Storia di un marinaio
di Massimo Maccheroni
A Milano non c’è il mare. Non vi sono spiagge né un porto, tanto meno pescatori o maestri d’ascia. L’unica via d’acqua è quella del Naviglio, là dove non è stato interrato. È quindi difficile per un nativo della città ambrosiana scegliere il mare come luogo in cui svolgere la professione. Eppure Tito Mancini, il Comandante Tito Mancini, milanese doc – figlio di un dirigente di banca che al mare lo aveva portato solo qualche volta d’estate perché “lo iodio fa bene” – si accingeva nell’ormai lontano settembre del 1964, a varcare i cancelli della caserma “Bastianini” a La Maddalena, per iniziare il corso da Nocchiere di porto.
Prestare servizio in Capitaneria era stato un desiderio espresso sin dalla domanda di arruolamento perché il giovane Tito, affascinato sì dal mare, intendeva comunque mantenere, da buon milanese, “un piede a terra”! Di quel periodo ricorda la prima settimana – un impatto scioccante per chi abituato a vivere in famiglia – e l’assemblea mattinale, troppo presto! All’appello, regolarmente, gli ultimi ad arrivare erano sempre Mancini e il suo compagno e amico Taddei tant’è che, dopo il primo periodo costellato da molti rapporti sempre per lo stesso motivo anche l’inquadratore, non scorgendoli mai tra le prime file, si era arreso limitandosi a chiedere “Mancini e Taddei sono arrivati?”
Sin dal primo imbarco però – quello da allievo su Nave Palinuro – l’emozione di navigare e di conoscere un mondo senza montagne convincono il giovane Tito che la scelta fatta è quella giusta. ”Il Palinuro non era certo una nave da crociera” ricorda con una certa nostalgia il Comandante. “L’addestramento era duro e un duro era il Capo Nocchiere Cibien che ci faceva arrampicare sui pennoni e lavare il ponte di ferro della Nave a piedi nudi. Un duro con il cuore buono però, pronto a schierarsi in nostra difesa con il Comandante”.
E finalmente la prima destinazione: Compamare Savona. Prima di varcare il portone d’ingresso della vecchia sede della Capitaneria il Sc. Np Tito Mancini si sofferma a guardare i mezzi nautici in dotazione al Comando: una lancia a 10 remi e una nuova motovedetta, tra le prime in dotazione al Corpo, la CP 219 classe Caterina – scafo in legno di 12 metri, mono elica, dotata di bussola, scandaglio VHF e stucco a ferro per riparare i fori che si aprivano nella camera di raffreddamento del motore! – su cui, dopo un mese sarà imbarcato, prima come addetto poi, nel 1969, in qualità di Comandante: il suo primo comando.
“La vita in Capitaneria era piacevole” racconta Mancini ”Eravamo come una grande famiglia, tutti amici. Qualche incomprensione solo con i ragazzi di leva grazie ai quali però ho appreso molto nell’arte di navigare. Di quel periodo mi ricordo in particolare l’ottimo rapporto con il Comandante il CV Tiberio Tiberi che non disdegnava di darmi, dato che ero il suo autista e neo patentato, anche qualche utile consiglio di guida”.
Nel 1970 ritroviamo il Sgt. Np. Mancini a Genova, imbarcato sulla MV CP 233 classe “Super Speranza”, un mezzo moderno e sotto certi aspetti ancor oggi attuale. È su questa unità che si compie una delle pagine più importanti della storia delle Capitanerie: il salvataggio all’equipaggio della nave inglese “London Valour”.
“La giornata era bella” rammenta il Comandante Mancini” solo una leggera brezza. Con parte dell’equipaggio eravamo andati a pranzo nei pressi della Capitaneria.
Dato che il nostro Comandante, il T.V. (CP) Giuseppe Telmon era di servizio alla sicurezza, dopo pranzo decidemmo di andare a trovarlo. Mentre stavamo chiacchierando sentivo il rumore del vento via via aumentare tanto da costringermi ad alzare la voce per farmi capire. Poi il May Day lanciato dalla “London Valour”.
“Non avevo mai ascoltato una chiamata di soccorso. Il Comandante Telmon sì. Schizzato in piedi mise subito le coordinate ricevute sulla carta rimanendo perplesso per un istante: il punto dava la nave quasi in porto. “Ragazzi andiamo a vedere” e noi siamo già a bordo, pronti a mollare.
Dalle acque del porto, relativamente calme, non si poteva supporre della tragedia che l’equipaggio – 58 persone – della nave inglese stava vivendo. In prossimità della diga foranea del molo di Levante il mare stava già ribollendo. Onde alte 7/8 metri si abbattevano sulla coperta della London Valour, sempre più pericolosamente vicina ai blocchi di cemento dell’ostruzione portuale.
