Dart 38 di Renato “Sonny” Levi
Dart 38 – Un prototipo nato da un disegno tutto nuovo
Quanti si interessano alle barche offshore e hanno visitato il Salone Nautico di Genova lo scorso dicembre (1972), avranno notato il «Dart» nello stand Adreani Vega. Questa barca può avere provocato perplessità e dubbi: ho avuto occasione di parlare del “Dart 38” con molte persone mentre mi trovavo a Genova.
Molti, anche strettamente collegati con questo genere di scafi (progettisti, costruttori e piloti) hanno avuto, a dire poco, alcuni dubbi su uno o più particolari aspetti di questa macchina insolita.
Essendone il progettista, almeno per quanto riguarda lo scafo, sono stato molto incoraggiato dall’interesse mostrato e dalle molte volte che mi è stato richiesto di spiegare le mie idee precedenti l’evoluzione di questo progetto.
Pertanto durante il Salone ho pensato di scrivere un articolo al riguardo poiché naturalmente le persone con cui ho avuto l’occasione di parlare rappresentano solo una piccola percentuale di quelle interessate a saperne di più al riguardo di questa barca.
In passato ho scritto parecchi articoli sui vari aspetti di queste barche come: caratteristiche aerodinamiche, forme che penetrano attraverso la superficie, indispensabilità di trasmissioni a inclinazione variabile specialmente nel caso di scafi in grado di vincere gare “offshore” ecc. Non tornerò pertanto su nessuno di questi dettagli all’infuori di quanto è assolutamente necessario per chiarire un ragionamento particolare.
Alcuni frammenti video di Dart in navigazione
Anzitutto devo spiegare che la creazione del “Dart 38” è stato il prodotto di un “team” in cui ognuno dei membri era non solo uno specialista nel suo campo specifico ma, forse egualmente importante, completamente entusiasta fin dall’inizio nell’idea di questa nuova barca.
Non ha importanza entrare troppo nei dettagli ma ricorderò che, in occasione di un incontro con l’ing. Carlo Chiti, progettista famoso in tutto il mondo, prima delle vetture da corsa Ferrari ed ora Alfa Romeo, egli mi disse che probabilmente aveva un tipo di motore adatto ad una barca offshore.
Giorgio Adreani della Vega (non ha bisogno di essere presentato agli appassionati di nautica) si dimostrò subito interessato alla costruzione della barca introducendovi tutte le soluzioni più raffinate per risparmiare peso, cosa che la sua grande esperienza nel campo delle costruzioni in vetroresina gli consentiva.
Sebbene finora questa barca non sia ancora pronta per gareggiare e pertanto non si abbia un metro di paragone rispetto ai tradizionali scafi concorrenti, ho ogni motivo per ritenere che abbiamo costruito qualche cosa che ne valeva la pena: il tempo ci potrà dire se ho ragione.
Prima di entrare nei vari dettagli del progetto desidero specificare chiaramente che questo è un «vero prototipo ». Con questo intendo dire che sebbene molti elementi che lo costituiscono sono stati usati in precedenza (ad es. i motori Alfa Romeo Autodelta da 4 litri, le eliche di superficie, ecc.) ci sono così numerose variazioni e nuovi concetti che rendono questa barca più originale ed insolita di qualsiasi altra da me finora disegnata.
Sono particolarmente orgoglioso di dire che questa barca non può essere in nessun caso paragonata con le normali barche che vincono le gare «offshore» e che finora hanno fatto regolarmente e monotonamente notizia di prima pagina. Per dirlo in parole ancora più chiare questo è un «nuovo disegno» e non semplicemente un “rimaneggiamento” e dal punto di vista del progettista è un esperimento di grandissimo interesse.
Caratteristiche tecniche della barca Dart 38
Forse il sistema più semplice per descrivere il “Dart 38” è quello di isolarne i particolari in gruppi e sottogruppi come segue:
- Scafo: Idrodinamìca, Aerodinamica, Distribuzione
- Impianto propulsore: Motore, Trasmissione
- Costruzione: Scafo, Ponte
- Pilotaggio: Posizione dell’equipaggio, Comandi, Guida
- Prove: Risultati fino ad ora, Risultati futuri
Lo scafo rientra nella categoria di quelli a V profondo avendo un diedro a poppa di circa 25° ed è estremamente stretto in confronto con gli attuali scafi da corsa “offshore”.
