Il secondo pilastro della normativa sulla nautica da diporto
Regolamento di attuazione del Codice della nautica
di Aniello Raiola Capitano di Fregata (CP)
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ne ha dato notizia alla stampa con un comunicato del 31 luglio scorso. Dopo quasi tre anni di lavori preparatori nasce il secondo pilastro della normativa italiana sulla nautica da diporto, il regolamento di attuazione del Codice della nautica da diporto.
Come si ricorderà, l’articolo 65 del Codice della nautica da diporto, approvato con il decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, aveva attribuito al Ministero dei trasporti, ora Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con le amministrazioni interessate, lo delega ad adottare un regolamento ministeriale, al fine di disciplinare secondo criteri di semplificazione dei procedimenti amministrativi varie materie:
- Sicurezza della navigazione per tutte le unità da diporto, ivi comprese quelle adibite al noleggio e al diving;
- Patenti nautiche e, in particolare, i nuovi criteri in materia di requisiti fisici per il loro conseguimento, vale a dire l’individuazione di alcune categorie di disabili cui riservare lo patente per lo direzione nautica delle unità da diporto;
- Determinate procedure amministrative inerenti alle unità da diporto, come le modalità di iscrizione delle navi da diporto e delle imbarcazioni auto costruite, l’esecuzione della pubblicità, i trasferimenti di iscrizione, il rinnovo dei documenti di navigazione, lo cancellazione delle unità dai registri, il rilascio delle autorizzazioni alla navigazione temporanea .
Il termine previsto per lo strumento regolamentare era abbastanza utopistico, 90 giorni dalla data di entrata in vigore del Codice (ovvero dal 15/9/2005).
Basterà ricordare che lo legge delega per il Codice era del luglio 2003 e il Codice stesso -composto da 67 articoli e 16 allegati- venne alla luce nell’agosto del 2005 . Per il Regolamento, che si compone di ben 94 articoli e 11 allegati, era, altresì, previsto il concerto con altre otto Amministrazioni interessate: economia e finanze, giustizia, difesa, sviluppo economico, comunicazioni (oggi accorpate nello sviluppo economico), lavoro e salute, istruzione e rapporti con le Regioni.
Detta fase di concertazione si è dimostrata oltremodo faticosa ed ha assorbito da sola circa un anno, soprattutto con l’allora Ministero della salute per lo materia delle patenti nautiche. Inoltre, il provvedimento ha subito doppio parere del Consiglio di Stato: il primo in data 17 settembre 2007, con cui tale organo consultivo ha espresso una pronuncia solo interlocutoria ovvero ha dichiarato di non avere obiezioni sostanziali da muovere all’impianto complessivo dell’articolato, ma ha formulato al contempo diversi rilievi formali e di drafting normativo ; il secondo in data 3 1 marzo 2008, con cui ha licenziato favorevolmente il testo, seppure con alcune osservazioni tese a migliorarlo ulteriormente.
In definitiva, la bozza di Regolamento, che era stata ultimata dopo circa un anno di lavori dall’apposita Commissione istituita presso l’allora Ministero dei trasporti, ha impiegato due anni a fare il c.d. giro dei tavoli dei vari Ministeri interessati e del Consiglio di Stato. Il provvedimento è suddiviso in quattro titoli.
Titolo I: affronta le problematiche attinenti alla semplificazione dei procedimenti amministrativi in materia di: uso commerciale, unità in leasing, iscrizione delle navi da diporto e delle imbarcazioni auto costruite, pubblicità navale, trasferimento di iscrizione, cancellazione dai registri, perdita di possesso, rinnovo della licenza di navigazione e autorizzazione alla navigazione temporanea.
Titolo II: contempla la materia delle abilitazioni per il comando, la condotta e la direzione nautica delle unità da diporto.
Titolo III: disciplina la materia della sicurezza della navigazione e delle unità da diporto (natanti, imbarcazioni e navi da diporto), nonché di quelle impiegate in attività di noleggio o come unità appoggio per le immersioni subacquee a scopo sportivo o ricreativo.
Titolo IV: disposizioni complementari e finali, ivi compresa l’abrogazione di sei fonti regolamentari. E proprio dalla fine bisogna iniziare, se si vuole intendere il senso della profonda riforma operata nella materia in esame.
Tale regolamento va a sostituire, abrogandole, ben sei fonti regolamentari che coesistevano con il Codice della nautica, vale a dire quattro regolamenti in materia di sicurezza della navigazione
D.M. 8/8/77, recante le direttive per l’effettuazione delle visite di accertamento ai fini dell’abilitazione alla navigazione delle unità da diporto;
D.M. 19/1 1/92, n. 566, recante il regolamento sull’autorizzazione alla navigazione temporanea delle unità da diporto;
D.M. 21/01/94, n. 232, recante il regolamento di sicurezza per le navi da diporto;
4 D.M.5/10/99, n. 478, recante il regolamento di sicurezza per i natanti e le imbarcazioni da diporto e due regolamenti in materia di patenti nautiche:
D.M. 5/7/94, n. 536, recante il regolamento sul comando e sulla condotta delle unità da diporto da parte di coloro che sono in possesso di un titolo professionale marittimo
D.P.R. 9/10/97, n. 431, recante il regolamento sulla disciplina delle patenti nautiche.
Nota: Del D.P.R. n. 431/ 97 rimangono in vigore soltanto le parti inerenti ai programmi d’esame ed alle relative modalità di svolgimento, che saranno oggetto di apposito decreto di revisione a cura del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Come si ricorderà, il Codice, a sua volta, aveva abrogato otto articoli del codice della navigazione, dodici articoli dei relativi regolamenti di esecuzione, l’intera legge n. 50/1971 sulla navigazione da diporto e successive modifiche, la legge n. 498/ 1994, il decreto legislativo n. 436/1996 e altri sette articoli di leggi varie contenenti isolate disposizioni sulla nautica da diporto.
Ecco che appare evidente l’ambizioso traguardo che il legislatore italiano ha raggiunto -con un lavoro iniziato sin dal 2003- nell’ambito della normativa dedicata alla nautica da diporto: la realizzazione di un sistema dotato di coerenza ed organicità, sì da porre a disposizione di utenti, operatori e addetti ai lavori nel medesimo corpo normativa -composto da Codice e Regolamento- l’intera disciplina afferente il diporto nautico, agevolandone in tal modo l’accesso e la conoscibilità.
In merito alla completezza del sistema, occorre precisare che Codice e Regolamento non contengono proprio tutta la produzione normativa sulla nautica.