Qualcuno, dalla nave, si era già gettato in mare. Ci guardammo. Avevamo paura ma quando Telmon ci chiese se ce la sentivamo qualcuno, per allentare la tensione, disse ”e se no che ci siamo venuti a fare? Lei pensi a tenere la barca, ai naufraghi pensiamo noi” Già alcuni erano stati recuperati. Io a prora, con in mano un salvagente pronto a gettarlo, vengo preso in pieno da un’onda che mi sbatte sotto le draglie di poppa: il giubbotto e la prontezza di riflessi di un compagno, sono stati provvidenziali; mi son ritrovato con le gambe penzolanti oltre lo scafo ma ancora a bordo. Nel frattempo la furia del mare aveva gettato la nave contro gli scogli.
Dallo squarcio sulla murata fuoriusciva nafta, molta nafta che, se da una parte rendeva il recupero problematico, dall’altra evitava gli spruzzi delle onde, migliorando di fatto la nostra visibilità. Continuammo nella nostra azione per diverse ore. Alla fine 39 membri dell’equipaggio erano stati salvati. Per gli altri non c’era più niente da fare”.
A seguito di questo eroico comportamento al Comandante Telmon fu concessa la medaglia d’oro al Valor di Marina, a Tito Mancini e agli altri componenti presenti dell’equipaggio quella d’Argento.
Ma questo non è l’unico capitolo importante di una lunga carriera.
Siamo nel 1973 quando esce su un foglio d’ordini della Marina Militare un bando di concorso per partecipare, a bordo del San Giuseppe Due – barca di legno a vela di 14 metri attrezzata per crociere antartiche – a una spedizione scientifica. Il comandante dell’Unità, Ajmone Cat, è un civile e la Marina Militare ha aderito, insieme alla Università di Napoli, al suo progetto di ricerca finalizzato a proiezioni geofisiche e campionamenti geologici dell’Antartico.
Il 2° Capo Tito Mancini è titubante, non vuol fare domanda perché pensa di non avere i requisiti, ma il comando di Anzio, dove nel frattempo è stato trasferito, lo spinge a tentare. Morale: a dieci giorni dalle agognate ferie estive, quando ormai non ci pensava quasi più, arriva al nostro il messaggio di imbarco per nave “Frigido” (quasi uno scherzo!) e il successivo trasferimento sul “San Giuseppe Due”. “Oltre che dal Comandante Ajmone Cat e dal sottoscritto” racconta il Comandante,
l’equipaggio era composto da un motorista, da un nocchiere da un radiotelegrafista della Marina Militare che, quel primo di luglio del 1973, si stavano accingendo a mollare gli ormeggi dalla banchina di Torre del Greco. Mentre le vele della barca ci spingevano verso il mare aperto pensavo a mia figlia e mia moglie, ancora sulla banchina, che avrei rivisto un anno dopo. Ma c’era molto da fare su una barca di legno anche se di soli 14 metri. Dopo aver passato le colonne d’Ercole puntammo la prua in direzione del Brasile. L’attraversamento dell’Atlantico, costellato da alcune soste necessarie per i rifornimenti, procedeva senza grandi problemi.
Il San Giuseppe Due spinto dalle vele e dai motori, “filava” a ben sei nodi di media! Il suo robusto scafo, rinforzato da una lastra d’acciaio idonea a frantumare il ghiaccio, ci dava sicurezza A bordo la sistemazione era accogliente e i giorni passavano senza grandi problemi. Ricordo la festa organizzata dagli altri compagni, che avevano già vissuto quel momento, quando passammo l’equatore. Alla fine di agosto eravamo a Recife, in Brasile.
Da lì scendemmo lungo la costa americana fermandoci nei principali porti, Buenos Aires, Montevideo ecc., per rifornirci e sgranchire un po’ le gambe! Giunti alla Terra del fuoco, estremo lembo dell’America meridionale, la spedizione entrò nel vivo: Capo Horn, visto con timore da tutti i naviganti, era là che ci divideva dalla nostra meta, l’Antartide. Il freddo si faceva sempre più pungente. Conoscere le reazioni dell’organismo in un ambiente particolarmente ostile rientrava negli scopi della spedizione.
Tutto veniva avvolto dal ghiaccio, e dato che si governava dall’esterno, in controplancia e le temperature esterne oscillavano tra i meno dieci e i meno venticinque gradi e i turni di guardia erano molto brevi, venti-trenta minuti al massimo.
L’attenzione poi doveva essere massima visto la presenza iceberg, abbastanza piccoli ma sufficienti, se urtati, a creare gravi problemi. Nonostante le difficoltà era tutto affascinante.
