Cavalcando lungo la mareggiata
di Alberto Cavanna
Gabriele D’Annunzio amava la bella vita e eleganti divertimenti.
E’ noto che, non sempre, le sue possibilità gli avrebbero permesso il tenore sostenuto che conduceva.
Ma il Vate non era certo uomo da rinunciare per simili dettagli… Le ragazze dall’elegante livrea, uscirono dal cancello di servizio della grande villa e si diressero verso il paese.
Costeggiarono la spiaggia fino al ponte sul fosso Fiumetto: la mareggiata si faceva ancora sentire con il rombo dei cavalloni e l’odore del salino quasi copriva quello di lecci e pini del grandissimo parco.
Chiacchieravano tra loro del più e del meno ed arrivarono alla cooperativa di consumo dove si recavano tutti i giorni per la spesa. Entrarono nel locale illuminato dalle finestre ad arco: dietro al bancone, tra sacchi di farina e riso, stava il sor Luigi. La più anziana di loro si avvicinò e iniziò a leggere la lista mentre l’uomo metteva le cose sul bancone e le altre preparavano le sporte.
Dal retro uscì una donna grassa e le osservò con le mani appoggiate sui fianchi.
“Allora”, disse al marito, ad alta voce perché la potessero sentire tutti, “glielo dici tu o ce lo dico io?”
Lui la guardò senza dire nulla, poi si rivolse alla domestica più giovane.
“Lisetta…”
La ragazza abbassò gli occhi e si fece avanti.
“Lisetta, tu ci conosci”, lei annuì stringendosi nello scialle.
“Sai che io e mia moglie lavoriamo da sera a mattina…”
“O te! Tu la piglia larga!”, disse la donna facendosi avanti.
Si mise di fronte alla donne con le manone sul banco: “Quand’è che il vostro padrone ci paga?”
“Noi non sappiamo più cosa fare…”, disse la poverina quasi piangendo.
Si fece avanti la più anziana:”Scusateci ma non è colpa nostra.
Noi, il padrone, non lo vediamo quasi mai. Ma se torniamo senza roba, il sovrintendente ci urla. Se ci chiediamo i danari dice che siamo sempre alla questua…
Ci abbia pazienza sora Ebe: non si sa più che pesci pigliare…”
La donna la aveva ascoltata in silenzio.
“Dove lo posso trovare il vostro padrone?”, chiese decisa.
“Non venga alla villa”, continuò la domestica, “non la farebbero neppure entrare.”
“Può andargli incontro sulla spiaggia quando esce a cavallo…”, disse la ragazza giovane che era rimasta silenziosa in un angolo per tutto il tempo.
La domestica anziana la guardò di traverso.
“Ecco! Questa è una bella idea! Ci vado io sulla spiaggia…”
“E poi cosa fai?”, gli chiese il marito parandoglisi davanti.
Lei lo guardò e alzò l’indice.
“Cosa faccio? Ecco cosa faccio. Mi ci metto davanti e gli dico: ‘Senta signor poeta, ce lo dico da uomo a uomo…”
“Ma và!”, disse il negoziante con un eloquente gesto della mano. Poi si rivolse alla ragazza, mettendole in mano il conto: “Ci vado io a parlare. Tu dimmi solo quando esce sua signoria a cavallo…”
“Domattina, verso le undici. Ho sentito il sovrintendente che dava ordine agli stallieri di preparare i cavalli: vuole vedere la mareggiata”
Le domestiche presero le sporte e uscirono.
La donna guardò il sor Luigi: “Va bene. Però ci vengo anch’io.”
Uscirono che era ancora presto. Lui si era messo il vestito nero della domenica con l’orologio d’oro che gli aveva lasciato suo padre; lei si era fatta prestare un foulard dalla vicina.
Si incamminarono dalla strada verso la spiaggia.
La mareggiata era picchiata forte tre giorni prima: le onde avevano levigato gran parte della rena e la sabbia era una tavola liscia e compatta, con, ogni tanto, conchiglie, rami e altri detriti che il mare, nella sua furia, aveva gettato sul litorale.
Era nuvoloso ma non pioveva. Non sapevano dove andare e decisero di fermarsi ad una baracca attrezzata da osteria che dava ricovero ai pescatori.
L’oste quando li vide entrare li salutò calorosamente:”O che cosa vi porta da queste parti, sor Luigi?”
