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La pirofregata con il cavatappi

1 Commento/in Franco Harrauer, Gaetano Cafiero/da Nini Cafiero

di Ninì Cafiero

Franco Harrauer

L’architetto Franco Harrauer alla prova in mare di una delle sue creazioni brasiliane, l’Arpoador.

Franco Harrauer è quel che si dice “un grosso personaggio”.

Nato nel 1927 a Milano, anzi nel cuore chic di Milano, in via Cerva, pochi passi da San Babila, ha quasi sempre vissuto a Roma. Da qualche anno è a Rio de Janeiro, dopo una lunga parentesi al Cairo e in precedenza ancora a Rio.

Architetto, è un grande designer di barche famose, molte “in combutta” con Renato “Sonny” Levi, l’inventore delle eliche di superficie. Dopo essersi dedicato all’architettura industriale è passato alla progettazione di imbarcazioni da diporto a vela e a motore realizzando, per primo in Europa, dei catamarani a motore di notevole dimensione.

La lunga esperienza di navigazione ha contribuito a influenzare i suoi disegni con idee nuove anche di derivazione aeronautica come nella serie di scafi in lega leggera Tiger Shark.

Suoi sono i Trawler Yachts della serie “Orca” e “Otaria” nonché varie realizzazioni in ferro per ricerche oceanografiche e numerosi progetti per importanti cantieri italiani e stranieri, in Brasile e in Egitto.

È titolare di numerosi brevetti tra cui uno sui timoni retrattili per le alte velocità e uno per un anfibio veloce.

Dunque Franco Harrauer risponde in pieno alle caratteristiche richieste a ogni serio professionista. Vanta anche un ruolo di pioniere della subacquea e rammenta: “ Nel ’45, eravamo ancora in guerra, a Genova in via S. Vincenzo c’era una piccola bottega che vendeva ami, reti e articoli da pesca; era il covo di Egidio Cressi e nella sua vetrina era esposto un aggeggio a molla che se ben ricordo si chiamava “Freccia”.

Fu il mio primo fucile sub e con un paio di corte pinne e una mascherina fatta con camera d’aria e pezzi di copertone vulcanizzati, sognavo sul libro di Hans Hass.” Che era “Unter Haien und Korallen”, “Tra squali e coralli”: il racconto della spedizione subacquea del giovane austriaco con due compagni, nel 1939, a Curaçao e in altre isole del Caribe, a scopo di caccia e di riprese fotografiche e cinematografiche. La caccia sottomarina era l’essenza di ogni attività subacquea, allora. Scriveva Hans Hass nel 1939 a chiusura del suo libro:

… Nei prossimi anni vorrei riuscire a visitare meglio gli scogli corallini dei mari tropicali, filmando i paesaggi con i loro colorati abitanti. Vorrei tentare la lotta contro i pesci feroci (sic!) con un’attrezzatura migliore e, se possibile, andare a pesca di notte con un riflettore sulla testa. Fino a che punto riuscirò in questo tentativo, io non lo so ancora.

Continua Harrauer:

Allora non ci si poteva immergere in quanto il litorale era “verboten”, ma con Dario Gonzatti (lui aveva un fucile Cressi lungo perlomeno due metri) nel ’46 cominciammo a randeggiare le scogliere di Portofino. Nel ’47 o ’48 volli sperimentare la foto sub e mi costruii, con residuati bellici (campi ARAR) un casco a campana che non so perché chiamavamo “cappuccio Belloni”.
attrezzature Harrauer

Le attrezzature descritte sopra illustrate in un disegno.

I Campi Arar erano immensi depositi all’aperto di materiale logistico della forze alleate, quantitativi incommensurabili di pezzi di ricambio e di ogni altro ben di Dio, il furto dei quali consentì a numerosi italiani di sfangarla e uscire vivi dalla seconda guerra mondiale. il “cappuccio Belloni”.