Ricordo come un sogno i colori del cielo dove il sole, di fatto, non tramontava mai. E poi le tante avventure come a Deception, una delle prime isole antartiche visitate. L’isola era stata scelta come base dagli argentini e dagli statunitensi e, siccome in terra antartica al di fuori di questo tipo di insediamenti umani non era possibile effettuare rifornimenti, la spedizione era stata organizzata per effettuare ricerche e proiezioni geologiche in prossimità di queste. A Deception raggiungemmo una baia dalla forma circolare, formata da ciò che rimaneva di un vulcano. Dato che la riva era scoscesa ormeggiammo la prua del “San Giuseppe Due” a due cime fissate a terra. Durante la notte ci fu un violento terremoto.
Ce ne accorgemmo subito perché la barca ebbe un violentissimo sussulto: la forza del sisma l’aveva gettata per metà sulla riva, all’altezza dei cavi di ormeggio! Approfittammo per fare un mezzo carenaggio. Il viaggio di ritorno fu particolarmente duro sia per le condizioni atmosferiche che stavano mutando – non avevamo ancora affrontato grandi marosi – sia per la scarsità di cibo che ci obbligava a lunghe pescate, devo dire abbastanza fortunate. Proprio a causa del vento e del mare impegnativo, ormai in prossimità delle coste della Mauritania, me la son vista brutta.
Il vento rinforzava, si doveva ammainare la randa. Avevo appena cominciato l’operazione che un raffica coglie impreparato il Comandante e il sottoscritto si ritrova ad ondeggiare pericolosamente a 2 metri da terra attaccato ad una cima: provvidenziale l’intervento di Giovanni, il nostromo che, con un tuffo abbracciò sia me che l’albero di trinchetto, riuscendo a fermare il mio pericoloso pendolarismo, con grande smacco dei pescecani che da alcuni giorni ci seguivano e speravano in una diversa conclusione!”
Il 27 giugno del 1974 il “San Giuseppe Due” ormeggia, dopo un’ avventura durata quasi un anno, alla banchina del porto di Anzio. Ma la storia del marinaio Tito Mancini è ancora ricca di avvenimenti.
Nel 1982 comandante della Motovedetta 234, salva due diportisti nel mare agitato di fronte alle coste di Ostia.
“Il 25 aprile 1982 avuta segnalazione che 2 persone si trovavano in imminente pericolo di annegare a largo delle acque di Ostia, percependo con prontezza la gravità della situazione, eseguivano con rapidità, in presenza di condizioni meteorologiche decisamente avverse, tutte le azioni necessarie per trarle in salvo.
Nell’occasione dimostravano rilevanti doti di altruismo e spiccata perizia marinaresca.
Così recita la motivazione di conferimento dell’encomio solenne che a seguito gli viene concesso. Nel 1986 Capo Tito Mancini diviene il Sig. Tito Mancini, Sottotenente di Vascello delle Capitanerie di porto, la dicitura aggiuntiva Guardia Costiera è ancora da venire anche se come operatività il nostro non è secondo a nessuno.
Sono gli anni della prima crisi albanese con il successivo esodo di migliaia di persone verso le coste italiane in cerca di un futuro diverso.
Sono gli anni dei primi impegni del Corpo fuori dai confini nazionali. Viene siglato un accordo con il Governo albanese per costituire basi operative da cui mezzi della Marina Militare, delle Capitanerie di porto e della Guardia di finanza possano intervenire per limitare l’esodo e le attività di contrabbando in quegli anni in notevole crescita.
Il Tenente di Vascello Tito Mancini è tra i primi a recarsi in missione presso la base di Durazzo, come comandante della MV CP 234, la “sua” motovedetta . Per un uomo con i suoi trascorsi è difficile stupirsi ma rimane sconcertato dalla realtà del Paese.
Per quel poco che potevamo girare, sempre scortati, tra le povere vie di Durazzo, l’impressione di abbandono e di fatalismo ci circondava ovunque.
In particolare mi colpirono le donne, avvolte in abiti scuri, velate, costrette a lavori anche pesanti mentre gli uomini, quasi incuranti, le guardavano, seduti davanti alle porte di case fatiscenti. Mancava tutto, tanto che anche un pezzo di sapone era giudicato un grande regalo. Noi eravamo fortunati.
La base era ben fornita e di questo se ne erano accorti anche i topi, tanti topi. Per non avere problemi dormivamo a bordo, dopo esserci accertati di aver ben posizionato sui cavi d’ormeggio le ostruzioni anti ratto”.
Anche questa è storia. E adesso, la lunga navigazione del Comandante Tito Mancini sulla nave delle Capitanerie è giunta al termine. 44 anni. Per il marinaio milanese la certezza di aver fatto scelta la giusta, per noi che continuiamo la navigazione, l’essere orgogliosi di averlo conosciuto.
Articolo apparso sul “Notiziario della GUARDIA COSTIERA” n°6/2008.
