Il cavallo di Troia
di Franco Harrauer
Dall’ Eneide di Virgilio….
…la macchina fatale il muro ascende, d’armi pregna e d’armati…
Accostossi al cavallo el’chiuso ventre chetamente gli aperse,
e fuor ne trasse l’occulto agguato……e fu Tisandro e Steneto ed Ulisse.
‘Atamante e Toante e Macaone e Pirro e Menelao
con lo scaltrito fabricator di questo inganno…
Con questi versi del libro secondo dell’Eneide, il poeta Virgilio ci narra tra storia e leggenda, come l’astuzia di Ulisse permise ai Greci di penetrare nella città di Troia da anni assediata. Dal ventre del colossale cavallo di legno che i troiani incautamente avevano trasportato all’inteno della città come trofeo, di notte fuoriuscirono i guerrieri che la misero a ferro e fuoco.
Correva l’anno 1250 a. C. e tremilacentonovantadue anni dopo, nella baia di Gibilterra accade qualcosa di molto simile.
La vecchia e rugginosa nave riposava da tempo solidamente ormeggiata al molo esterno del porto di Algesiras. Tutto era tranquillo, la luna piena risplendeva sulla baia e la costa neutrale della Spagna. Illuminata da Algesiras a La Linea, contrastava con la massiccia sagoma della Rocca di Gibilterra, immesa nel buio protettore dell’oscuramento di guerra. Di quando in quando il freddo raggio di un riflettore si accendeva e spazzava rapidamente l’arco dell’orizzonte e si percepivano echi di lontane eslosioni subacquee.
Sul ponte dell’Olterra un “carabinero con la classica “lanterna“ calata sugli occhi ed un fucile tra le ginocchia, sonnecchiava su una sgangherata seggiola impagliata. La sua consegna era che la nave italiana internata dall’inizio del conflitto non doveva muoversi dal suo ormeggio ed in tale stato essa si trovava ormai in disarmo
ed abbandono dal giugno 1940 quando era stata affondata dal suo stesso equipaggio nei bassi fondali della baia per sottrarsi alla cattura da parte inglese.
L’Olterra, una vecchia pirocisterna di 4495 tonnellate di proprietà dell’armatore genovese Zanchi, era stata successivamente recuperata e rmorchiata ad Algesiras per essere probabilmente venduta ad un armatore spagnolo dopo una estesa riparazione. Dopo il suo recupero vi era stato un via vai di tecnici ed operai, un avvicendamento dell’equipaggio in parte rientrato in Italia ed un imbarco di materiali per la riattivazione dei motori e delle caldaie, materiali che arrivavano dall’Italia in grandi casse.
Il carabinero ed i suoi compagni erano ormai abituati a quella tranquilla routine,mentre l’equipaggio italiano e gli operai rientravano a notte fonda in piccoli gruppi, vociando e schiamazzando come tutti i marinai del mondo, dopo aver trascorso la serata nelle bettole del porto.
Dopo una rapida “buena noce” ed uno scambio di battute, i marinai si infilavano nei loro alloggi e si rivedevano solo l’indomani. Anche quella sera del 6 Dicembre del 1942 tutto era ritornato quieto a bordo della nave, salvo il sommesso brontolio del generatore Diesel / elettrico. Solo un equipaggio ridotto era rimasto a bordo dell’Olterra e quella sera era rientrato presto per riprendere il giorno dopo lo svogliato lavoro sotto lo sguardo altrettanto svogliato della sentinella spagnola.
Verso la mezzanotte, due metri sotto la superfice del mare, un portello si aprì cautamente sulla carena a prua dell’Olterra ed un mostruoso apparecchio sottomarino lungo sette metri ne uscì silenziosamemte. Era cavalcato e guidato da due strani esseri rivestiti di tute di gomma nera con maschere provviste di oculari e tubi corrugati simili ad occhi e poboscidi di mostri marini. Il grande siluro lentamente emerse e manovrando si affiancò nella zona d’ombra della fiancata della nave, facendo solo emergere le teste del pilota e dell’operatore seduto posteriormente, mentre un secondo ed un terzo siluro uscivano dal portello sottomarino che immediatamente si richiuse.
Dall’alto della murata un’ombra si sporse e fece un silenzioso cenno di saluto ai tre equipaggi che dopo aver risposto con un’alzata di mano, si misero in navigazione immergedosi dopo aver superato il fanale di testa del molo, dirigendosi verso il loro obiettivo distante circa tre miglia, le due portaerei britanniche “Furious“ e “Indomitable”. La corazzata “Nelson” arrivata durante la mattinata era ormeggiata al sicuro entro il porto di Gibilterra, chiuso da ostruzioni retali e sorvegliato da motovedette armate che, ogni tre minuti lanciavano bombe di profondità a carica ridotta a scopo preventivo.
Era cominciata l’operazione BG 5!