Probabilmente il nome era ispirato dal “vestito Belloni”, quella sorta di scafandro alleggerito o muta ancestrale che si chiamava come il suo inventore, ufficiale di Marina, e che proteggeva gli incursori subacquei sui “maiali” – come Durand de la Penne – o Uomini Gamma, come Ferraro; Procede Harrauer nella descrizione della sua precaria attrezzatura per l’immersione:

Manichetta da giardinaggio, pompa da pneu US Army, casco ricavato dal tessuto di un battello di salvataggio dell’US Air Force con grande vetro anteriore, la valvola di non ritorno era quella dell’impianto pneumatico di un caccia P38 Lightning e sul pettorale avevo 18 spezzoni di tondino da costruzione per un totale di 18 kilogrammi! Prima immersione: Isola Rossa dell’Argentario (abitavo già a Roma).
Con l’incoscienza che mi ha sempre contraddistinto “sottrassi” a mio padre la sua Leica (obiettivo Zeiss Elmar 1:3,5) e la misi in una specie di borsa da ghiaccio in tela gommata alla quale avevo sostituito il tappo con un vetro trattenuto da anelli elastici da camera d’aria di bicicletta. Riuscivo a mettere a fuoco e a scattare senza un mirino ma l’errore di parallasse tra obiettivo e vetro non mi permise mai di ottenere grandi risultati anche perché mio padre “incazzato” rivolle giustamente il suo gioiello.

E questo fu il contributo dato da Franco Harrauer alla fotografia subacquea, il suo ruolo di pioniere.

scafandro harrauer

L’orrenda fotografia realizzata con una Leica “scafandrata” in una borsa per il ghiaccio.

Harrauer scrive su riviste nautiche, di sport, di storia militare articoli corredati da bellissimi disegni e, a quattro mani con Vittorio di Sambuy – altro grande personaggio: nato a Roma nel 1920, poco più che ventenne partecipò alle azioni belliche nel Mediterraneo come Ufficiale dello Stato Maggiore a bordo delle unità della squadra navale.

Ingegnere, dirigente e poi capo d’azienda, ha lavorato a lungo anche in industrie nel settore della difesa; è esperto in problemi di artiglieria e missilistica, di telecomunicazioni e di automazione navale – ha pubblicato due libri notevolissimi di “fantastoria”entrambi con IRECO: “Una valigetta misteriosa e altre storie”, racconti di fantasia come i nomi dei loro protagonisti, alcuni dei quali però ispirati da personaggi realmente esistiti e “8 Settembre a Panama”, un romanzo basato su un contesto reale che rievoca i drammatici giorni successivi all’8 settembre del 1943, quando fu firmato l’armistizio che pose fine alla guerra contro gli anglo americani.

Così tutti gli altri scritti di Franco Harrauer, rigorosamente documentati sulla base di informazioni ormai liberalizzate dal segreto militare raccolte presso la Marina Militare italiana come alla biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. La serietà e la professionalità di questo autorevole scrittore di mare sono tali, insomma, che quando ci capita sotto gli occhi un suo esagerato divertimento grafico-letterario tardiamo a renderci conto che Harrauer gioca.

Diciamo la verità: uno sfoglia una rivista e gli capita di leggere un titolo: “La Regia pirofregata speronatrice Vendicatore”.

Incuriosito dall’argomento intraprende la lettura dell’articolo: “Il 20 luglio del 1866 rappresentò per anni una spina nel cuore della Marina Militare italiana. In quella data, nelle acque di Lissa, la flotta austroungarica guidata dall’ammiraglio Tegethof, sconfisse la flotta italiana comandata dall’ammiraglio Persano…” Accidenti! È una cosa seria. Forse l’autore ha messo le mani su documenti fino ad allora segreti…

Poi lo sguardo del lettore si posa sull’illustrazione dell’articolo, eccola qui e si rende conto di trovarsi al cospetto di uno dei giochini preferiti da Harrauer, quello delle “fantanavi” e delle “fantaarmi”.

vendicatore harrauer

La fregata con l’apriscatole

L’incontro tra il lettore ignaro e l’autore beffardo sarebbe stato forse più intrigante se il primo si fosse imbattuto in un testo con titolo in tedesco (fantatedesco?) per esempio UNTERSEEPANZERLANDUNGSFAHRZEUG, o come quest’altro Kleine Sturmluftschiffe Zeppelin; o addirittura questo: STURMAPTAILUNGHEUNTERSERSEPANZERBOOT U2.12; o magari questo: ZWEIKANONENUNTERWASSERPANZER.