Per gentile concessione dell’Autore e del Comando Generale della Guardia Costiera.
Sintesi della Carriera del C.F. Tito Mancini nel Corpo della Guardia Costiera:
Nell’ambito del Corpo, il C.F. Tito Mancini, ha compiuto due ordini di carriera, prima quella da Sottufficiale, poi dopo un concorso, quella da Ufficiale, raggiungendo il grado apicale previsto per il ruolo: Capitano di Fregata.
Durante tutto questo lungo periodo di servizio, i suoi incarichi preminenti, sono sempre stati connessi ai mezzi navali del Corpo, dapprima in qualità di membro dell’equipaggio poi, in qualità di Comandante delle varie unità sulle quali di volta in volta veniva imbarcato.
Tra le unità sulle quali è stato destinato, molte sono state quelle del tipo “Super Speranza”, costruite con carene disegnate da Renato Levi.
Durante tutti questi anni di servizio, è stato impiegato in quasi tutti i molteplici compiti d’istituto del Corpo, che sinteticamente si possono raggruppare in:
- funzioni tecniche (marinaresche e portuali)
- militari, giurisdizionali (sinistri marittimi)
- amministrative (navi e naviglio, gente di mare, patenti nautiche, ex demanio marittimo, ecc.)
- di polizia marittima (prevenzione e repressione dei reati marittimi, controllo antimmigrazione, aree marine protette, antinquinamento, ecc.).
Destinazioni degne di nota:
- Imbarcato su M/V CP 219 di Savona, primo comando navale (1968/1969).
- Imbarcato su M/V CP 233 di Genova al comando dell’allora T.V. (CP) Giuseppe Telmon, ove il 9 aprile 1970, partecipavo al salvataggio di alcuni membri dell’equipaggio della M/n London Valour.
- Imbarcato sul M/veliero San Giuseppe Due, al comando di Giovanni Ajmone Cat, per partecipare dal giugno 1973 al giugno 1974, alla spedizione antartica italiana, sotto l’egida della Marina Militare.
- Marimercant – Direz. Generale della Pesca Marittima – Ufficio Contributi a fondo perduto (1975/1978).
- Maristat 2° Reparto (SIOS) – Ufficio D/E (1978/1980);
- Imbarcato su M/V CP 234 di Anzio (1980/1984), al comando, salvataggio di 2 persone su una imbarcazione disalberata dalle pessime condizioni meteo, acque di Ostia 1982 (Encomio solenne).
- Maristat – Reparto Opere Basi e Servizi (O.B.S.) – 1° Ufficio (Basi e Supporti Operativi), (1987/1995).
- Operazione Albania – alle dipendenze del 28^ Gruppo Navale in Albania:
- Imbarcato su M/V CP 234, al comando (Durazzo 1992);
- Imbarcato su M/V CP 317, al comando (Durazzo 1997);
- Imbarcato su M/V CP 243, al comando (Durazzo 1998);
- Comandante della 5^ squadriglia e Capo nucleo operazioni (Valona 2004).
Decorazioni:
- “Medaglia d’argento al Valor di Marina” per il salvataggio naufraghi M/n London Valour.
- “Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica italiana”.
- “Medaglia Mauriziana” al merito per 10 lustri di carriera militare.
- “Medaglia di lunga navigazione” per 12 anni di navigazione.
- “Croce per anzianità di servizio” per oltre 40 anni.
- “Croce commemorativa per la missione militare di pace relativa alla crisi della ex Jugoslavia”.
- “Croce commemorativa di soccorso internazionale” operazione Pellicano (Albania).
- “Medaglia commemorativa per le campagne di ricerca scientifica e tecnologica in Antartide”.
- “Medaglia NATO per la ex Jugoslavia.
- “Nastrino di merito per la permanenza superiore a 10 anni presso lo Stato Maggiore della Marina”.
Distintivi:
- “Distintivo antartico dell’Armanda Argentina” – (F.O.M. n°26/75 del 26.04.1975).
- “Distintivo ricordo missione ALBA” – (Albania – F.O.M. n°47/97 del 24.09.1997).
- “Distintivo tradizionale per il personale imbarcato sulle Unità navali delle Capitanerie di porto” (Brevetto n°115 del 30.03.1995 di Maripers).
Dal 19 novembre 2008 è stato posto in congedo per raggiunti limiti di età.
Questa è una piccola parte del curriculum vitae del C.te Tito Mancini, ma se avessimo voluto elencare tutti i suoi incarichi e la sua carriera ci sarebbero volute almeno quattro pagine.
Carissimi Raffaele e Pancrazio “Ezio”,
sono rientrato da Genova da qualche giorno ed onestamente, a prescindere dall’emozione di leggere i vostri nomi legati indissolubilmente a ricordi che mi riportano indietro nel tempo, mi sento imbarazzato per ciò che avete scritto nei miei confronti.