I titoli professionali del diporto per le unità adibite al noleggio e per le navi da diporto, in considerazione della sub specialità della materia del lavoro a bordo di dette unità, restano disciplinati da apposito regolamento approvato con decreto ministeriale 10 maggio 2005, n. 12l. Inoltre, l’articolo l del Codice della nautica rimarca prudentemente il legame con il codice della navigazione (” Per quanto non previsto dal presente codice, in materia di navigazione da diporto si applicano le leggi, i regolamenti e gli usi di riferimento ovvero, in mancanza, le disposizioni del codice della navigazione… e le relative norme attuative”).
Come ho già avuto modo di affermare in passato, se, da un lato , la nautica da diporto possiede il proprio sistema normativa ad hoc, dall’altro il codice della navigazione rimane la legge generale in materia di navigazione che si espande nel diporto laddove manchino disposizioni di siffatto speciale sistema normativa, cioè la legge generale in grado di colmare le lacune del Codice della nautica, delle leggi, dei regolamenti e degli usi di riferimento in materia di navigazione da diporto.
Quindi, con il Codice della nautica e il connesso Regolamento, nel riconoscere la specialità della materia in esame, non si realizza la sua piena autonomia, da molti rivendicata. Non si tratta di un rapporto di “sudditanza”, bensì di un necessario coordinamento con un sistema che sin dal 1942 regola in maniera egregia l’intera navigazione e al quale si deve la derivazione della maggior parte delle norme contenute nel Codice della nautica e nel Regolamento. Bisogna ricordare che il processo di formazione di un “diritto speciale” (cioè, un sistema normativa non solo speciale, ma anche autonomo) è lungo e laborioso e deve condurre alla creazione di un apparato di norme dotato della massima completezza possibile, il che non può ancora dirsi per la nuova disciplina della navigazione da diporto, lo quale deve avere il tempo per potersi perfezionare mediante il confronto con la prassi, con il diritto vivente e con la giurisprudenza.
Tornando all’analisi del Regolamento, da segnalare che non è stato disciplinato, e quindi non sarà attivato, lo sportello telematico del diportista (previsto dall’articolo 65 del Codice della nautica), in quanto ciò sarebbe dovuto avvenire -secondo il parere rilasciato, in fase di concerto, da l Ministero dell’economia e delle finanze -senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, cosa ovviamente impossibile per una struttura da realizzarsi mediante collegamenti informatici tra un centro elaborazione dati presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e j soggetti titolari dello sportello stesso. Un’occasione mancata -o forse solo rinviata di snellire i flussi procedimentali inerenti all’amministrazione della navigazione da diporto. Quanto ai citati titoli I, Il e III del Regolamento, si procederà nel prosieguo ad esaminarli partitamente, analizzando le innovazioni principali da essi apportate e seguendo la successione dell’articolato stesso.
I) Immatricolazioni, pubblicità navale e cancellazione dai registri
Con l’articolo 2 si risolve il problema sorto all’indomani dell’abrogazione dell’art. 2 della legge n. 50/71 (ad opera della legge n. 172/2003), che prevedeva la facoltatività della dichiarazione di costruzione (e, quindi, dell’iscrizione nel registro delle navi in costruzione) per le imbarcazioni da diporto.
Abrogata tale norma, di utilità estrema per i cantieri costruttori e per le banche finanziatrici delle costruzioni navali*, alcuni sostenevano che, in mancanza di una disposizione in materia, operasse il richiamo al codice della navigazione di cui all’articolo l del Codice della nautica e che, quindi, il regime della costruzione delle navi fosse diventato vigente anche per le imbarcazioni da diporto, applicandosi ad esse l’obbligo della dichiarazione di costruzione.
Nota* : L’iscrizione nel registro delle navi in costruzione permetteva al cantiere di ottenere il finanziamento per la costruzione, a fronte della possibilità per la banca finanziatrice, di iscrivere ipoteca sull’ imbarcazione in costruzione stessa.
Altri argomentavano che, in mancanza di una norma speciale in materia, la dichiarazione di costruzione di un’imbarcazione da diporto non fosse ipotizzabile, neanche come facoltativa. La soluzione più logica e ragionevole è quella adottata dal Regolamento, che ha reintrodotto la dichiarazione di costruzione facoltativa per le imbarcazioni da diporto. Detta norma ha, altresì, equiparato ai titoli di proprietà utili per l’immatricolazione nei R.I.D., l’estratto del registro navi in costruzione, qualora si tratti di imbarcazione iscritta in tale registro, così riprendendo ed estendendo i contenuti dell’art. 315, comma l, n. l), del regolamento di esecuzione del codice della navigazione.
L’articolo 3 formalizza la documentazione necessaria ai fini dell’immatricolazione delle navi da diporto, ricalcando il citato art. 315 reg. nav. mar., fino ad oggi già utilizzato per tale tipo di unità: titolo di proprietà, al quale è equiparato l’estratto del registro navi in costruzione, e certificato di stazza, più -eventualmente -certificato di cancellazione dal registro straniero. Inoltre, la disposizione in esame estende alle navi da diporto la portata dell’art. 19, comma 3, del Codice della nautica ovvero quella facilitazione che consente, per l’iscrizione delle unità provenienti da registri della UE, di sostituire il titolo di proprietà con il certificato di cancellazione dal registro comunitario. In tal modo, si è disciplinata l’ipotesi del passaggio da registro comunitario a registro nazionale, equiparandola ad un trasferimento di iscrizione in ambito nazionale, non solo per rispondere ad esigenze di semplificazione, ma anche per agevolare la libera circolazione delle unità da diporto in ambito comunitario.
L’articolo 5 istituisce la procedura di iscrizione delle imbarcazioni auto costruite, richiedendo, quale titolo di proprietà, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio con firma autenticata da notaio, che si risolve in una dichiarazione con cui l’interessato attesta di non essere costruttore professionale, di aver costruito l’unità per proprio uso personale e senza ausilio di impresa, cantiere o costruttore professionale, e di averne il possesso. Oltre al descritto titolo, occorrono la documentazione fiscale relativa al materiale acquistato per la costruzione e l’attestazione di idoneità rilasciata da un organismo tecnico. Essendo le imbarcazioni auto costruite sottratte alla normativa comunitaria in materia di valutazione della conformità CE, le stesse non possono essere immesse sul mercato se non dopo cinque anni dall’immatricolazione e previa marcatura CE.
L’articolo 7 formalizza varie novità in tema di unità in leasing, alcune delle quali già introdotte con lo strumento della circolare interpretativa (n. 1268 in dota 31/5/06), emanata dalla Direzione generale per la navigazione e il trasporto marittimo e interno (ora Direzione generale per il trasporto marittimo, lacuale e fluviale) sulla base di quesiti e rispettive soluzioni esegetiche prospettate dal Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto [dispaccio n. 36416 in data 12/4/06].
