Diario di un fascista alla corte di Gerusalemme verso Israele (terza puntata)
Da Joseph Birman, ci giunge la mappa che rappresenta l’esecuzione dell’azione di Gaza del 22.10.1948.
“Ho tradotto in inglese il testo ebraico della mappa. Seguite i passi in entrambe: mappa e testi tradotti”
1 Un commando di 4 barchini muove in formazione dalla nave avvicinatrice, al punto d’attacco:
2 Punto d’attacco.
3 Zalma Abramov lancia il suo mezzo e salta in acqua: lancio da manuale.
4-5 Vardy, sbaglia l’attacco, lo ripete e colpisce la El Emir Farouk verso prora [F.C.].
6-7-8 Il mezzo di recupero, dove sono Itzik, Brookman e Jankalè Ritov, ripesca prima Yohay, poi gli altri due e si ritira sulla nave avvicinatrice.
Storica: Durante un gala party, dato prima della mia partenza per Roma, al Ben Yeuda Hotel di Haifa, nel ringraziare, aggiunsi anche… Sappiate che questo giorno, il 22mo di ottobre, è nata una nuova Marina, e rappresenta la pietra miliare per il suo sviluppo. Il 22 ottobre deve essere il Navy Day della Marina Israeliana. Una profezia? Così fu! Così è!
VERSO L’ITALIA E L’INIZIO DELLA COSTRUZIONE DELLA NUOVA MARINA
A questo punto urgeva il mio ritorno in Italia, per lo sviluppo di tutte le necessarie componenti di questo gruppo d’assalto.
Con l’approvazione da parte dello Ministro Ben Gurion, noi italiani avremmo potuto ricostruire e sviluppare, con evidenti benefici per entrambe le Nazioni, ciò che il “Diktat” imposto dai vincitori, ci proibiva in modo assoluto: la X MAS.
Dovevo provvedere anche alla sostituzione dei mezzi usati nell’operazione di Gaza; dovevo pensare ad esplorare la possibilità di fornire la Marina israeliana di mezzi subacquei.
Ma, come tornare in Italia, se ero andato in Israele in incognito, con nome di un ebreo originario dalla Romania? Ecco che fui provvisto di un passaporto israeliano: “il lasse-passer n. 00020”, con data di nascita reale, ma località di nascita “Gerusalemme”, e con il quale ho viaggiato avanti e indietro diverse volte!
Permessi dal console italiano in Gerusalemme, permessi di soggiorno in Italia rilasciati di volta in volta dalle competenti autorità.
Era veramente buffo e divertente, perché io avevo tanti amici nella polizia aeroportuale, dato che molti ex prigionieri “non collaboratori”, i duri “Non”, erano approdati alla Polizia di Stato. All’arrivo in aeroporto, quando qualcuno dei ragazzi mi vedeva faceva la corsa per abbracciarmi, per salutarmi affettuosamente: li dovevo fermare, pregare di fare finta di non conoscermi, facendo loro capire la mia posizione alquanto equivoca.
Il 27.10.48 tutte le carte pronte, presi l’aereo per Roma quindi, svolte le pratiche d’ingresso nel mio paese, mi portai a Roma, al Ministero della Marina, ove al 5° piano c’era il SIS. Feci un rapporto dettagliato della situazione presente e futura in Israele, affermando che non importava il rapporto tra numero delle popolazioni, per Israele non ci sarebbe stata mai più la possibilità di perdere. Con il 22 ottobre, era nata una Nuova Marina nel Mediterraneo ed una potenza come l’Italia aveva il dovere di inserirsi immediatamente per sostenerne lo sviluppo, in modo da creare collaborazione e dipendenza, specie nell’armamento e nelle forniture varie. Israele aveva bisogno di almeno 2 caccia torpediniere e noi avremmo potuto essere i naturali fornitori. Bisognava inoltre censire i vecchi della X MAS per ricostituirne un gruppo in Israele, a beneficio dei nostri due paesi.
Israele era d’accordo in tutto, ammesso che alla guida e responsabile della parte italiana ci fossi stato io, che mi ero guadagnato la fiducia del governo e dei gruppi operativi. Penso sarebbe interessante rileggere quel rapporto: è ancora attuale.