Mi sento onorato di sapere che dopo tanto tempo vi ricordiate di un “piccoletto” come me. Il fatto di essere tacciato come esempio poi… non avete esagerato un pochino?
Tutti noi abbiamo sempre cercato di svolgere al meglio delle nostre possibilità le incombenze che ci venivano richieste e la fortuna di aver avuto ottimi “maestri” non ha fatto che accrescere ed approfondire la nostra preparazione culturale e professionale.
Non nego che a volte esistevano delle divergenze. Infatti, ho sempre asserito di essere stato arruolato alla genovese… col diritto di mugugno… ma tutto ciò non ha mai influito sui risultati ottenuti.
Sarete in sintonia con me se dico che ognuno di noi non è un “uomo” del suo tempo, nel senso che con il mutare delle situazioni abbiamo saputo aggiornarci ed adattarci all’evolversi delle nuove condizioni di vita e lavorative. Forse quando iniziammo, i nostri erano tempi un pochino arcaici ed eroici ma, credo fossimo tutti un pochino innamorati del nostro lavoro e ciò era una valida molla che ci spingeva sempre in avanti.
Basta con i ricordi, abbandoniamo la carta carbone e le vecchie macchine da scrivere…
Non credo che oggi non ci siano persone valide è la situazione globale che è mutata,.
Basta entrare in internet e leggere i commenti postati sui vari blog. Ce ne sono di tutti i tipi. Ppossiamo scegliere tra quelli che più ci aggradano e maggiormente si legano con il nostro modo di pensare.
Immagino quindi che come leggo io lo fanno anche coloro che hanno la facoltà di poter modificare lo status quo… Invece, stranamente non succede nulla e nessuno raccoglie le critiche ed i suggerimenti…
Forse il pensiero di questi potenti potrebbe essere: …tanto criticano e contestano tutti…
Questa è la globalizzazione?
A mio avviso stiamo attraversando un periodo di transizione accomunato da un forte sconforto perché molti dei valori a cui eravamo attaccati sembrano non esistere più. Oppure, qualcuno vuole cambiarli o cancellarli.
Sono un ottimista per natura, quindi persisto a credere nei miei valori morali e non mi venite a dire che essendo un pensionato con ritenuta alla fonte, non posso fare l’evasore fiscale…
Meglio che mi fermi qui, ringraziandovi ancora di tutto ciò che avete scritto nei vostri commenti…
Con affetto,
Tito.
Gentilissimo Pancrazio “Ezio”,
ti ringrazio tanto per tutto quanto dici di AMB e ne siamo onorati. Ho sentito telefonicamente Tito che in questo momento sarà arrivato in quel di Genova per il “mitico” Salone… e mi ha pregato di salutare tutti i colleghi che gli hanno scritto, comunicando che vi risponderà al ritorno da Genova.
Ho molto apprezzato… “i fatti vengono prima delle parole” (agere non loqui) e “non chi comincia ma chi persevera” (Leonardo Da Vinci – Vespucci)…
Un caro saluto,
Giacomo Vitale
Ciao Tito e ciao agli amici di questo bellissimo ed accuratissimo blog.
Di tempo ne è passato da quando ci siamo conosciuti. Le nostre carriere come ben sai si incrociano, si dilatano, si riprendono specie poi se si cambia di “status” ma una cosa rimane ferma e stabile in noi: il concetto di Patria e Onore unitamente all’amore per la Forza Armata e il mare in generale.
In uno slogan “una volta marinai, marinai per sempre”.
Sappi che quando andavo in giro per promozionare la Marina a chi mi domandava se per entrare in nella F.A. si doveva essere necessariamente nativi di un posto di mare, io rispondevo:
– “i migliori marinai (reali e virtuali) sono quelli che hanno il mare dentro. Attualmente (mi riferisco a pochi anni fa) i migliori sono di Milano”.
Ed oltre a citare Ricci, De Donno, Pellizzari citavo anche te (tra lo stupore degli amici C.P. che nei loro stand erano indaffarati a promozionare Gps e orpelli di ogni tipo).
Perché ti / vi racconto questo solo adesso?
Semplicemente perché nella mia vita (soprattutto in quella che ho prestato al servizio della Marina) ho sempre creduto che “i fatti vengono prima delle parole” (agere non loqui) e “non chi comincia ma chi persevera (Leonardo Da Vinci – Vespucci).
Permettimi di aggiungere una personalissima riflessione allo slogan di cui sopra che coniai quando stavo all’ufficio immagine e promozione: “Marinai di una volta, Marinai per sempre”.
Intelligenti pauca (a buon intenditor).