Innanzi tutto, tenendo conto della ratio dell’art. 16 del Codice teso a semplificare l’azione amministrativa, si dispone che, ai fini dell’annotazione dell’utilizzatore a titolo di leasing, è sufficiente presentare all’ufficio di iscrizione dell’imbarcazione/nave da diporto lo copia del contratto di locazione finanziaria, che deve essere registrato o in corso di registrazione presso l’Agenzia delle entrate. Quest’ultima disposizione (copia del contratto in corso di registrazione) costituisce una novità assoluta ed è dovuta alla constatazione dei tempi non proprio rapidi con cui gli uffici finanziari registrano gli atti privati. Il proprietario (azienda di leasing), quindi, potrà presentare -con lo copia del contratto -lo ricevuta attestante l’avvenuto pagamento dell’imposta di registro, impegnandosi a produrre, non appena perfezionato, il contratto registrato.
In secondo luogo, si sancisce lo facoltà di utilizzare l’art. 16 del Codice (quindi, di annotare il nominativo dell’utilizzatore a titolo di leasing) anche successiva mente -e non contestualmente- all’immatricolazione dell’imbarcazione/nave oppure in presenza di una cessione o semplice variazione del leasing. Infatti, il citato articolo 16, secondo un’interpretazione letterale che teneva conto anche della sua rubrica (Iscrizione di unità da diporto utilizzate a titolo di locazione finanziaria), pareva applicabile soltanto contestualmente all’immatricolazione di unità in leasing. L’articolo 7, commi 2 e 3, del Regolamento stabilisce proprio il contrario, così come già affermato dalla circolare n. 1268 del 31/5/06 sopra citata. Poi, lo stesso articolo 16 non esplicitava quale fosse lo natura dell’annotazione nei registri dell’utilizzatore a titolo di leasing.
Con lo circolare appena ricordata si era fatta chiarezza, considerando l’annotazione in parola fuori de l campo della pubblicità navale (dichiarativa e costitutiva), di cui al successivo articolo 17 del Codice. Ciò perché il contratto di locazione finanziaria produce diritti “personali” di godimento e non diritti reali, che sono, invece, soggetti a trascrizione. Trattasi di una forma di pubblicità notizia, il cui effetto è semplicemente quello di rendere a tutti gli interessati più agevole lo conoscenza del fatto iscritto e senza limitazioni per lo prova contraria. Infatti , anche l’articolo 7, comma 4 , del Regolamento conferma questa linea, esentando l’annotazione in parola dal pagamento dei tributi previsti in materia di trascrizione.
Infine, il comma 5 dell’articolo 7 in esame costituisce lo seconda novità assoluta nella materia del leasing. Esso attribuisce all’utilizzatore in leasing l’onere di sottoscrivere lo dichiarazione di assunzione di responsabilità per tutti gli eventi derivanti dall’esercizio dell’imbarcazione, dichiarazione richiesta dall’articolo 20 del Codice per conseguire l’iscrizione provvisoria di un’imbarcazione da diporto nuova. Senza tale disposizione, l’agevolazione dell’iscrizione provvisoria, di cui all’articolo 20 del Codice, non poteva in passato essere utilizzata dalle aziende di leasing, perché le stesse avrebbero dovuto sottoscrivere, in quanto proprietarie del mezzo, detta dichiarazione, assumendosi responsabilità per un esercizio che, in effetti, non apparteneva loro.
L’articolo 10 detta disposizioni in tema di pubblicità navale ed introduce un’innovazione di non poco conto per l’utenza. Infatti, quando si trascrive nei registri navali l’acquisto di un’eredità (perché in essa è compresa un’imbarcazione/nave da diporto), va consegnato all’ufficio di iscrizione l’atto di accettazione dell’eredità da parte dell’erede, che, secondo l’articolo 2648 del codice civile, deve rivestire lo forma di atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da notaio. In passato, la Corte di Cassazione ha più volte affermato che lo denuncio/dichiarazione di successione presentata agli uffici finanziari non è idonea a sostituire l’accettazione di eredità ai fini della trascrizione, in quanto trattasi di “mero atto conservativo di regolarizzazione fiscale che non attesta in modo univoco la volontà di accettare”.
Con l’articolo in esame, il Regolamento -in ossequio al criterio di semplificazione che il settore esige e che il Codice ha sancito nell’articolo 65 -dà, invece, facoltà all’interessato, in detti casi, di presentare (per lo trascrizione) lo dichiarazione di successione -già eseguita presso gli uffici finanziari -in luogo dell’atto di accettazione di eredità, così evitando aggravi di costi e di tempo per l’utenza. Il secondo comma dell’articolo 10 ribadisce, invece, ciò che era stato più volte affermato dalla Direzione generale competente e che era facilmente deducibile in via interpretativa rifacendosi al codice della navigazione (art. 252, comma 2) ovvero che il titolo di proprietà per le imbarcazioni da diporto può essere costituito anche da una dichiarazione unilaterale del venditore (cui va equiparata lo fattura di vendita) con sottoscrizione autenticata.
Tale agevolazione è -come anticipato- prevista anche dal codice della navigazione per le navi di stazza lorda non superiore alle 10 tonnellate, se a motore, o alle venticinque tonnellate, negli altri casi, navi alle quali sono equiparate, dall’articolo I, comma 3, del Codice della nautica, tutte le imbarcazioni da diporto. Da segnalare, però, un’incongruenza contenuta nell’articolo che si commenta, il quale, nel sancire lo citata semplificazione, lo ha espressamente -e impropriamente – limitata alle imbarcazioni da diporto, in tal modo dimenticando le navi da diporto di stazza lorda non superiore alle 10 tonnellate, se a motore, o alle venticinque tonnellate, negli altri casi.
L’articolo 12 è intitolato “semplificazione delle disposizioni per la pubblicità” e, infatti, con il secondo comma, risolve un annoso problema per l’utenza, consentendo di trascrivere nei registri navali un atto privato “in corso di registrazione” presso l’Agenzia delle entrate, previa presentazione della ricevuta di avvenuto pagamento dell’imposta di registro. Tale disposizione si è resa necessaria a seguito dell’introduzione del termine di 60 giorni, fissato dall’articolo 17, comma I, del Codice della nautica per lo pubblicità degli atti relativi alle unità da diporto. Siffatta innovazione codicistica comportava che, ove lo registrazione degli atti privati non intervenisse nei prescritti 60 giorni, gli effetti di tale circostanza si ripercuotevano sull’utente, sanzionabile ai sensi degli art. 17, comma 3, e 53, comma 2, del Codice. Con la norma in esame, pur garantendo il pagamento dell’imposta di registro anteriormente alla trascrizione, si permette all’utente di ottemperare al termine di legge e si assicura, nel contempo, il rispetto della ratio dell’articolo 17, comma I, del Codice.
L’articolo 16 detta le formalità relative alla cancellazione dai registri delle unità da diporto.