Lui voleva restare nel vago ma la moglie fu più veloce ed ardita e mise tutti gli avventori al corrente del loro piano, anche per avere informazioni su quando usualmente il loro uomo passasse.
“Siete fortunati”, disse l’oste gioviale,”qui c’è un altro che lo cerca!” e batté la spalla alla guardia comunale, seduta di fronte a un bicchiere di rosso.
Si sedettero allo stesso tavolo e il sor Luigi pagò il giro. Stavano chiacchierando da mezz’ora del più e del meno quando un ragazzo entrò trafelato, sbattendo la vecchia porta a vetri: “Eccoli! Eccoli! Arrivano!”
La guardia si alzò di corsa che quasi rovesciò il tavolo e corse fuori; i due coniugi uscirono ma era dura tenergli dietro perché l’uomo correva.
Di fronte, quasi all’altezza della battigia, un cavallo bianco incedeva maestosamente al trotto veloce, sollevando alti schizzi di schiuma e preceduto da una muta di una cinquantina di bellissimi levrieri. Il cavaliere, vestito di crema a parte gli stivali marroni, lo cavalcava con maestria ed eleganza.
Dietro, poco distanti, due palafrenieri in divisa lo seguivano. La guardia avanzò ansante, il fiato appesantito dalla corsa.
“Fermo! Fermo!”, disse parandoglisi davanti.
Il cavallo si impennò e l’uomo, con pochi gesti, lo acquetò senza dire nulla, visibilmente stizzito. Lui e lei erano arrivati abbastanza vicino da vederlo bene in faccia.
Era un elegante uomo di una quarantina d’anni, pochi capelli, lisci e impomatati, e pizzetto. La guardia gli arrivò vicino, lui non diceva nulla e si ergeva in sella guardandolo con sufficienza.
“La signoria vostra è in contravvenzione…”, disse estraendo un foglio stropicciato dalla tasca, “non si puole cavalcare in codesto modo sull’arenile. E’ contro il regolamento comunale e…”
“Cosa?! Cosa???”; urlò l’uomo paonazzo in volto. La caramella d’oro che portava all’occhio cadde e dondolò agganciata alla catenella d’oro fermata da un brillante.
“Questo è un sopruso! E’ un affronto!”, gridò verso la guardia avvlita mentre il cavallo scalpitava e i palafrenieri erano arrivati vicini al poliziotto.
“Non posso essere trattato in questo modo! E’ ripugnante… Lo dirò al prefetto che si vuole limitare la mia libertà! Fatevi da parte adesso…”
E spronò il cavallo ripartendo al galoppo, in una nuvola di sabbia e spruzzi. Raggiunse la muta dei cani, che si era arrestata non vedendo arrivare il padrone, e proseguì con decisione, seguito dagli altri due che non degnarono di uno sguardo l’uomo.
Il sor Luigi era proprio sulla strada del cavaliere e, per un attimo se lo era dimenticato, si ricordò cosa era venuto a fare.
“Signorìa!”, provò a urlare col braccio alzato, per attirare l’attenzione.
“Signor poeta, ha un attimino? Si puole fermare per cortesia?”.
Ma già l’uomo gli era passato vicino senza neppure girare la testa, come se lui non fosse mai esistito e il sor Luigi fu quasi travolto dai palafrenieri che lo seguivano. In un attimo, mentre lui era ancora con il braccio alzato e la bocca aperta, i cavalli erano distanti e stavano sparendo verso Viareggio, nella lunga lingua di sabbia tra cieli e mare grigi.
“Porco mondo!”, disse la guardia buttando il foglio nella sabbia e mettendosi a calpestarlo. “Sempre così! Tutte le volte… Ma sai cosa ti dico?”
Si aggiustò il cappello e, senza in realtà aggiungere altro, se ne tornò all’osteria Il sor Luigi rimase impalato a guardare i puntini in fondo alla spiaggia e il pover’uomo che, con il cappello in mano, andava dal’oste a raccontare l’ennesimo tentativo fallito di riportare l’ordine sulla spiaggia.
La moglie era rimasta metro indietro a guardare la scena e lo chiamò.
“Ehi. Luigi! Ma hai visto com’era bello?”, gli disse mentre lui si incamminava verso di lei.
Il sor Luigi scrollò la testa: “Domani parlo alla Lisetta”.
La moglie gli si affiancò e presero la via di casa.
“Porca miseria com’era bello. Mai visto uno vestito così bene…”
AltoMareBlu – Tutti i diritti riservati. Note Legali
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!