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Per mare gratis e senza emissioni? YES, WE CAN – La barca non è un auto… (XX puntata)

21/09/2008/2 Commenti/in Antonio Soccol, Antonio Soccol - Articoli, Articoli riviste nautica, La barca non è un auto/da Antonio Soccol

di Antonio Soccol

Allora, sembra certo. Andremo per mare con l’energia ricavata dai pannelli fotovoltaici solari.

Cosa vuol dire, “dovecomequando”? Oh bella: dove? ovunque; come? come già fanno in Australia (e negli Usa); quando? Adesso (beh, nel futuro prossimo, insomma).

Catamarano con pannelli fotovoltaici

Per info specifiche: www.solarsailor.com (solo in lingua inglese).

Era l’uovo di Colombo. Dove metterli ‘sti benedetti pannelli fotovoltaici? Sì, sul ponte. Però c’è di meglio. Per esempio, sulla randa di una barca a vela. Ma come? Non sono rigidi? Non più. E comunque, per favore, fare mente locale: le vele già si steccano per renderle più rigide. Dunque: obiezione inutile. Ma ‘sti pannelli, non pesano da morire? Mica tanto vero. Non quelli dell’ultima generazione.

Al momento in cui scrivo, un lancio d’agenzia (AdnKronos) mi informa che il gasolio ha lo stesso prezzo delle verde: 1,55 euro al litro. Siamo nei guai. E seri anche. Sarà meglio organizzarci.

Una “breve” del “Corriere Economia”, inserita nella rubrica “Metropolis” a cura di Cristina Pellecchia, riferiva giorni or sono che l’australiana Solar Sailor disponeva di dati in base ai quali le loro soluzioni utilizzavano solo un decimo del carburante. Se applicate alle navi, garantirebbero un risparmio di 250mila litri di gasolio all’anno e di 670 tonnellate di emissioni di gas serra per ciascuno esemplare di vascello… Come spesso accade, questi dati sono molto vaghi: non si dice a che tipo di nave si riferiscano né è dato di sapere che tipo di impiego sia previsto e quindi sono elementi poco probanti se non per il fatto che, con tutta evidenza, si raggiungono due obiettivi: si risparmia carburante e si inquina di meno. Non è poco.

La stessa “breve” segnalava come una di queste “soluzioni” (in questo caso definita “ battello-passeggeri”) fosse già operante sin dal 1999 nel porto di Sidney e che presto ne entreranno in funzione una a Shangai, un’altra a Hong Kong e, infine, che nel 2009 ce ne sarà operativa una nella baia di San Francisco (California, Usa). Quest’ultima sarà costruita da Hornblower Yachts in collaborazione sempre con Solar Sailer e sarà lunga 15 metri. Costerà, dice il supplemento del “Corriere della Sera”, 5milioni e mezzo di euro. Patamfete nell’acqua lorda!

In Italia un 15 metri da diporto costa uno zero in meno. Hai voglia ad andar per mare disponendo di 5milioni di euro da spendere in carburante. Al prezzo della nafta di oggi sono grossomodo tremilionitrecentotrentatrè litri… Calcolando un consumo di 100 litri/ora per una velocità di 25/30 nodi, si hanno a disposizione 33.333 ora di moto e cioè 833mila/999mila miglia marine di crociera. Per dare un paio di elementi di confronto si ricorda che un normale motoryacht da diporto naviga per circa 100 ore all’anno e che l’equatore (inteso come circolo massimo del pianeta Terra) è lungo 40.076 chilometri, cioè 21.639 miglia marine. Insomma c’è economia per comprar abbastanza nafta per fare circa 40 volte il giro del pianeta nel suo punto più largo…oppure per navigare per 333,33 anni … Va bene che “l’aspettativa di vita “ si sta allungando ma ci vorrebbe un Matusalemme che secondo i rabbini morì all’età di 969 anni…

Allora questi benedetti pannelli solari, per noi diportisti, sono… una “sola” o comunque “impossibili” per l’alto costo d’acquisto? No.