Ma, scendendo le scale per l’uscita, incontrai il C.V. Rosselli Lorenzini, allora Sottocapo di Stato Maggiore, poi C.S.M., che mi investì in malo modo, perché l’azione di Gaza aveva creato difficoltà nelle relazioni con gli inglesi, che scoperti in mare resti dei Barchini italiani, rendevano colpevole la Marina Militare Italiana dell’accaduto. La cosa non mi preoccupò affatto, anzi ne provai piacere, sapendo da sempre che le alte sfere della M.M. erano succube di quelle della marina inglese, di cui cercavano di copiare stile e comportamento, senza però riuscirci.
L’Italia non seppe approfittare della buona occasione: si trovò difficoltà ad accettare un pagamento a medio termine per 5 milioni di dollari, per 2 cacciatorpediniere.
Ed ecco che, come al solito ed ancora una volta, arriva la perfida Albione che regala ad Israele, al nemico Israele, due Caccia da rimodernare nei cantieri britannici per un milione di dollari.
Naturalmente, prima di prendere il treno per Milano, mi recai all’Ambasciata d’Israele ove mi aspettava una lieta sorpresa: il capo della missione economica, mi accompagnò da un gioielliere, per donarmi un brillante per mia moglie, col quale preparai l’anello di fidanzamento che non le avevo mai dato prima.
Da quel momento il mio andare avanti e indietro Italia-Israele, ha riferimento più con l’acquisizione da parte della Commissione Economica dell’Ambasciata Israeliana, di altri mezzi, che io preparavo, collaudavo e spedivo, nonché con cose nuove, a noi italiani proibite dal Trattato di Pace o meglio “Diktat degli alleati vincitori”.
A tale scopo, fu aperto uno studio tecnico in Lugano Svizzera, da cui arrivavano in Italia i progetti. Mio il compito di realizzarli e spedire i componenti quando pronti, qualificandoli generalmente come recipienti per latte o altri liquidi.
Per i collegamenti tra me ed il signor Isacar Haimovich, capo della commissione Economica dell’Ambasciata di Israele a Roma, e lo stato d’Israele, un ragazzo del “Gruppo”, Nathan Meltzer, fu trasferito a Milano, permanentemente, per tutto il periodo della realizzazione del progetto.
Poi venne in Italia per pochi giorni, anche un giovanissimo, brillante ingegnere navale, appena laureato: Haim Shahal, che volle dilettarsi ripassando il progetto in fase di realizzazione presso il nostro Ufficio Tecnico in Svizzera, a Lugano. L’ingegnere Shahal, poi, ebbe parte preminente nello sviluppo e realizzazione delle costruzioni navali d’Israele.
Alla fine del 1951 avevamo spedito tutti i componenti per un certo numero di mezzi. All’inizio del 1952, mi recai in Israele per il montaggio e collaudo di tutti i mezzi, che in 6 mesi fu felicemente compiuto.
Portai con me la mia famiglia, a quel tempo composta da mia moglie, Patrizia 2 anni e mezzo e Tiziana 6 mesi.
All’arrivo all’aeroporto di Tel Aviv (poi Ben Gurion), domandai a mia moglie se sapeva dove si trovasse. Rispose che eravamo a Limassol, in quel di Cipro. In effetti, fu il momento che venne a conoscenza di tutta la verità che le avevo tenuta nascosta.
Le facilitazioni e le cortesie che ricevette all’aeroporto, specie in relazione dell’aiuto per le bambine, fece superare ogni e tutte le difficoltà.
Per tutto il periodo abitammo al Ramat Aviv ritenuto l’albergo più “IN” di quel tempo. Perché anche mia moglie potesse visitare Israele, specie i luoghi Santi, ci fu come una gara per assistere le bambine. Nella visita a Nazareth andammo tutti e quattro.
C’erano visitatori di tutte le razze, di tutte le nazionalità. Un prelato che accompagnava un gruppo di giapponesi, sentendo parlare italiano si avvicinò a noi e quando confermammo la nostra provenienza, lasciò ad altri i giapponesi e volle essere lui a guidarci in quella visita tanto importante: era un ex rabbino convertito al cattolicesimo; era stato per molti anni bibliotecario in Vaticano a Roma.