Ti abbraccio Capo Mancini
Pancrazio “Ezio”
Carissimo Raffaele,
non sai quanto apprezzo e ti ringrazio per l’opera di divulgazione del nostro Blog AMB, che in fondo è di tutti gli uomini di mare, insieme agli uomini delle C.P. Guardia Costiera e dei Vostri collegi della Guardia di Finanza di cielo e mare… e dei colleghi della Marina Militare.
AMB è sempre aperta a tutti gli appassionati di mare e mettiamo a disposizione uno spazio senza limiti animati da grande passione per la tecnica, lo storia di progettisti navali, Cantieri, modelli speciali, uomini ed eventi vissuti dagli uomini dei corpi sopra citati con un unico obiettivo: quello di non dimenticarsi persone e cose che hanno scritto luna parte della storia del nostro Paese, in modo che i giovani di domani, possano entrare in possesso di notizie sicure. Penso avrai notato certamente che AMB non ha pubblicità e si muove solo con le proprie forze…
Giacomo Vitale
Carissimo Raffaele,
ti do del tu come è tradizione tra gli uomini di mare. Non sai quanto apprezzo i tuoi concetti che condivido assolutamente. Dovrei dire molte cose, ma mi astengo.
Hai messo il dito sulla piaga e quando leggo i nomi dei Giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino la rabbia, l’indignazione e la presa di coscienza di trovarci in uno Stato intossicato da tante cose che non vanno è grande. La corruzione domina indisturbata su tutto ed in molti hanno tradito scendendo a patti con tutti quelli che sono fuori da ogni regola… Vivo in Campania dove se ne vedono di tutti i colori e dobbiamo assistere inermi a tante cose che non vanno. La situazione è gravissima a tutti i livelli. Sono convinto che con la giusta organizzazione ed applicando il codice militare di guerra , si potrebbe fare una valida “pulizia”. Il guaio è che mancano volontà e uomini chiave per fare questo.
I tempi di Nazario Sauro sono degli esempi lontani anni luce dalla triste realtà che viviamo, subendo violenze ed angherie di ogni genere… Ma tutto questo non si dice… oppure se qualche cosa trapela viene detta come una cosa secondaria, mentre ci affogano di notizie e pettegolezzi di questo o quel politico per distrarre l’attenzione dai gravi problemi che affliggono l’Italia e gli “italiani onesti”.. Chi sa perché….
Concludo con una metafora e credo che Nazario Sauro starà rivoltandosi nella sua tomba nel vedere che il suo sacrifico è stato vano.
Chiedo scusa ai lettori ed a te per questa mia dura reazione, ma ho cercato di sfogare un po’ della mia rabbia che porto dentro per tanti motivi che si possono capire per quanto descritto..
Mi consola il fatto che esistono ancora persone come Tito Mancini e te!
Un caro saluto,
Giacomo Vitale
Caro Giacomo,
mi sono permesso di far conoscere questo bellissimo sito web ad alcuni nostri gruppi di facebook e altri blog. Il mondo deve sapere di cosa è anche capace il personale delle Capitanerie di Porto, io ho avuto esperienze a Civitavecchia e Trieste, nonchè all’allora Ispettorato Generale delle Capitanerie di Porto.
Raffaele Bonfili
Grazie Giacomo per le belle e gentili parole,a proposito di eroi, posto un mio pensiero, nonchè quelle di un grande marinaio.
IL SILENZIO DEGLI EROI
Le nostre istituzioni preposte a tenere alto e vivo il ricordo dei nostri Eroi, si guardano bene nel rendere pubblici gli onori, anche con un semplice alza bandiera nelle piazze comunali, a chi ha dato la vita per la libertà della nazione e per il suo credo. Forse qualcuno viene ricordato al chiuso di qualche caserma, arsenale militare con un ristretto numero di persone, come se fosse cosa privata, come se i nostri Eroi si immolarono per pochi intimi e non per la nazione e il popolo. L’America di positivo ci insegna che gli Eroi vanno celebrati e ricordati da tutti i cittadini, loro, gli americani sanno chi sono coloro che hanno dato lustro alla nazione. l’America non dimentica neanche i suoi eroi a 4 zampe i “Dog Heroes”. Invece i regnanti la nostra Italia, paese di santi, poeti e navigatori cosa fanno, affinché il suo popolo conosca i propri Eroi del passato, nulla, tutto generalizzato, una corona per tutti i morti, 4 date nel calendario a ricordo di qualche evento, un nome a una scuola, a una Nave e il gioco è fatto, ma quanti sanno? in quanti conoscono?, per i più forse sono come numeri.
Esiste, però un eccezione nel nostro paese, chiunque di noi dal nord al sud, giovani e vecchi, conoscono e ricordano il sacrificio e il prezzo pagato con la vita per combattere la mafia, loro gli Eroi nazionali Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, non per merito dello stato ma grazie a quell’Italia Onesta che ogni anno raccontano i loro Eroi.