Per lo cancellazione di unità destinate all’iscrizione in un registro comunitario, il Regolamento (art. 16, comma 3) -in ossequio al criterio di semplificazione -ritiene sufficiente, in luogo del nullaosta dell’I.N.P.S. (previsto dall’art. 15 della legge n. 413/1984), una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, a cura del proprietario del mezzo, attestante l’avvenuto pagamento degli eventuali crediti contributivi dell’I.N.P.S. stesso. D’altra parte, considerato che anche lo procedura di dismissione della bandiera nazionale delle navi commerciali, prevista dall’articolo 156 del codice della navigazione, risulta semplificata per quelle unità da iscriversi in un registro comunitario, non c’era motivo per imporre aggravi qualora si trattasse di unità da diporto.
Le medesime esigenze di snellimento hanno portato, altresì, a ritenere sufficiente, ai fini della cancellazione per vendita all’estero (art. 16, comma 5), lo richiesta di nullaosta alla dismissione di bandiera e lo successiva presentazione della copia conforme dell’atto di vendita a cittadino straniero (che non va trascritto nei registri), in luogo della dismissione di bandiera nazionale che veniva, invece, effettuata -ai sensi dell’articolo 156, comma 7, del codice della navigazione -tramite l’autorità marittima o consolare del luogo in cui si trovava l’unità da diporto al momento della citata richiesta. Sempre nell’ottica della semplificazione, il comma 6 dell’articolo 16 (secondo periodo) disciplina l’ ipotesi di trasferimento in Paesi che non prevedono l’immatricolazione dell’unità da diporto. In mancanza di un documento di iscrizione in registro straniero, non si sarebbe potuto procedere alla cancellazione dai registri nazionali, motivo per il quale il Regolamento ritiene sufficiente, in detto caso, una dichiarazione -attestante quanto sopra -resa dal proprietario dell’unità.
L’articolo 18 individua le ipotesi di rilascio di licenza provvisoria alle navi da diporto. Come noto, il Codice prevede che tale licenza -di validità non superiore ai sei mesi -possa essere rilasciata a quelle navi da diporto il cui procedimento di iscrizione non si sia ancora concluso, ma non ne determina i casi specifici. Con la citata disposizione, il Regolamento dispone che la licenza provvisoria può essere rilasciata: per le navi di nuova costruzione, in attesa del certificato di stazza definitiva (che è necessario per l’immatricolazione di una nave da diporto, ma richiede molto tempo); per le navi provenienti da un registro straniero, sempre, purché le autorità straniere -allo scopo di evitare la doppia bandiera -attestino che è stata richiesta la cancellazione dai loro registri e che è stato ritirato il documento di navigazione straniero.
L’articolo 20, in tema di documentazione dei motori marini, con il comma 5 risolve una problematica da tempo evidenziata dall’utenza, che si realizzava -in caso di smarrimento, deterioramento o furto del documento del motore- nell’impossibilità da parte dell’interessato di rivolgersi ai soggetti commerciali deputati al rilascio della dichiarazione di potenza del motore, come, ad esempio, nell’ipotesi di fallimento del costruttore del motore stesso. AI fine di dare piena tutela al consumatore, che si vedrebbe leso dall’impossibilità di utilizzare il proprio motore marino, la disposizione prevede, in tali casi, l’accertamento della potenza del motore e il rilascio del relativo documento a cura dei centri prova autoveicoli del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Gli articoli 21 e 22 recano la disciplina relativa al rilascio dell’autorizzazione alla navigazione temporanea (c.d. targa prova), riproducendo e armonizzando le disposizioni contenute nel decreto ministeriale 19/11 / 92, n. 566, recante il regolamento sull’autorizzazione alla navigazione temporanea delle navi da diporto, che viene contestualmente abrogato.
Per quanto attiene alle condizioni di sicurezza da osservare durante la predetta navigazione, in considerazione del fatto che l’articolo 33 del Codice già disciplina le dotazioni di sicurezza imbarcabili e il numero delle persone trasportabili, viene regolamentato soltanto l’apparato ricetrasmittente di bordo (articolo 22), in particolare -e questa è la novità- escludendo l’obbligo della relativa licenza di esercizio, in quanto si tratta di unità in navigazione temporanea e -nella maggior parte dei casi -non ancora in esercizio.
L’articolo 23 reca le necessarie disposizioni di attuazione dell’articolo 38 del Codice in materia di ruolino di equipaggio, il documento che deve essere richiesto qualora si intenda imbarcare, quali membri dell’equipaggio, marittimi iscritti nelle matricole della gente di mare o della navigazione interna.
Tale norma indica l’ufficio preposto al rilascio di detto documento (qualsiasi autorità marittima o consolare), le relative procedure di rilascio e di rinnovo, la sua durata (tre anni), ma soprattutto colma una lacuna del Codice, che aveva omesso di prevedere -accanto al proprietario -la facoltà dell’armatore dell’unità da di porto di richiederlo, armatore che -come noto- nell’esercizio di qualsiasi mezzo nautico ordinariamente provvede alla composizione dell’equipaggio.
L’articolo 24 detta la disciplina relativa all’annotazione (nei registri di iscrizione) dell’uso commerciale cui possono essere destinate, ai sensi dell’articolo 2 del Codice, le unità da diporto. I commi l e 2 individuano i soggetti legittimati a richiedere l’annotazione dell’uso commerciale (proprietario e armatore), la documentazione da presentare al competente ufficio di iscrizione e le formalità da eseguire in caso di mutamento del proprietario o dell’armatore. Solo una novità da segnalare al riguardo. Con la già citata circolare n. 1268 in data 31 maggio 20 06, la Direzione generale per la navigazione e il trasporto marittimo e interno, nel caso di scuole nautiche che utilizzano, ai fini dell’insegnamento, imbarcazioni da diporto in forza di contratti di locazione, aveva ritenuto che le stesse non dovessero procedere obbligatoriamente alla dichiarazione d’armatore.
Il comma I dell’articolo in esame, invece, fa decadere -per uniformità di trattamento con gli altri usi commerciali delle unità da diporto -tale agevolazione per le scuole nautiche, che non possono utilizzare l’unità a scopi di insegnamento se non diventandone prima formalmente armatrici. Così facendo, si conferma lo regola per cui solo a due soggetti compete l’utilizzo commerciale del mezzo nautico: proprietario o armatore.