Sulla scala che porta al luogo di apparizione dell’Arcangelo annunciatore del volere di Dio alla Madonna, mia moglie si inginocchiò e scoppiò in un pianto dirotto. Mentre io cercavo di consolarla, il nostro accompagnatore intervenne dicendo che tanti avevano pianto in quel punto, e fra essi c’era anche il Cardinale Shuster, Arcivescovo di Milano – perciò la commozione era un titolo di onore, un premio alla sensibilità e devozione.
Finiti i collaudi, la famiglia Capriotti tornò in Italia, con comodità, su una nave, con scalo a Cipro, ad Atene, dove ci arrampicammo sul Partenone, mia moglie con Tiziana in braccio, io con Patrizia sulle spalle. Poi, attraversata notturna dello stretto di Corinto, poi su per l’Adriatico fino a Venezia, assaporando la bellezza dell’entrata in questa unica città al mondo. Piccola sosta a Venezia e poi via treno a Milano.
Da quel momento i rapporti con Israele furono sempre cordiali; quando i ragazzi e gli amici venivano in Italia, avevano l’obbligo di andare a salutare il Mr. Capriotti – ed accadde anche che un giorno arrivò con altri amici, quel ragazzo che sulla linea verde del “livello mare”, sulla discesa verso il Kineret, si rivolse a me perché gustassi e gioissi della meravigliosa bellezza che avevamo di fronte. Così accadde anche che il signor Capriotti, senza proferire parola, invitò quegli amici a salire sulla sua macchina per un giro, senza commento e senza una parola, sul lago di Como e sul lago Maggiore.
Alla fine, quel ragazzo capì tutto, e si convinse che il Mister Capriotti aveva anche un’anima, e una grande sensibilità verso la bellezza, ovunque e qualunque fosse.
LA NUOVA MARINA DI ISRAELE
Nel 1950 Yohay lasciò il gruppo, per continuare gli studi che aveva interrotti nel 1942, per arruolarsi nel Palmach e passare poi nel 1944 nella branca marinara del Paliam: andò in America al M.I.T. di Boston ove si laureò in ingegneria.
Tornato in patria, rientrò in marina.
Nel 1955, fu inviato in Inghilterra per prendere il C.T. Yaffo (uno dei due cacciatorpediniere acquistati in Inghilterra), ed assumerne il comando: sulla via del ritorno partecipò alla cattura del C.T. Egiziano Ibrahim El-Awall.
Il C.T. “Yaffo” al cui comando Yohay nel 1955 partecipò alla cattura del C.T. Egiziano “Ibrahim El-Awall”.
Nel 1960, a soli 36 anni, Yohay venne promosso Ammiraglio Comandante in Capo della Marina Israeliana. Durante il suo comando, rivoluzionò tutto, trasformò la vecchia marina impropria, in forza missilistica di Attacco-Difesa, fissando quei principi operativi e di indirizzo di sviluppo strategico, che tutti i successori hanno sempre seguito, e perseguito, con ricerca ed alta tecnologia applicata, che ne hanno maggiormente sviluppate quelle caratteristiche sulle quali può, e sempre meglio, contare la difesa dello Stato d’Israele.
In Israele, ogni Branca delle Forze Armate ha, o aveva, un solo generale (un Ammiraglio per la Marina), che, quale Comandante in Capo, ne gestisce tutte le responsabilità; in genere, per un periodo di tre anni, che può essere rinnovato solo una volta.
Accadde così che un giorno dell’anno 1966, Yohay, trovandosi vicino allo scadere del suo secondo mandato, si rivolse a me quale suo “fratello maggiore”, chiedendomi un incontro, perché aveva bisogno di essere consigliato in quel momento delicato della sua vita.
Quale risposta avrei potuto dargli, se non quella che gli diedi? Caro Yohay tu sai di essere sempre il benvenuto! Difatti venne e fummo felici di ritrovarci ancora una volta insieme.
Così egli esordì: Logicamente tu sai che allo scadere del mio mandato, non potrò restare in Marina; non essendoci posto che per un solo Ammiraglio, io dovrei essere retrocesso al massimo a Colonnello.
Mi si offrono diverse soluzioni, tutte logiche:
A – Durante i miei giri in America tra le comunità ebraiche per ottenere aiuti finanziari per Israele, un giorno un industriale, Mr. Farber, mi disse: “Ragazzo mi piaci! Io ho diverse industrie ma non ho figli, se vuoi ti adotto, e tutto quello che ho è tuo!” L’offerta era certamente allettante e congeniale per un ingegnere laureato al M.I.T..