Non censuriamo i nostri Eroi, ma bensì esaltiamoli!!!!
Non pretendo l’obbligo dello studio nelle scuole, ma desidero che i nostri Eroi che sono i nostri valori, siano ricordati nelle piazze come si fa con i martiri della mafia.
In questo paese di liberi pensatori e scrittori, a nessuno viene in mente di pubblicare un calendario con le gesta e i nomi degli Eroi nazionali, per non dimenticare.
Qualcuno disse:
…..” il ricordare vuol dire trarre dalle più luminose figure del passato il segno sicuro della nobiltà della stirpe, perché illumini avanti a noi la via”……
……..Perdonateci, dimenticati eroi, della nostra ignoranza, della nostra incosciente ingratitudine. I figli d’Italia non potevano avere madre più crudele, e più smemorata….
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Lettera testamento di Nazario Sauro ai figli
(Capodistria 20.9.1880 – Pola 10.8.1916)
Caro Nino,
Tu forse comprendi od altrimenti comprenderai fra qualche anno quale era il mio dovere d’italiano.
Diedi a te, a Libero ad Anita a Italo ad Albania nomi di libertà, ma non solo sulla carta; questi nomi avevano bisogno del suggello ed il mio giuramento l’ho mantenuto. Io muoio col solo dispiacere di privare i miei carissimi e buonissimi figli del loro amato padre, ma vi viene in aiuto la Patria che è il plurale di padre, e su questa Patria, giura, o Nino, e farai giurare ai tuoi fratelli, quando avranno l’età per ben comprendere, che sarete sempre, ovunque e prima di tutto italiani,
I miei baci e la mia benedizione.
Papà
Dà un bacio a mia mamma che è quella che più di tutti soffrirà per me, amate vostra madre! e porta il mio saluto a mio padre.
…il 10.8.1916, col grido forte e ripetuto più volte dinanzi al carnefice di Viva l’Italia esalò l’anima nobilissima, dando impareggiabile esempio del più puro amore di Patria…..
‘Su questa Patria giura
e farai giurare ai tuoi
fratelli, che sarete sempre,
ovunque e prima di tutto, Italiani’
(Nazario Sauro)
Raffaele Bonfili
Gentilissimo Raffaele Bonfili,
La ringraziamo per averci scritto ed essendo un amico personale del “grande” Tito Mancini, confermo totalmente quanto Lei dice di questo straordinario uomo che ci fa sentire orgogliosi di essere italiani.
La gentilezza, l’educazione, lo spirito di sacrificio, la responsabilità ed il grande spirito di abnegazione che ha Tito sono ineguagliabili. Quello che mi ha colpito moltissimo della sua persona è la sua infinita umiltà. Sono questi gli uomini di cui ha bisogno quella che Lei definisce la “Nostra Patria”, mortificata da un passato recente fino ad oggi da uomini che istituzionalmente, loro malgrado, non sono all’altezza dei compiti a loro affidati e mi creda non ne faccio una questione di appartenenza politica, poiché la difficoltà appena descritta a mio giudizio è totale.
Per intenderci, mancano “uomini” come Tito Mancini!!! Tuttavia non dispero che si possa ritrovare la giusta strada con l’aiuto del Capo dello Stato che ce la sta mettendo tutta per superare le difficoltà descritte.
Grazie Tito per essere tra noi che ti vogliamo bene e ti rispettiamo perché la tua lunga e difficile esperienza di vita ti ha trasformato in un “saggio”!
Giacomo Vitale
Grazie a internet,
incredibile invenzione senza distinzione di ceto e censo, oltre a far reincontrare persone, offre a chiunque lo desidera la possibilità di dire e far conoscere al mondo che l’Italia ha anche uomini come il “Marinaio” Mancini, non indico gradi poiché non sono loro che rendono grandi le gesta dei nostri uomini di valore, ma i loro sacrifici, la loro abnegazione, il loro alto senso di responsabilità continuando a dare lustro alla Patria Italia, superando nelle gesta e nei valori chi ci rappresenta istituzionalmente…
Le azioni di uomini valorosi dal passato, presente e futuro offrono a noi tutti uno scorcio di vita di valore inestimabile. Ho avuto l’occasione e l’onore di conoscere personalmente l’eccellente collega Mancini negli anni in cui era in servizio a Marimercant. Io giovane Sergente in Segreteria Generale di Marispegecap alle dipendenze dell’allora C.te Alati e che ogni tanto comunicava qualche comandata all’Altare della Patria.
Grazie Tito per aver onorato anche noi comuni cittadini con le tue gesta e per la dedizione con cui hai svolto gli incarichi che ti venivano affidati. Sono convinto che ancora oggi, domani, come ieri, pur essendo a riposo continuerai ad essere un nobile esempio per noi tutti.