Lo stile dei testi è asciutto, calzante, intrigante. Ti trascina: “Verso la fine della prima guerra mondiale, l’Alto Commissario germanico, visti fallire i tentativi di colpire con gli Zeppelin gli obiettivi nemici sulle coste britanniche…” “Lo Stato Maggiore della Imperial Marina Austroungarica anziché ‘covare la gloriuzza’ di Lissa, come declamava Gabriela Dannunzio…”; “la tradizione del combattente individuale è stata sempre una delle prerogative dell’uomo latino… Il lettore ne resta avvinto. C’è rischio che continui a scorrere l’articolo con l’idea di star leggendo una clamorosa notizia storicamente accertata. Ma ecco che La fregata con l’apriscatole arrivano in suo soccorso le illustrazioni, opera dello stesso autore, e ogni dubbio scompare:

Harrauer gioca e si prende gioco, leggere il testo osservando il disegno mette in risalto tutte le assurdità propalate dall’autore con tono di autorevolezza scientifica: il marinaio addetto alle pinne della “teredine meccanopneumatica”, il crucco con l’elmetto con chiodo appeso al dirigibile monoposto, il bersagliere ciclista sulla “idrobicicletta subacquea d’assalto Zampetti Mod. 1”, il palombaro-kamikaze, anch’egli in bicicletta con al fianco la terribile katana, e così via
.

gladiateur-harrauer

“Gli anni che seguirono la guerra franco-prussiana (1870) furono un proliferare di nuove idee in campo navale…”

cappello piumetto harrauer

“La tradizione del combattente individuale è stata sempre prerogativa dei popoli latini. Nel 1915 il tenente di complemento Aristide Zampetti del 32° Bersaglieri Ciclisti, ideò una bicicletta per nuotatori d’assalto…”

zeppelin harrauer

“Nel novembre dell’anno 1916,il conte Ferdinand von Zeppelin, celeberrimo inventore e costruttore degli omonimi dirigibili, sottopose all’Oberkommando della Wehrmacht un suo progetto di aeronave individuale d’assalto…”

Se i grandi vignettisti hanno rango e dignità di editorialisti nei giornali ai quali collaborano – cioè una loro vignetta equivale a un articolo di fondo che esprime la linea politica del giornale – Franco Harrauer non è da meno nel nostro mondo di appassionati di storia.

katana harrauer

“Per la difesa di tratti di costa giapponese esposta ai pericoli di uno sbarco, oltre ai campi minati marini e terrestri, furono organizzate e istruite squadre di soldati palombari: il corpo dei Kikusui Seppuru e pare che, per dar loro una certa mobilità, lo Stato Maggiore pensasse di munirli di biciclette subacquee.”

 

panzer harrauer

“Nel 1940… forte nell’esperienza nella progettazione e costruzione di sommergibili, il cantiere Krupp sottopose alla KriegsMarine il progetto di un nuovo mezzo da sbarco anfibio sommergibile…”

 

sommergibile harrauer

“Nel 1917 i servizi segreti della Imperial Regia Marina Austroungarica decisero di neutralizzare mediante rapimento lo Stato Maggiore della Regia Marina Italiana che aveva sede a Venezia. Theodorus von Almazy suggerì di usare come mezzo d’attacco e trasporto il suo piccolo sottomarino…”

 

cannoni harrauer

“… l’ambizioso progetto prevedeva l’installazione di un potente cannone navale a lunga gittata – calibro 230 mm con una portata di 800 Hm – su un affusto semovente cingolato. Il capitano di artiglieria von Gutenberg, che aveva curato a suo tempo il progetto, suggerì di rendere anfibio e sommergibile l’affusto…”

architetto-harrauer

L’articolo è apparso anche sulla rivista di HDS (Historical Diving Society) di ottobre 2010 e pubblicato qui per concessione dell’autore

 

Tags: Franco Harrauer, Ninì Cafiero
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1 commento
  1. admin
    admin dice:
    17/10/2010 in 21:04

    Articolo e immagini fantastiche!!

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