Il comma 3 chiarisce -come già fatto dalla più volte citata circolare n. 1268 in data 31 maggio 2006 della Direzione generale per lo navigazione e il trasporto marittimo e interno- l’effettiva portata del principio di esclusività di utilizzo, fissato dall’articolo 2, comma 4, del Codice per le unità da diporto oggetto di contratti di locazione e/o di noleggio. In particolare, si consente alle unità da diporto adibite a locazione e/ o noleggio di essere utilizzate anche per l’insegnamento professionale della navigazione da diporto e per il diving, tale essendo l’intendimento originario del legislatore, che, con il citato comma 4 dell’articolo 2 del Codice, mirava a vietare alle unità adibite a locazione e/ o noleggio soltanto l’utilizzo per scopi non commerciali(cosiddetto “diporto puro”), al fine di una maggiore professionalizzazione del settore del charter.
Infine, il successivo comma 4 conferma quanto già affermato dalla Direzione generale per lo navigazione e il trasporto marittimo e interno in data 10/9/2007 con circolare n. 14476 ovvero che l’utilizzatore a titolo di leasing può fare uso commerciale dell’unità, cioè può richiedere l’annotazione di cui 011′ arti colo 2 del Codice della nautica, a patto che presenti lo dichiarazione d’armatore, perché detto articolo 2 e l’articolo 24 del Regolamento, come visto in precedenza, consentono solo a due soggetti di utilizzare commercialmente l’unità, il proprietario e l’armatore. I dubbi interpretativi sorgevano dalla considerazione che l’articolo 16 del Codice, come noto, ha introdotto semplificazioni per gli utilizzatori a titolo di leasing, evitando loro la procedura della dichiarazione d’armatore. Ciò aveva generato false aspettative sulla legittimazione di tali soggetti ad espletare le formalità per l’annotazione dell’uso commerciale dell’unità oggetto di leasing. Con il citato comma 4 si chiarisce che i predetti soggetti non possono utilizzare a fini commerciali le unità da diporto, se non prima diventandone armatori secondo lo procedura prevista dall’articolo 265 del codice della navigazione.
II) Patenti nautiche
Il Titolo Il de l Regolamento tratta lo disciplina delle patenti nautiche e sostanzialmente riproduce i contenuti del D.P.R. 9/10/97, n. 431 regolamento sulle patenti nautiche, prima vigente -con lievi aggiornamenti (che saranno evidenziati nel prosieguo) e con una specifica attenzione ai requisiti psicolisici, onde consentire alle persone disabili il conseguimento di quella particolare tipologia di patente, prevista dall’articolo 39 del Codice, che abilita alla direzione nautica di natanti e imbarcazioni da diporto.
L’articolo 27 -che, come l’allegato I sui requisiti di idoneità, è stato elaborato con lo collaborazione, in fase di concertazione, di un gruppo di esperti del Ministero della salute (ora Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali) -disciplina la patente di categoria C relativa alla direzione nautica dei natanti e delle imbarcazioni da diporto, riportando la definizione di direzione nautica intesa come compimento di tutte le operazioni decisionali nelle quali si sostanzia il comando di un’unità, che possono non comprendere le azioni manuali relative al comando stesso.
La direzione nautica, in tal senso, assume diverse configurazioni a seconda delle diverse disabilità, che dovranno essere di volta in volta valutate dalla commissione medica locale in sede di giudizio di idoneità ex articolo 36 del Regolamento e sulla base dei requisiti di idoneità individuati nell’allegato l, paragrafo 2, dedicato, per l’appunto, alle patologie che consentono il conseguimento della sola patente di categoria C.
Con la dizione “direzione nautica”, in definitiva, si vuole significare che il comando di un mezzo nautico si concretizza in un processo decisionale ed intellettivo, dal quale esulano le semplici operazioni manuali che ben possono essere delegate ad altra persona non abilitata presente a bordo. Infatti, il patentato di categoria C necessita della presenza a bordo di almeno un’altra persona di età non inferiore ai 18 anni, idonea a svolgere le funzioni manuali necessarie per la conduzione del mezzo e la salvaguardia della vita umana in mare, sempre che l’unità sia munita di dispositivo elettronico in grado di consentire, in caso di caduta in mare, oltre all’individuazione della persona, lo disattivazione del pilota automatico e l’arresto dei motori.
Per tutto il resto, tale patente è assoggettata alla stessa disciplina della patente di categoria A, salva lo possibilità per i candidati agli esami per lo patente di categoria C di presentare richiesta riguardo gli ausili necessari nonché l’eventuale esigenza di tempi aggiuntivi per l’espletamento delle prove (allegato Il, lett. B), comma 4).
Le patologie che consentono -se giudicati idonei dalla commissione medica locale- il conseguimento della patente in esame sono: alterazioni anatomiche o motorie invalidanti in uno o più arti; encefalite, sclerosi multipla, miastenia grave o malattie del sistema nervoso, associate ad atrofia muscolare progressiva o disturbi miotonici; malattie del sistema nervoso periferico; postumi invalidanti di traumatismi del sistema nervoso centrale o periferico.
In caso di amputazione parziale o minorazione di un solo arto, superiore o inferiore, se la relativa funzione è vicariata con l’adozione di adeguate protesi che assicurino, per l’arto superiore, funzioni di presa sufficiente, ovvero per l’orto inferiore, un soddisfacente funzionamento, l’interessato può conseguire, invece , patenti di categoria A o B. Ove le suddette malattie non siano in stato avanzato e la funzione degli arti sia buona, per cui non venga pregiudicata la sicurezza della navigazione, a giudizio della commissione medica locale e a seguito di visita specialistica presso strutture pubbliche, se ritenuta necessaria, possono essere rilasciate le patenti di categoria A o B, con validità non superiore a due anni.
In materia di requisiti di idoneità psicofisica c’è da evidenziare, altresì, il cambiamento di approccio metodologico. Infatti, l’allegato I, paragrafo I, che contiene l’elenco delle malattie e minorazioni invalidanti, esordisce in questo modo: “Possono conseguire le patenti nautiche… coloro che sono affetti dalle seguenti malattie e minorazioni, purché le condizioni presentate siano compatibili a giudizio della commissione medica locale con la sicurezza della navigazione”.
Ciò significa che quelle che un tempo erano malattie preclusive della patente salvo alcune eccezioni*, diventano malattie che, in presenza di condizioni di compatibilità, permettono il conseguimento delle patenti di categoria A e B, salvo determinate eccezioni ben individuate.
Nota* Per tali malattie l’allegato A al D.P.R. n. 431 /97 si esprimeva usando lo seguente forma: “La patente nautica non deve essere rilasciata …”
Inoltre, pare importante segnalare che non sussiste più il divieto assoluto di patente senza limiti dalla costa e di quella per navi da diporto per i soggetti diabetici in trattamento con insulina e per i trapiantati renali con buona funzionalità dell’organo trapiantato. Quanto ai requisiti visivi (allegato I, paragrafo 3), il Regolamento pone rimedio ad una macroscopica dimenticanza del D.P.R. n. 431/97, vale a dire la mancanza del visus minimo necessario per conseguire lo patente nautica di qualsiasi tipo (che viene fissato in 10/10 complessivi raggiungibili con lenti, con non meno di 3/10 senza correzione per l’occhio migliore).