La larghezza allo spigolo rispetto alla lunghezza effettiva è inferiore a 1/8.
La geometria trasversale a poppa è stata in gran parte determinata dall’ingombro trasversale dei motori montati sfalsati uno davanti l’altro. La distanza trasversale delle linee d’asse è a sua volta influenzata dal diametro delle eliche e la distanza tra di loro in questo caso è veramente minima.
Le superfici plananti sono strette e ci sono solo due pattini per parte: quelli più interni si interrompono molto prima dello scalino e della poppa per evitare una eccessiva portanza in questa aree una possibile instabilità trasversale ed assicurare nello stesso tempo un rientro nell’acqua più dolce. Lo scafo si allunga posteriormente allo scalino di circa 1/4 della lunghezza della barca per assicurare un supporto per i cavalletti a “P” delle linee d’asse e per alloggiare l’equipaggio.
Le argomentazioni relative alle forme aerodinamiche efficienti diventano di solito piuttosto complicate ma è chiaro che una buona penetrazione ed una superficie frontale ridotta possono essere solamente di beneficio e qui noi abbiamo ambedue queste qualità, non solo per quanto riguarda lo scafo ma anche per lo stretto frangiflutti che si trova avanti al cockpit per l’equipaggio disposto in tandem.
L’altezza del frangiflutti è tale da proteggere il pilota nel caso che lo scafo dovesse attraversare un’onda. (Malgrado non si possa descrivere questo scafo come una barca disegnata per attraversare le onde come avevo pensato e progettato nel passato).
Per quanto riguarda l’aspetto aerodinamico devo aggiungere che ci sono delle pinne laterali a forma di dardo (da cui il nome “Dart 38”). Queste ali mozze fanno parte della fiancata, dato che hanno una notevole curvatura e rastremazione dello spigolo e pertanto la loro parte sottostante ha un diedro pronunciato. La ragione di queste ali è il miglioramento della stabilità laterale assicurata, almeno in teoria, aerodinamicamente per arrestare il rollio da spigolo a spigolo che si può verificare a velocità elevata.
In condizioni estreme, quando il rollio è molto pronunciato fino al punto che il ponte risulta sommerso, le ali agiscono idrodinamicamente aumentando la superficie planante in posizione ben lontana dalla mezzeria della barca. Queste ali mozze hanno anche una certa incidenza in modo che se la barca dovesse cadere letteralmente sul fianco (dopo avere decollato dalla sommità di un’onda verrebbe «riavvitata» alla sua posizione normale dal movimento in avanti. Anche in condizioni statiche, fra l’altro, l’inclinazione di una forma così rastremata aumenta la stabilità. La spiegazione è semplice e ritengo non debba essere qui ampliata.
Motori Alfa Romeo 4 litri V8 iniezione da 500 hp
Il “Dart 38” è motorizzato da due motori da corsa Alia Romeo da 4 litri. Essi sono a V-8 con doppi assi a camme in testa e sono dotati di alimentazione ad iniezione. Erogano 500 hp a 8200 giri/minuto e posso assicurare, avendo effettuato alcune delle prime prove con questa barca, che quando si accelera si sente «veramente» la spinta di questi motori.
Essi sono equipaggiati con invertitori e riduttori prodotti dalla Autodelta. E’ il caso di notare che ogni motore pesa meno di 200 kg e dà una potenza di 125 hp per litro: abbiamo un complesso fine di meccanica costruito con la precisione di un orologio.
Quando un motore è sollecitato ai suoi limiti è ovvio che i calcoli devono essere esatti: ritengo che se qualcuno può fare questo, sicuramente i progettisti dell’Alfa Romeo sono i più qualificati per la loro lunga esperienza (è opportuno ricordare la supremazia dell’auto da corsa “Alfa 158″).
Il mio sistema brevettato di trasmissione «step drive» è stato utilizzato per la trasmissione: è già stato descritto nell’ultimo numero di «Mondo Sommerso”, così non credo opportuno ripetere i vari dettagli. E’ interessante tuttavia notare che questo sistema di propulsione con eliche di superficie ha permesso di avere una minima angolazione alle “linee d’asse: sono infatti di 2° e di 3° (il sinistro è il primo dato che questo motore si trova più a prua).
