevano la Coppa America nello specchio d’acqua davanti a Miami.
La svolta
Come sempre una grande intuizione ha anche bisogno di qualcuno che ne riconosca il valore e ne finanzi lo sviluppo e spesso questo avviene tramite l’incontro tra un progettista ed uomo di commercio. Anche in questo caso fu così poiché il fato volle che uno dei membri dell’equipaggio di Vim fosse Dick Bertram, colui il quale di lì a breve avrebbe fatto dell’idea di Hunt una vera, grande ed indelebile realtà.
Bertram rimase esterrefatto nel veder navigare quel 23’ tra le onde con immane facilità, intuendo immediatamente che tale potenzialità era dovuta alla particolare ed inedita (fino ad allora) geometria della carena. Seppur priva dei classici pattini di sostentamento quella carena era in grado di reggere il mare meglio di qualsiasi altra.
Preso dall’entusiasmo Bertram commissionò ad Hunt un 31’ con cui insieme al pilota Sam Griffith avrebbe corso la prestigiosa gara di endurance Miami-Nassau.
Hunt non tradì le attese ed il giorno della prima prova in mare Bertram e Griffith non credettero ai loro occhi quando in un giorno di primavera con vento teso e mare mosso cercarono di trovare un’andatura che mettesse in difficoltà quello scafo, ma senza mai riuscirci!
Grazie alla sua carena a V profondo lo scafo rispondeva meravigliosamente a qualsiasi manovra senza mai perdere la stabilità di rotta e consentiva ai due, inizialmente timorosi, di spingere sulla leva del gas anche contro le onde più impegnative fino a 40 nodi!
Per mezzo di questa grande intuizione il campione di vela Ray Hunt cambiò il modo di andar per mare a motore. Nella storia spesso si assiste a delle strane coincidenze, accadimenti che non hanno una spiegazione e che sembrano avere quasi un alone mistico ma che in realtà nell’ingegneria non sono altro che la naturale evoluzione della tecnica che spesso più di una mente illuminata sa cogliere.
La paternità della carena a V profondo è uno di questi casi poiché, proprio nello stesso periodo ma dall’altra parte dell’oceano, Renato “Sonny” Levi faceva la stessa esperienza traendo gli stessi benefici ed ottenendo i medesimi vincenti risultati in competizioni come la Cowes-Torquay.
Tutt’ora è aperta la diatriba tra USA ed Europa sulla vera paternità della carena a V profonda contrapponendo due scuole di pensiero analoghe ma distinte ognuna con i suoi seguaci indistintamente su entrambe le rive dell’oceano. Molti sono i tratti comuni tra la carena V profondo di Levi e quella di Hunt: l’elevato angolo di deadrise, la presenza dei pattini di sostentamento lungo lo scafo per ridurre la superficie bagnata, le sezioni trasversali convesse, il tutto con lo scopo di riuscire a rendere quanto più veloce e confortevole la navigazione in qualsiasi condizione di mare.
Fino ad allora le poche carene plananti erano caratterizzate da elevati valori di angolo di rialzamento del fondo a prua ma da sezioni di poppa decisamente piatte per poter aumentare quanto più possibile il sostentamento idrodinamico e facilitare quanto più possibile l’entrata in planata.
Tale necessità era legata ai pesi dei manufatti, quasi sempre in legno, ed a quello dei propulsori, non ancora capaci di erogare molta potenza con pesi contenuti. Le carene a V profondo sono nate subito dopo la seconda guerra mondiale quando l’industria bellica aveva “sdoganato” molte delle soluzioni tecnologiche sviluppate ed utilizzate durante il conflitto, prima su tutte la costruzione in composito che consentì di risparmiare notevolmente sui pesi.
Levi ed Hunt hanno saputo cogliere le potenzialità di questo grande know-how ed hanno avuto il coraggio, osando, di proporlo al momento giusto in un ambiente che, ancora oggi, è spesso restìo alle innovazioni e molto legato alla tradizione.
Le “Speranza” di Levi in Europa e i “Moppie” di Hunt negli Stati Uniti sono stati l’espressione dello stato dell’arte dell’ingegno nel campo navale per un intero decennio e come tali oggi devono essere ricordati e considerati come riferimento per coloro i quali si affacciano allo yacht design.
Spesso si sono anche confrontati direttamente sui campi di gara più impegnativi al mondo in gare di durata che ne hanno messo in risalto le peculiarità ma anche i limiti. Da ciò i rispettivi progettisti hanno ogni volta acquisito informazioni per migliorare sempre più le performances e quello che più deve farci riflettere è che lo hanno fatto senza l’ausilio dei mezzi di calcolo automatico di cui oggi disponiamo ma con l’esperienza, spesso diretta, della navigazione!
La carena a V profondo ed i suoi concetti chiave hanno aperto la strada a ciò che oggi ci consente di spostarci per mare in sicurezza e rapidità quasi come accade sulla terraferma. Il diportista degli anni 50-60 che per la prima volta provava uno scafo con carena a V profondo rimaneva sbalordito dalla sensazione di morbidezza nell’impatto con l’onda e dalla velocità spesso oltre i 30 nodi.
Per il mercato dell’epoca era una vera e propria rivoluzione copernicana nonché un successo commerciale planetario per ogni costruttore che le avesse proposte alla propria clientela! Raymond Hunt ci ha lasciato nel 1978 ma il suo genio e le sue intuizioni hanno continuato a vivere ed a vincere grazie all’impegno di coloro che hanno continuato ad adottare la sua filosofia vincente.
Oggi le carene a V profondo di Hunt sono patrimonio ancora vivo ed attivo di numerosi cantieri di fama internazionale, in gran parte statunitensi, quali: Boston Whaler, Wellcraft, Chris Craft, Camper&Nicholson, Four Winns, Bertram, Grady White, Grand Banks ma anche di molti altri che pure in Europa sono stati “ispirati” da esse prendendole a modello per le loro costruzioni.
Articolo pubblicato sul periodico Nautech ottobre 2013 e qui riprodotto per g.c. dell’autore
Grazie Tealdo, ne sarà contento Francesco, un vero e proprio “ricercatore” considerando la scarsità di informazioni sulla persona.
Non ci si annoia mai con AltoMareBlu, per gli editori, autori che operano anche nel back office, leggere in anteprima tutti gli articoli, è veramente entusiasmante ed estremamente “originale”; quello che so legge tra le pagine i questo sito, non lo si legge da nessun’altra parte.
Come popolarità, ho notato che la ricerca del singolo autore, ha una valenza davvero impressionante; complimenti a tutti!
Alex
Ottimo articolo veramente fatto bene