Intanto, nulla esclude che il “Corriere Economia” abbia pubblicato un errore, sia incorso in un refuso oppure che il prezzo del primo esemplare conglobi anche tutta la ricerca necessaria. E poi ci sono altri dati sui quali riflettere. Li ha citati, a Brindisi, il mio amico Vittorio di Sambuy nel suo intervento “Yacht a emissioni zero” in occasione del convegno: “Industria nautica e turismo – un mix per lo sviluppo sostenibile”.

Di Sambuy ha riportato dei numeri che gli erano stati dati da un noto cantiere nazionale: “Un’imbarcazione da 24 metri con 2 diesel da 1800 cavalli consuma, alla velocità di crociera di 28 nodi, oltre 500 litri di gasolio all’ora. Il pieno di combustibile, 4000 litri, permette una navigazione di 8 ore cui corrisponde un raggio d’azione di 230 miglia. E’ la distanza da Brindisi a San Benedetto del Tronto: al costo attuale sono più di 5000 euro, 10 milioni delle vecchie lirette.” (Essendo nel frattempo passati alcuni… giorni, il costo va aggiornato a 6mila euro pari a circa 12 milionicini di lire.)

Difficile a questo punto non soffermarci su un dato di confronto che subito viene alla mente: un’auto per fare 50 chilometri consuma meno di 4 litri: il rapporto è 0,8 per cento. Morale: un motocruiser veloce da 24 metri produce gas serra più di 100 automobili.

Com’è? Non bisogna dirlo se no a Roma se ne accorgono e ci tassano? Ma vuoi che non lo sappiano? Bravi no, non mi pare proprio che lo siano ma anche così ignoranti non possiamo davvero immaginarli, i nostri governanti, non foss’altro perché molti di loro la barca ce l’hanno.

E allora? Bah. Mi dicono che molti cantieri stanno studiando il problema e si indirizzano su prototipi del tipo “ibrido”. Non mi pare che si risolva la situazione.

Ne parlavo di recente con Franco Harrauer, durante una sua breve apparizione in Italia (vive a Rio de Janeiro) per alcune sue prove alla vasca navale di Trieste e gli è venuto in mente che, una soluzione, lui l’aveva proposta già parecchi anni or sono con un articolo apparso su una rivista specializzata.

In effetti, oggi quello che allora poteva sembrare solo una esercitazione di fantascienza futuristica è non solo auspicabile, necessario ma anche realizzabile. Soprattutto perché oggi i pannelli fotovoltaici (quelli al silicio amorfo) sono pieghevoli, flessibili e quindi si possono/potrebbero facilmente adattare alle barche e specificatamente alle vele.

Ho provato ad informarmi su questo elemento (pannelli al silicio amorfo) ma, ahimè, ho trovato un muro.

Quanto pesano, ho chiesto? Difficile dirlo perché il peso standard prevede inesorabilmente i supporti in metallo, ma… “massimo 3 kg per mq. (orientativamente 2,5 kg/mq.)”, però mi hanno detto di stare “largo”.

Allora quanto costano al mq. (prezzo al pubblico, ovviamente)? Risposta:

“Non esiste un calcolo del genere perché di solito si vende l’impianto completo ma all’incirca 3 euro a kW (i costi maggiori sono gli inverter e le utenze specifiche di controllo)”.

L’esempio è: ti servono 70kW/h? Il costo è dato dal numero dei pannelli, dell’inverter eccetera… Poi si considerano le superfici e poi le angolazioni… insomma, è un calcolo che fanno con un computer dove i tecnici infilano i dati e poi il pc risponde se e come farlo. Ho chiesto di ipotizzarli questi conteggi su una barca; mi hanno detto inesorabilmente: “No!”. Va beh, niente di grave: sono specializzati in tetti, ne stanno vendendo come il “pan caliente” e non hanno tempo da perdere con noi “perditempo”

Come ultima domanda, ho chiesto ancora: “Quanto rendono questi pannelli al silicio amorfo in kW al mq. in condizioni normali (leggi “per navigazione in Mediterraneo”)?”. Risposta:

“In mare non ci sono riferimenti ma in condizioni ottimali di un impianto di pannelli da 150 mq., la potenza potrebbe raggiungere i 300 kW.” (per me questo è un dato molto, troppo elevato). Amen.