La costruzione è stata mantenuta la più semplice possibile, sebbene ci siano punti in cui è stata adottata una certa sofisticazione. Anzitutto devo dire che mi è stata rivolta molte volte la domanda: “Sono state usate fibre di carbonio?”. La domanda è ragionevole dato che noi abbiamo cercato di adattare le tecniche ed i materiali più vantaggiosi per il disegno quando possibile.
La risposta è “NO”. Dobbiamo cercare di essere obiettivi su tutta la linea e non ci sono “trucchi” pubblicitari.
Non desidero per il momento discutere le eccezionali proprietà delle fibre di carbonio e la loro ovvia validità, ma per usare questo materiale correttamente ed ottenere il meglio da esso, si richiedono tecniche a cui noi non siamo ancora arrivati nella costruzione delle imbarcazioni. Ho visto questo materiale, comunque, impiegato in alcune barche sperimentali e francamente il modo in cui è stato utilizzato non può, anche con la migliore fantasia, contribuire in alcun modo all’irrobustimento dello scafo.
Desidero aggiungere che la spesa, nel nostro caso, non era un ostacolo dato che questo materiale ci era stato offerto gratis.
Scafo Dart 38 in vetroresina
Lo scafo del «Dart 38» è di vetroresina e sono state usate resine ad alta resistenza all’urto e ritengo che queste’ in particolare siano state impiegate per la prima volta nella realizzazione di una imbarcazione. Il ponte è costruito in sandwich ed ha delle travi ottenute con nastri di filo di acciaio ad altissima resistenza incorporate nella laminazione. I serbatoi per il carburante e l’acqua di zavorra sono incorporati nello scafo impiegando resine epossidiche e bisfenoliche. I serbatoi sono disposti il più in basso possibile nello scafo e le loro capacità sono rispettivamente 1200 e 600 litri.
L’equipaggio, come detto prima, è sistemato in tandem. Il pilota si trova davanti ed è protetto da un robusto frangiflutti solidamente ancorato al ponte e affilato verso l’avanti per tagliare le onde con il minimo impatto. ‘L’equipaggio è accomodato con schienali inclinabili abbastanza simili a quelli utilizzati sul “Surfury” e assicurano, per quanto ne so, la posizione più confortevole fra quanti sono stati adottati in barche di mio progetto.
L’altezza del frangiflutti è tale che il pilota può vedere sopra di esso senza chinarsi in avanti, pur rimanendo protetto dall’eventuale impatto con un’onda. Questo cockpit è auto drenante poiché in navigazione si trova ad un livello più alto dell’acqua.
I controlli sono simili a quelli correntemente usati sui motoscafi per gare in circuito. L’acceleratore è a pedale, mentre i controlli dei flaps si trovano sul volante e questo permette al pilota di tenere il volante con tutte e due le mani in qualsiasi momento. lo non ritengo sia possibile pilotare una barca di questo genere nello stesso modo in cui le barche «offshore» sono state guidate fin’ onora.
Il pilotare questa barca al massimo delle sue possibilità ha richiesto, almeno per quanto sono le mie attitudini, una maggiore concentrazione di quella che ho dovuto esercitare su qualsiasi altra barca per gare “offshore” che ho guidato. Senza dubbio con la pratica la guida diventerà progressivamente più facile. Le prove sono state finora molto incoraggianti, la barca si comporta molto bene e la stabilità direzionale è eccellente, seppure sensibile all’assetto longitudinale.
La velocità raggiunta finora è di circa 140 km/ora, ma sono sicuro che potremo fare meglio. Abbiamo provato diverse serie di eliche e rapporti di riduzione. Naturalmente è necessario lavorare ancora in questa direzione perché da qui guadagneremo una incalcolabile esperienza. L’oggetto non è semplicemente di arrivare alla maggiore ‘velocità possibile, ma anche di rendere la barca docile tanto che un buon pilota la possa condurre con facilità.’ Questi sono sempre obiettivi in conflitto l’un l’altro e richiederanno probabilmente qualche compromesso. Ritengo infatti per la prima volta di avere disegnato una barca che porterà l’attitudine e l’abilità del pilota in grande evidenza.
Articolo pubblicato sul numero di marzo 1973 del periodico “Mondo Sommerso” e pubblicato su AMB per g. c.. dell’autore.
Un particolare ringraziamento all’Associazione Marinara Aldebaran di Trieste e del socio Alex Skerlj che ci hanno messo a disposizione il loro archivio storico consentendo la ricerca del presente pezzo.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!