Da evidenziare, altresì, che le patenti di categoria A e B, in passato assolutamente precluse ai soggetti monocoli, possono essere a questi rilasciate, purché possiedano un visus naturale di almeno 5/10 e corretto di almeno 8/10. Quanto ai requisiti uditivi (allegato I, paragrafo 3), mentre’ in passato la valutazione della funzione uditiva andava effettuata senza l’uso di apparecchi correttivi, con il Regolamento si permette l’utilizzo di detti ausili.
In tema di commissioni d’esame, l’articolo 29 contiene, oltre ad alcuni aggiornamenti resisi necessari con l’avvento della nuova disciplina in materia di titoli professionali marittimi e del diporto, due novità degne di rilievo. In particolare, il presidente delle commissioni per patenti senza limiti dalla costa e per navi da diporto può essere scelto tra ufficiali di grado non inferiore a tenente di vascello (comma 2, letto a), al contrario del previgente regolamento che limitava la scelta all’ambito degli ufficiali superiori, creando non poche difficoltà per la costituzione delle commissioni in alcune Capitanerie.
In secondo luogo, il membro di dette commissioni (comma 2, lett. b), qualora ufficiale del Corpo delle Capitanerie di porto, non deve più avere il grado minimo di sottotenente di vascello e può essere, in considerazione dell’abilitazione posseduta, anche un abilitato alla condotta delle motovedette d’altura del Corpo stesso.
Da rilevare, poi, che l’articolo 29, comma 5 , secondo quanto suggerito dal Consiglio di Stato con il primo parere del 17/09/2007, rinvia la determinazione dei programmi e delle modalità di svolgimento degli esami attesa lo natura prettamente tecnica delle cita te materie, sottoposte, tra l’altro, a rapida ed incessante evoluzione -ad un successivo decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Nel frattempo, come statuito dall’art. 93, comma l, n. 5), restano in vigore programmi e modalità di svolgimento degli esami del vecchio regolamento n. 431/97.
Importanti novità sono contenute nell’articolo 32, che detta disposizioni per il conseguimento delle patenti nautiche senza esami. Infatti , la facoltà di conseguire la patente per navi da diporto, un tempo limitata ai soli ufficiali del Corpo di stato maggiore e delle capitanerie di porto, viene estesa a:
- Ufficiali della Guardia di finanza in possesso di specializzazione di comandante di unità navale rilasciata dai comandi della Guardia di finanza;
- Sottufficiali delle Forze armate e delle Forze di polizia in possesso di abilitazione alla condotta di unità navali d’altura o del brevetto per la condotta di mezzi navali della M.M. senza alcun limite dalla costa o dal l’unità madre rilasciati dalla M.M., purché abbiano comandato tale tipo di unità per almeno dodici mesi.
Il Regolamento innova, altresì , in materia di comando di unità da diporto da parte di stranieri in acque italiane. L’articolo 34, dedicato all’argomento, deriva dall’articolo 38 della legge n. 50/1971, la cui ratio era quella di incentivare il turismo nautico verso l’Italia.
Per tale motivo, si era ritenuto ragionevole negli anni ’70 riconoscere a tutti gli stranieri lo facoltà di comandare unità da diporto senza abilitazione, quando nel Paese di origine tale abilitazione non era prevista (art. 38, comma 2). Il grande sviluppo del turismo nautico dagli anni ’70 ad oggi, unitamente ad una puntuale legislazione in materia che privilegia lo sicurezza, ha impedito di confermare lo disposizione derogatoria per tutti gli stranieri, limitandola (art. 34, comma 3) solamente ai cittadini degli Stati membri dell’Unione europea . Inoltre, il comma 2 della norma in esame ha riguardo alle imbarcazioni e navi da diporto iscritte in registri stranieri (ipotesi non disciplinata dall’abrogato art. 38 della legge n. 50/71), circolanti in acque territoriali italiane e condotte da cittadini stranieri o cittadini italiani residenti all’estero, devolvendo lo relativa regolamentazione sull’obbligo di patente alla legge di bandiera dell’unità.
Resta fermo che gli stranieri e i cittadini italiani residenti al l’estero possono comandare (in acque italiane) unità iscritte in Italia o natanti con patente nautica del Paese di appartenenza e che per i cittadini italiani non residenti all’estero l’obbligo della patente nautica è regolato dalla legge italiana, anche se comandano unità di bandiera straniera.
Quanto all’articolo 42, in materia di scuole nautiche, il comma 3 attribuisce anche agli istituti tecnici nautici lo facoltà di richiedere l’autorizzazione ad esercitare le funzioni di scuola nautica, in considerazione della loro vasta esperienza in materia di educazione marinaresca, istruzione e formazione.
Il comma 4, in considerazione di dubbi interpretativi sorti al riguardo in passato, qualifica come obbligatorio il parere da richiedersi a cura della Provincia -in fase di autorizzazione all’esercizio di scuola nautica -al Capo del Compartimento marittimo o al dirigente della Direzione generale territoriale, avente giurisdizione sul luogo ove insiste lo sede principale della scuola nautica.
Il comma 6, ultima parte, individua i soggetti abilitati all’attività di insegnamento della navigazione a vela nelle scuole nautiche (cioè, gli esperti velisti riconosciuti idonei dalla F.I.V. o dalla Lega Navale Italiana, che sono gli stessi enti che designano, in virtù dell’art. 29, gli esperti velisti in sede d’esame di patente nautica), così completando lo disposizione già vigente del D.P.R. n. 431/1997 che individuava i soggetti abilitati all’insegnamento soltanto per lo navigazione a motore.
Il comma 7 -considerata lo tendenza di talune scuole nautiche a concentrare gli esami presso alcuni uffici, con ripercussioni negative sia per gli uffici stessi, sia per i candidati presso quegli uffici, costretti a lunghe attese -impone alle scuole nautiche di presentare le domande d’esame per i propri candidati soltanto presso l’ufficio nella cui giurisdizione hanno sede principale.
Medesima ratio ha un’altra disposizione innovativa contenuta nell’allegato II, lett. A, comma 2, con lo quale si impone ai candidati (privatisti) agli esami di patente nautica di presentare domanda d’esame presso l’ufficio avente giurisdizione sulla provincia di residenza. E, però, prevista una deroga per chi abbia domicilio, per motivi di lavoro o di studio, nell’ambito di provincia diversa da quella di residenza, nonché per gli stranieri e i cittadini italiani residenti all’estero.