Caro Tito la tua figura è cara ed illustre per quanto hai fatto. Ancora oggi, ti ricordo una persona disponibile, simpatica, gentile, educata e soprattutto seria. Anche se non ti ricorderai di me non ha nessuna importanza. Il nostro dovere è invece ricordare esempi di vita come la tua.
Con affetto e stima un caloroso abbraccio.
Raffaele Bonfili
Carissimo Emiliano,
permettimi di darti del tu, visto che tra navigatori del web è norma usuale.
E’ un piacere trovarti su Altomareblu, soprattutto vedere anche giovani come te che non disdegnano leggere i racconti e gli articoli inerenti avventure passate e comunque si leggano, tolti gli “orpelli” retorici, sono sempre documenti storici.
Accenni alle tue attività aviatorie oltre le colonne d’Ercole mi incuriosiscono insieme agli amici di Altomareblu. Se possibile, perché non vinci la ritrosia che spesso prevale in noi “uomini in divisa” e ci racconti qualche cosa?
Come avrai senza dubbio visto, sono molti gli articoli di racconti pubblicati e dedicati al Corpo gella GdiF al quale tu appartieni ed alcuni sono veramente avvincenti.
Spesso ciò che a noi sembra normale, non lo è per coloro che ci seguono e credimi sono veramente tanti, che non hanno dimestichezza con un “universo” a cui sono totalmente estranei
Grazie per le “note”… (caratteristiche) che mi hai fatto e ci rivedremo sul pianerottolo.
Un abbraccio affettuoso,
Tito.
Ho conosciuto il Comandante da semplice vicino “della porta accanto” e posso garantire a tutti che durante il servizio prestato per il Corpo delle CC.PP. ha sempre mantenuto alto l’onore della divisa indossata, sempre pronto e con una famiglia, dietro le spalle, pronta ad attenderlo in ogni suo impegno nazionale ed estero…e non è poco. Complimenti per l’articolo.
ps: credevo di essere uno dei pochi ad aver varcato le colonne con attività prolungate in Atlantico. Io l’ho fatto con il velivolo…lui con un’imbarcazione di legno.
Saluti
Carissimo Stefano,
leggere il tuo commento su Altomareblu mi riempie di orgoglio e di gioia…..
Comandante, quando potremo avere il piacere di pubblicare il resoconto di una delle innumerevoli avventure da te vissute sul “campo”? Magari corredata anche da qualche bella immagine?
Come avrai certamente notato, questo sito è forse l’unico che ha dedicato un briciolo di storia alle gloriose unità, classe 200 e Nelson, che per decenni sono state la componente operativa, nonché l’asse portante del nostro Corpo.
Quando iniziammo a pubblicare le foto delle nostre unità, non immaginavamo assolutamente di avere un seguito così nutrito ed entusiasta da parte di colleghi o persone che in qualche maniera hanno avuto contatti con il “nostro” modo di vivere il mare.
Comprendo benissimo che la mia richiesta cozza con i tuoi innumerevoli “compiti di servizio” ma, sarebbe bello annoverare anche la tua firma tra i “collaboratori” di Altomareblu.
Anche per me vale l’immutato affetto…
Tito Mancini
Carissimo,
rileggo (dopo l’articolo su G.C.) con piacere di te sul sito delle mitiche Speranzielle e successori (…e che successori).
Con immutato affetto,
Stefano Achille
Accidenti… è veramente un piacere sentirti, mi fai tornare indietro con gli anni, troppi forse, non credi?
Comunque hai perfettamente ragione eravamo un bel gruppetto affiatato, pensa che grazie a quell’articolo su altomareblu, mi ha contattato anche Luciano Taddei.
Avventure tu dici, ho solo avuto la fortuna di partecipare a quegli avvenimenti, comunque, concedimi di aver contribuito con un minimo apporto professionale… già allora eravamo bravini con le nostre “barchette”.
Tranquillizzati, oggi siamo tutti “FUORI SERVIZIO”…nel senso che ne siamo usciti tutti e… senza rimpianti, credimi.
Ti accludo la mail di Luciano Taddei, senza dubbio gli farà piacere ricevere una tua :………………… ovviamente l’amico Giacomo, prima di pubblicare questa mia, provvederà a purgarla inviandoti direttamente l’indirizzo e-mail.
Un carissimo abbraccio, per la fortissima emozione,
Tito.
Caro Tito,
ho letto le tue avventure. Se ricordi il nostro corso è stato favoloso alla Bastianini e sulla Palinuro. Il mitico Luciano Taddei lo ricordo sempre come Scarunzi e la coppia Catalano – Ferraro… Ho comandato la 229 fino al 1983. Dopo, per cause mediche, ho lasciato il servizio.
Un caro saluto,
Giuseppe Catto