Morale: meglio, per il momento, evitare di dare precisi riferimenti tecnici. Mi hanno fatto capire che i pannelli al silicio amorfo sono così tanto nuovi che anche i dati sono molto relativi…

Però ci sono. E qui la tecnologia, in pochi mesi, può fare passi giganteschi visto che il mercato lo richiede e non mancano le economie per stimolare la ricerca più avanzata.

Per farla in breve, quali sono i nostri “nuovi traguardi”?

Semplice: andar per mare senza pagare e, dato che ci siamo, evitando anche di emettere schifezze nell’atmosfera. Non per fare il pappagallo dei vari Walter Veltroni, Barak Obama e Hillary Clinton ma “Yes, we can”.

Nella già citata relazione tenuta a Brindisi, Vittorio di Sambuy ha detto:

“Per raggiungere l’ambizioso obiettivo di “zero emissioni” va scartato il motore endotermico, anche se alimentato con combustibili ecologici come per esempio l’etanolo per i motori a scoppio o gli oli vegetali per quelli diesel. L’anidride carbonica emessa dallo scarico di un motore alimentato con combustibili biologici produce CO2 ma questo non influisce sul suo volume totale nell’atmosfera né perciò sull’effetto serra, giacché si tratta di quello atmosferico fissato dal vegetale al massimo qualche anno prima. Ciononostante si provocherebbe ancora inquinamento con gli ossidi di azoto, zolfo e il particolato. Sarebbe una soluzione poco ecocompatibile.”

E poi ha aggiunto:

“Non è necessario aspettare futuribili soluzioni estreme, peraltro già esistenti, come l’impiego di idrogeno per la propulsione elettrica con celle a combustione, tecnologie utilizzate su due sommergibili della nostra Marina Militare ma ancora lontane per un impiego generalizzato, sebbene esista un progetto della Feadship olandese (F-Steam 55 de Voogt) basato sugli stessi criteri.

Oggi sono già mature tecnologie correnti applicabili a imbarcazioni mosse da motore elettrico alimentato da batterie di accumulatori che possono essere ricaricate durante le soste in porto prelevando energia dalla rete.

Esiste già in commercio un maxiscooter che monta un motore elettrico da 20 kW (7 kW continuativi) ed ha un’autonomia di 110 chilomtri a 40 km/ora. Per ricaricare le batterie si collega con la rete elettrica la cui energia è però in massima parte prodotta in centrali dove si bruciano gas o altri derivati petroliferi. Su questo mezzo le emissioni inquinanti non vengono eliminate ma solo trasportate altrove, alle ciminiere delle centrali.

Per una barca a zero emissioni è quindi necessario ricaricare le batterie in altro modo, per esempio con pannelli fotovoltaici.

L’energia solare che cade sulla terra varia con la latitudine e raggiunge il suo massimo nel Pacifico e Atlantico meridionali con 6,92 kW/mq. In Mediterraneo se ne può captare, con i pannelli, solo una parte, raramente più di 1,5 kW/mq.

La grande area di coperta su cui è possibile installare i pannelli su un catamarano conferisce a questo tipo di scafo un vantaggio non trascurabile. Le batterie di accumulatori pesano molto, le moderne però assai meno dei classici modelli al piombo: quelle al nickel/idruri metallici hanno una capacità di circa 100 Wh per kg di massa mentre quelle a ioni di litio superano i 180 Wh/kg.

Va notato che in barca il peso delle batterie penalizza assai meno che su un automezzo, ciononostante esso rappresenta ancora un ostacolo tecnologico alla loro diffusione. Ovviamente un veliero può fare meglio dello scooter citato anche perché il peso delle batterie gli può servire da zavorra”.