III) Sicurezza della navigazione da diporto
Nel Titolo III è contenuta lo materia della sicurezza della navigazione. Il Titolo si compone di tre Capi dedicati, rispettivamente, alle unità da diporto, alle unità da diporto impiegate in attività di noleggio e a quelle utilizzate come unità appoggio per le immersioni subacquee a scopo sportivo o ricreativo. Il Capo I è suddiviso in due Sezioni concernenti, rispettivamente, le unità da diporto fino a 24 metri di lunghezza (natanti e imbarcazioni) e le navi da diporto.
La Sezione I riproduce, con poche innovazioni che saranno di seguito analizzate, il regolamento di sicurezza per le imbarcazioni e i natanti da diporto approvato con decreto ministeriale 5/10/99, n. 478 e lo Sezione Il riproduce il regolamento di sicurezza per le navi da diporto approvato con decreto ministeriale 21/1/94, n. 232.
L’articolo 49 rientra tra gli interventi innovativi e trae origine dall’esigenza di garantire, nell’ambito della salvaguardia dell’interesse primario della sicurezza della navigazione, l’identificazione a fini di ricerca e soccorso in mare delle unità da diporto non immatricolate (natanti da diporto). La norma dà facoltà (non si tratta di obbligo) ai proprietari di detti mezzi nautici di richiedere al Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto l’attribuzione di un numero identificativo preceduto dalla sigla ITA, che, come specificato al comma 3, non determina alcuna certificazione della proprietà, consentendo, invece, l’inserimento delle caratteristiche principali del natante e delle generalità del dichiarante in un’apposita banca dati gestita dal Comando generale e da istituirsi con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Nell’ottica della semplificazione per l’utenza va riguardato, invece, il successivo articolo 50, comma 5, che disciplina il certificato di sicurezza delle imbarcazioni da diporto. Detto certificato, alla scadenza del termine di validità, previa effettuazione da parte di un organismo tecnico della visita periodica (e conseguente rilascio dell’attestazione di idoneità dell’unità), si rinnova di diritto con durata quinquennale.
Tale disposizione introduce un’evidente semplificazione per il diportista pur garantendo lo sicurezza. Infatti , lo previgente norma contenuta nell’articolo 2 del D.M. n. 478/1999 prevedeva che l’autorità preposta rinnovasse il certificato sulla base dell’attestazione di idoneità, riducendo il ruolo di detta autorità a quello di mero “trascrittore” di accertamenti tecnici compiuti da altri (organismi tecnici) e imponendo, comunque, al diportista lo fase superflua del passaggio presso lo citata autorità per lo trascrizione dell’accertamento tecnico compiuto.
Con il Regolamento, è come se al rinnovo del certificato di sicurezza provvedesse direttamente l’organismo tecnico, il quale, effettuata la visita periodica, rilascia al proprietario un’attestazione di idoneità comprovante lo permanenza dei requisiti in base ai quali il certificato di sicurezza è stato rilasciato, annota sul certificato stesso l’esito della visita nonché gli estremi dell’attestazione rilasciata e trasmette 011’autorità marittima o consolare, avente giurisdizione sul luogo della visita , copia del certificato annotato e dell’attestazione di idoneità rilasciata. Tale autorità provvede a darne notizia all’ufficio di iscrizione dell’unità.
Ai fini della necessaria vigilanza sul corretto espletamento delle visite in questione, l’articolo 57 impone all’organismo tecnico di comunicare, con almeno 48 ore di anticipo, le visite periodiche da effettuare all’autorità marittima o consolare avente giurisdizione sul luogo della visita, autorità che può -quando ritenuto o a campione -intervenire, tramite proprio rappresentante, all’esecuzione della visita ovvero verificarne al termine la conformità.
Due sole innovazioni in materia di dotazioni di sicurezza. La previgente normativa prevedeva come mezzo collettivo di salvataggio per la navigazione fino a 12 miglia dalla costa l’apparecchio galleggiante, segnalato da più parti come inadeguato, non garantendo, alla pari della zattera di salvataggio, sicuro rifugio fuori dell’acqua ai naufraghi.
L’articolo 54, comma 2, dispone la sostituzione dell’apparecchio galleggiante con lo. zattera di salvataggio a decorrere dal l gennaio 2009, onde assicurare all’utenza e ai produttori il tempo necessario per l’adeguamento.
L’allegato V, che contiene la lista delle dotazioni da tenere a bordo di imbarcazioni/natanti in funzione della distanza dalla costa, e l’articolo 75, che è dedicato alle dotazioni delle navi da diporto, consentono l’uso di cartografia elettronica (conforme al decreto del Comandante Generale del Corpo delle capitanerie di porto 10/7/2002) in sostituzione delle carte nautiche tradizionali.
Ma la più rilevante novità del Regolamento è costituita dal Capo II del Titolo III, che contiene le norme di sicurezza per le unità da diporto impiegate in attività di noleggio, norme che si attendevano sin dalla legge n. 647/1996(4), lo quale ne prevedeva l’emanazione*.
Nota * La legge n. 647/96, in particolare l‘art. l0, istituì lo figura professionale dello skipper di imbarcazioni da diporto adibite al noleggio e fornì un primo quadro normativo unitario della disciplina della locazione e del noleggio di unità da diporto.
L’obiettivo è quello di creare un complesso di regole di sicurezza autonomo e distinto da quello disciplinante lo navigazione da diporto pura e semplice, sì da determinare un sistema che garantisca l’idoneità delle unità all’attività di noleggio, attività che, al di là delle differenze di ordine giuridico, costituisce in definitiva un vero e proprio trasporto a fini turistici e ricreativi -e a titolo oneroso -di persone via mare.
Dal punto di vista tecnico-giuridico, il settore del charter nautico assume connotazioni peculiari che lo rendono, per molti aspetti, diverso dalla tradizionale configurazione del diporto nautico “puro”, così come lo fanno discostare dalla navigazione commerciale destinata al trasporto di merci o di persone, venendo quindi a costituire un tertium genus, che si colloca a metà strada tra la navigazione propriamente diportistica e quella delle navi addette a veri e propri servizi commerciali, tanto da determinare l’esigenza di un regolamento di sicurezza ad hoc.
In tale ottica si pone l’articolo 78, che individua il campo di applicazione del Capo in esame, circoscrivendolo alle unità da diporto impiegate in attività di noleggio nelle acque marittime e in quelle interne, con esclusione di quelle a remi, che trasportino fino a dodici passeggeri escluso l’equipaggio.
La norma non innova, bensì ribadisce quanto contenuto nella normativa comunitaria ed internazionale ovvero nel decreto legislativo n. 45/2000, recante l’attuazione della direttiva 98/18/CE sulle norme di sicurezza per navi da passeggeri adibite a viaggi nazionali, e nella SOLAS, per le navi da passeggeri adibite a viaggi internazionali.