B – In Israele, un gruppo di finanzieri vorrebbero creare una compagnia di navigazione, offrendomi Presidenza e compartecipazione nella società. Offerta allettante e congeniale per un Ammiraglio, quale logica continuazione della Sua carriera marinara.
C – Mi si offre l’opportunità di intraprendere “ricerche oceaniche”. Anche questo congeniale con tutta l’attività svolta fino ad oggi.
Dopo averlo pazientemente ascoltato e con la massima attenzione e nel massimo silenzio. Dissi: Naturalmente ora tocca a me esordire.
Caro Yohay, “fratello minore”, credo tu abbia dimenticato il mio carattere, la mia capacità di intendere anche ciò che non si vuole dire chiaramente. Tu sai che io, al tuo posto, forse avrei scelto di farmi affigliare dall’industriale americano, Mr. Farber, che conosco perché importo uno dei suoi prodotti: la “farbertite”, ricavata dalla distillazione del carbone fossile; ma, tu hai già scelto che andrai a fare ricerche oceaniche perché è l’unica attività che ti è congeniale ed allettante, perché ti offre il rischio, l’incognito ed il mistero.
Tu sei venuto a me per sentirti dire che fai bene a scegliere solo quello che ti dà soddisfazione: prestigio, denaro e ricchezza non sono per te, tanto è vero che da Ammiraglio, sei andato a vivere con la famiglia in un Kibbutz, ove quando torni a casa la sera, devi andare a mungere le mucche – e per entrarci hai dovuto vendere la tua casa di Haifa e versare il ricavato al Kibbutz, al quale va pure il tuo stipendio da Ammiraglio. Sono certo che al Kibbutz assumerai altre responsabilità, tutte quelle che si addicono alla tua cultura ed alle tue capacità, che sono tante.
Perciò concludendo, tu puoi venire a me quante volte tu vorrai, ne sarò, o meglio, ne saremo felici, ma non cercare di prendermi in giro col chiedermi consigli su decisioni già prese e di cui sei fermamente convinto e deciso.
Così nacque l’“Israel Oceanographic & Limnological Research”.
Con l’aiuto finanziario di un ricco signore di nazionalità svizzera e del Governo, fu costruita una torre in cemento in mare, a poca distanza dalla riva, quale officina e sede della nuova attività di Yohay.
I risultati si fecero subito sentire: controllo e monitoraggio di tutte le acque interne dello Stato e del Mediterraneo.
In regalo dagli americani ricevette due o tre navi idrografiche. Certamente non era, né poteva essere un’attività speculativa come quella tanto, troppo pubblicizzata e strombazzata dal francese Cousteau, perché non congeniale con il carattere di Yohay: il campo di ricerca si è sempre più allargato arrivando anche alla coltivazione dei pesci in gabbia ed in vasca, poi spostato nelle acque del Mar Rosso, in quel di Accaba.
Durante sue ricerche in Mediterraneo, Yohay giunse in Sardegna, approdando a Cagliari, ove a quella Università conobbe il Prof. Augusto Capriotti.
Mi scrisse subito chiedendomi se fosse mio parente, dato che era originario di una località non molto lontano da Ancona, come sembrava fossi anch’io. Concludeva che quelle zone sarde erano forse le uniche ove si sarebbe potuto coltivare, con grande profitto, orate e branzini.
Ogni anno, il 22 ottobre, i ragazzi della notte di Gaza, con amici e familiari, si riunivano a casa di Itzik o di Dodo, o nei Kibbutz per festeggiare; c’era sempre un posto per me, anche quando io ero tanto lontano. Con canti e drinks si arrivava al mattino.
Una volta un gruppo di amici ebrei americani, con i quali avevo relazioni d’affari, vollero fare una visita a Israele. Non essendoci mai stati, mi pregarono di accompagnarli. Senza farci caso capitò proprio che il 22 ottobre fossimo laggiù.
Quando mi vennero a prendere feci notare che ero con altri; nessun problema, tutti a casa di Itzick Brookman: la bolgia finì solo alle 5 del mattino, quando nessuno voleva andare a dormire.
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