Il forzamentlo della base di Gibilterra da parte di tre siluri semoventi tipo “SLC” della “Regia Marina”, condotti rispettivamente dal tenente di Vascello Licio Visentini, con il Sergente Palombaro Giovanni Magro; dal Guardiamarina Gerolamo Manisco, con il Sottocapo Palombaro Dino Varini e dal Sottotenente Armi Navali Vittorio Cella, con il Sergente Salvatore Leone.
Nella chiara notte il fantasma del gigantesco cavallo di Ulisse aleggiava sulla rugginosa nave italiana. Da questa azione, la prima che partiva dall’Olterra, mentre nelle precedenti, i semoventi “SLC” venivano portati vicino all’obbiettivo dal sommergibile “Sciré” del Comandante Valerio Borghese che, in immersione faceva posare il suo battello sul fondo alla foce del fiume Guadarranque, rientrando faticosamente alla base segreta solamente il Sottotenente Vittorio Cella..
Manisco e Varini furono avvistati dai battelli di sorveglianza e dopo una estenuante caccia subacquea furono costretti ad emergere, affondarono il loro mezzo e furono fatti prigionieri. Il secondo operatore di Cella , Salvatore Leone perì per l’esplosione di una bomba di profondità. Visentini e Magro perirono schiacciati sotto la rete di acciaio dell’imboccatura Nord del porto che, mentre si accingevano a tagliare o a sollevare, venne calata sul fondo per fare uscire le motovedette in allarme.
L’azione dunque fallì, ma fu condotta con una determinazione tale che alcuni giorni dopo la sua tragica conclusione, recuperati i corpi di Visentini e Magro, furono sepolti in mare con tutti gli onori militari ed in quell’occasione, una corona di fiori fu gettata in mare in segno di ammirazione e rispetto dall’operatore subacqueo Lionel Crabb ufficiale della Royal Navy, addetto alle contromisure subacquee di sicurezza.
La Marina Italiana decretò le medaglie d’oro al valor militare, a Visintini e Magro.
L’incredibile avventura dell’Olterra iniziò nella primavera del 1942, quando dalla X Flottiglia MAS, l’organizzazione segreta che gestiva i mezzi d’assalto di superfice e subacquei della Marina , fu presa in cosiderazione l’audace opportunità di stabilire una base segreta a poche miglia da Gibilterra per eseguire attacchi contro il naviglio in sosta in quel porto o nella sua rada.
Dopo il suo recupero, l’avvicendamento dell’equipaggio ed i lavori di riattivazione dell’Olterra non erano altro che la “copertura“ per la costituzione di quella base operativa. Per eseguire i normali lavori di pulizia della carena la nave fu fatta inclinare, riempiendo i doppi fondi di poppa in modo da far emergere interamente la prua, al riparo di un tendone per difendersi dal sole mediterraneo e dagli sguardi indiscreti degli attenti osservatori inglesi che sorvegliavano le strane mosse degli italiani dal balcone del Consolato Britannico distante poche centinaia di metri.
I tecnici della Marina Italiana praticarono nel fasciame un’apertura di due metri per un metro e mezzo che rimessa la nave in assetto orizzontale sparì sotto la linea di galleggiamento e costituì l’uscita subacquea della vasca che veniva a formarsi all’interno della stiva di prora.
Nella paratia del compartimento adiacente venne praticata un’altra apertura della lunghezza di circa sette metri situata sopra il livello d’acqua della vasca in modo da poter spostare e mettere in acqua, mediante un paranco scorrevole su una rotaia e nella vasca stessa, i siluri del peso di oltre una tonnellata e mezza, per le prove di assetto e uscita in mare per le azioni.
Questo piccolo “arsenale“ venne attrezzato per tutti quando poteva servire per il montaggio e l’attivazione dei semoventi “SLC”, apparecchiature per la manutenzione e la ricarica degli accumulatori, compressori d’aria, bombole di ossigeno per la ricarica degli autorespiratori a circuito chiuso, ricambi per i filtri a calce sodica, banco prova per i motori elettrici di propulsione e delle pompe di esaurimento, manutenzione delle carche esplosive, dei loro apparati ad orologeria, riparazione delle mute per gli operatori, insomma una officina elettromeccanica completa, il tutto gestito da non più di cinque o sei operai militarizzati dell’Arsenale della Marina di La Spezia che, con il Capitano G.N. Ing.Travaglini dividevano l’entusiasmo, i sacrifci ed i rischi con gli operatori dei mezzi a loro affidati.
Sotto la guida ed il comando del Tenente di vascello Visintini e dopo la sua morte, sotto quella del Capitano di Fregata Enesto Notari, l’atmosfera a bordo dell’Olterra era di grande cameratismo, tutti ovviamente erano senza divisa eccetto gli operatori che in azione indossavano sotto le mute una tuta con i gradi militari e le stellette.
Questo strano equipaggio vestiva con tute sporche e trasandati abbigliamenti, tipici dei marinai della “mercantile“. La mensa era comune e gli alloggi erano quelli normali degli equipaggi e degli ufficiali di coperta e di macchina. La stiva dell’officina segreta era accessibile dal ponte mediante un complicato e tortuoso percorso disseminato di porte segrete e botole dissimulate in modo che tutto il complesso risultasse invulnerabile a qualsiasi ispezione.