Da tali norme internazionali, recepite nel nostro ordinamento, deriva che qualsiasi tipo di nave, qualunque sia lo sua destinazione, qualora trasporti più di 12 passeggeri a fini commerciali e sia munita di equipaggio, è considerata nave da passeggeri ed è assoggettata alla pertinente normativa di sicurezza. Pertanto, se nell’ambito del charter si supera detto limite di 12 passeggeri, l’unità non è più sottoposta alle disposizioni del Capo in esame, bensì alle norme per le navi da passeggeri contenute nel decreto legislativo n. 45/2000, se in navigazione nazionale, o nella Convenzione per lo salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS), se in navigazione internazionale.
L’articolo 80 istituisce tre tipi di visite di sicurezza per le unità da diporto adibite a noleggio, da effettuarsi a cura degli organismi tecnici, che rilasciano al termine delle stesse (in caso di esito positivo) una dichiarazione di idoneità al noleggio: visita iniziale * (prima dell’impiego nell’attività di noleggio), visita periodica (ogni tre anni) e visita occasionale (ogni qualvolta se ne verifichi lo necessità, riscontrata dal proprietario/armatore o dall’autorità).
Nota * La visita comprende un’ispezione completa della struttura, dell’apparato motore, del materiale d’armamento, delle installazioni elettriche, dei dispositivi antincendio e dei mezzi di segnalazione nonché un’ispezione a secco della carena.
L’articolo 82 introduce un apposito certificato di sicurezza (certificato di idoneità al noleggio) per le tutte unità in parola, quindi non solo per imbarcazioni e navi, ma anche per natanti da diporto. Esso è rilasciato -a seguito della visita degli organismi tecnici e sulla base della conseguente dichiarazione di idoneità al noleggio- dall’autorità marittima e dagli uffici motorizzazione civile, ha validità triennale e sostituisce ovviamente l’ordinario certificato di sicurezza previsto per le unità da diporto non adibite al noleggio.
L’articolo 88 prescrive i mezzi di salvataggio e le dotazioni di sicurezza che le unità da diporto impiegate in attività di noleggio devono avere a bordo, elencate negli appositi allegati VIII (navi) e IX (imbarcazioni). In considerazione di quanto detto in premessa a proposito dell’obiettivo perseguito con il Capo II, lo disposizione in esame fissa a priori i mezzi di salvataggio e le dotazioni di sicurezza, così discostandosi -per quanto riguarda le imbarcazioni da diporto- dall’impostazione adottata dall’art. 54 (per le imbarcazioni da diporto “puro”), secondo lo quale i mezzi di salvataggio e le dotazioni di sicurezza obbligatorie variano in relazione alla navigazione effettivamente svolta e al numero di persone presenti a bordo.
Nello stesso tempo, però, con il comma 2 de l medesimo articolo 88 si è inteso venire incontro alle esigenze del cosiddetto charter minore, consentendo ai proprietari/armatori delle imbarcazioni e dei natanti da diporto impiegati in detta attività di avere a bordo un minor numero di mezzi di salvataggio e dotazioni di sicurezza -indicate nell’allegato X -in funzione della navigazione preventivamente dichiarata, che viene suddivisa a tal fine in tre fasce (acque interne/entro tre miglia dalla costa, entro 6 miglia dalla costa ed entro 12 miglia dalla costa).
Si tratta di una sorta di dichiarazione di autolimitazione della navigazione resa innanzi all’autorità dal proprietario/armatore ed annotata sul certificato di idoneità al noleggio -in funzione delle dotazioni da tenere a bordo. In ogni caso, il medesimo art. 88 (comma 4) prevede un documento di bordo supplementare per le unità che effettuano noleggio ovvero l’elenco dei mezzi di salvataggio e delle dotazioni di sicurezza imbarcate, che, compilato e firmato dal proprietario/armatore del mezzo, va allegato al certificato di idoneità al noleggio.
L’articolo 89 fissa il numero minimo dei componenti dell’equipaggio delle imbarcazioni e delle navi da diporto adibite al noleggio. La disposizione si pone sempre nell’ottica di disciplinare un settore che, per certi aspetti, è similare a quello del trasporto di persone e che, per tale ragione, richiede un innalzamento del livello di attenzione per i profili di sicurezza . Infatti , in assenza della norma in esame, lo determinazione quantitativa del numero minimo dei componenti dell’equipaggio, come noto, spetterebbe al comandante dell’unità, così come previsto per il diporto “puro” dall’art. 35 del Codice della nautica.
I criteri presi in considerazione dall’art. 89 sono tre:
1. numero di passeggeri trasportati (imbarcazioni con più di sei passeggeri = due persone di equipaggio)
2. lunghezza (imbarcazioni di lunghezza superiore a 18 metri = due persone di equipaggio)
3. tipologia dell’unità (navi da diporto = tre persone di equipaggio).
Il Capo III del Titolo III, infine, detta norme in materia di sicurezza per le unità da diporto impiegate come unità appoggio per le immersioni subacquee a scopo sportivo o ricreativo (diving). Trattasi anche in questo caso di una novità assoluta, in quanto fino ad oggi il settore del diving, quanto alla sicurezza, era stato regolato con semplici circolari.
In particolare, l’articolo 90 indica le dotazioni di sicurezza supplementari che le unità in parola devono avere a bordo e impone lo presenza, a bordo o in immersione, di una persona abilitata al primo soccorso subacqueo.
L’articolo 91 fissa specifiche dotazioni di sicurezza (galleggiante di segnalazione, luce lampeggiante gialla, pedagno) destinate alla segnalazione del subacqueo in immersione, stabilendo nel contempo il raggio di operatività del subacqueo stesso (entro 50 metri dal segnale) e il limite di distanza dalle predette segnalazioni (oltre i 100 metri) al quale devono mantenersi le unità in transito *.
Nota * Per comprendere la rilevanza di detta norma, si pensi che tale limite, per quanto indispensabile, non è stato mai fissato da una norma di legge in materia di pesca subacquea (materia regolamentata sin dal 1968), alla quale ovviamente ora si esten¬de per analogia.
Dall’excursus compiuto appare chiaro che il Regolamento -così come aveva già fatto in parte il Codice nel 2005- ha raccolto e coordinato numerose e frammentarie disposizioni stratificatesi nel corso degli anni nella materia della nautica da diporto, oltre a snellire le procedure, ridurre i tempi sovra abbondanti ed elidere fasi e organi superflui.
Per il futuro, l’obiettivo del settore è quello di evitare lo deleteria “polverizzazione” della normativa che si era sviluppata dopo gli anni ’70 e che non aveva di certo giovato al progresso della nautica, perché lo sviluppo di un comparto economico è in gran parte determinato dalla chiarezza, dalla semplicità, dall’efficacia delle norme che lo regolano.
Articolo pubblicato per gentile concessione dell’Autore e del Comando Generale delle Capitanerie di Porto
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