I giganteschi siluri lunghi sette metri arrivavano dall’Italia smontati in tre sezioni e nascosti nelle casse dei ricambi per i motori dell’Olterra, così come i respiratori, le teste esplosive contenenti 230 Kg. di tritolo, le bombole di ossigeno e tutto quanto occorreva per l’allestimento di una base operativa così complessa.
Sul ponte di comando della nave fu approntato un osservatorio per sorvegliare il movimento navale nella rada e nel porto nemico. Questo posto di vedetta ben dissimulato dal quale gli operatori osservavano e designavano i loro obiettivi, venne arricchito da un poderoso binocolo da marina, completo di cavalletto, a 64 ingrandimenti, trafugato con italica disinvoltura al vicino consolato britannico.
Uno dei piloti, fingendosi un pescatore spagnolo si avvicinava spesso in pieno giorno con una piccola barca a remi alle navi inglesi ferme in rada per osservarne le caratteristiche, rilevare lo schema degli sbarramenti e misurare l’intensità della corrente. Oltre alle normali prove di assetto e bilanciamento fatte in “vasca“, venivano fatti anche dei collaudi con uscite notturne e brevi navigazioni vicino alla base navale. Dall’Olterra, nel periodo dal luglio 1942, sino alla data dell’armistizio dell’8 settembre 1943, partirono ben cinque attacchi a Gibilterra dei quali due effettuati da nuotatori d’assalto “Gamma” e tre da siluri SLC.
In queste azioni furono affondare o rese inutilizzabili undici navi inglesi ed americane per 53.952 tonnellate di stazza lorda.
Articolo pubblicato sulla rivista ”Eserciti nella Storia“ Edizioni Delta, Parma e qui riprodotto su AltoMareBlu per gentile concessione dell’autore “Franco Harrauer”.
disegni: Franco Harrauer
Didascalia disegno:
- Gibilterra
- Rada con ancoraggi mercantili
- Faro del porto si Algesiras
- Operatore SLC
- SLC Siluro Lenta Corsa
- Portello uscita SLC
- Vasca interna
- Teste esplosive
- SLC
- Bombole ossigeno
- Muta per operatori
- SLC in approntamento
- Quadro ricarica accumolatori
- Paranco a rotaia
- Paratia tra vasca ed officina
- Compressore aria
- Elettromotore
- Riduttore di giri
- Elettropompa
- Cassa assetto AD
- Linea d’asse
- Eliche coassiali
- Timoni di quota e direzione
- Autorespiratori si scorta
- Bocco di balsa conpenso peso
- Bombole aria compressa
- Cassa rapida immersione
- Leva comando rapida
- Accomulator
- Comandi elettrici
- Volantino timoni
- Bussola e strumenti controllo
- Cassa assetto AD
- Teste esplosive
- Testa esplosiva singol
- Golfare sospe ndita
- Carica esplosiva
Carta nautica di Gibilterrra
D – Ancoraggio OLTERRA
E – Punto di rilascio dei SLC da parte del Smg “Scire” (operaziome GB4 20 sett 1941)
F – Villa “CARMELA“ (operazioni Gamma 14/7/42 e 14/9/42)
G – Rotta Smg “Scire”
H – Operazioni da OLTERRA – GB 5 6/ 12 /42
I – GB 6 8/5/43
L – GB 7 6/8/43
Gentile Antonio,
complimenti a Suo zio Tavella Francesco di Carloforte che fu imbarcato prima ad Algesiras e poi sulla pirocisterna Olterra.
Complimenti anche a lei per aver avuto uno zio così speciale!
Grazie per averci contattato ed un caro saluto.
Giacomo Vitale
Ottima spiegazione, solo che “uno dei piloti, fingendosi pescatore” non era un pilota, ma mio zio TAVELLA FRANCESCO di Carloforte di famiglia di pescatori, imbarcato su un’altra nave che si trovava ad Algesiras, dopo essere stato militarizzato fu trasferito sulla piro-cisterna OLTERRA.
Un saluto Antonio.
Assolutamente d’accordo per quanto descrivi!
Giacomo Vitale
Conosco bene i vari episodi, ma spesso la loro descrizione in dettaglio può diventare troppo lunga o noiosa per i meno appassionati.
Ho trovato molto bello e coinvolgente il modo di “raccontare” gli avvenimenti e ne ho apprezzato la sintesi.
Un discorso a parte sono poi i disegni: ritengo un bel disegno molto più easuriente di molte parole… Se poi è anche un bel disegno!
Caro Antonio,
è molto bello questo pezzo scritto da Franco Harrauer ed ambientato nell’ultima parte della Seconda Guerra Mondiale, così come gli altri pezzi a riguardo. Resto in attesa delle tue impressioni in merito.
Un caro saluto,
G.V.
Ho letto solo il titolo e sto stampando l’articolo per leggerlo.
Quanto è stato fatto a Gibilterra è mitico, ma voglio gustarmi il racconto scritto da Harrauer e soprattutto i suoi disegni.
Antonio