Per concludere Vittorio di Sambuy ha fatto riferimento ai materiali di costruzione sostenendo:

“Oggi la maggioranza delle imbarcazioni è costruita in vetroresina che, a parte il fatto non trascurabile di non essere recuperabile, ha i suoi componenti derivati dalla petrolchimica.

I velieri moderni da competizione sono poi diventati delle macchine assai sofisticate costruite con materiali preziosi come le fibre di carbonio e titanio e si sono visti anche dei bulbi in uranio impoverito. Per essere eco-compatibile un veliero non basta che sia a zero emissioni ma dovrebbe non incorporare tutto ciò che ha a che fare con idrocarburi e petrolchimica, a cominciare dai materiali di costruzione, escludendo perciò legni esotici e pregiati, ahimè spesso provenienti dalle ultime foreste pluviali, nonché resine e polimeri vari, le fibre di carbonio, i metalli non convenzionali, spesso inquinanti eccetera. Andrebbero invece impiegati soltanto materiali recuperabili e riciclabili come l’alluminio e le sue leghe, il vetro e il legno non solo in massello ma anche sotto forma di compensato e pannelli truciolari, utilizzando per le vele, il sartiame, i cavi in generale e il cordame per le manovre correnti le fibre di origine vegetale come juta, cotone e raion (che è cellulosa), eliminando nylon, dacron, terilene eccetera perché di origine petrolchimica”.

In conclusione Vittorio di Sambuy propone un catamarano a vela con il ponte di ricoperto di pannelli solari.

Dall’altra parte dell’oceano Atlantico, il mio amico Franco Harrauer (che non era presente a Brindisi quando di Sambuy parlava), ha invece “aggiornato” quella sua vecchia proposta di barca “eco”. C’è qualcuno che vuol proiettarsi nel futuro? Cantieri, utenti del mare?

Il mondo degli scooter e delle automobili lo sta già facendo. E noi? Fermi in banchina a scioperare come i pescatori?

Questo articolo è stato pubblicato nel fascicolo di agosto 2008 della rivista “Barche” e qui riprodotto per g.c. dell’autore. – Tutti i diritti riservati. Note Legali

Tags: Antonio Soccol, Nautica e pannelli fotovoltaici, Propulsioni a energia solare
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2 commenti
  1. Antonio Soccol
    Antonio Soccol dice:
    18/01/2011 in 19:20

    Ha ragione.

    Le vele oggi impiegate sono meno efficienti di quelle che usava Cristoforo Colombo… E’ mancata la voglia di migliorare. Se la ricerca nel settore dei pannelli solari continuerà forse, fra qualche anno, potremo avere vele fotovoltaiche e non sarà un ambaradan ingestibile.

    C’è già chi le sta studiando… Non rimane che aver fiducia nei progressi della tecnologia. E nella spinta creativa…

    Antonio Soccol

  2. Mauro
    Mauro dice:
    16/01/2011 in 10:42

    Caro Soccol,

    vi ho scoperto solo ieri e per fortuna era sabato!!

    Tutto il giorno passato a divorare i vostri interessantissimi articoli. Sono un ingegnere e mi interesso particolarmente di fotovoltaico, francamente non credo che allo stato attuale esso sia la soluzione per la propulsione marina: per un KW di potenza all’utilizzatore servono ca. 10 mq di pannelli orientati a Sud ed inclinati bene, 13 per l’amorfo; altrimenti la superficie aumenta e di molto.

    Se lo immagina lei su di una barca tutto questo Ambaradan?

    Mi colpisce il fatto che forse non si sia guardato a quello che c’è già. Parlo ovviamente della navigazione a vela, anch’essa ad emissioni zero o quasi.

    La vera sfida tecnologica dovrebbe essere quella di rendere la navigazione a vela la più semplice e la più sicura possibile, forse non si faranno più i 40 nodi e forse nemmeno i 20, ma avremo la possibilità di riscoprire il Mare e non delle strade d’acqua sulle quali muoverci per arrivare prima dove troveremo altri che, come noi, volevano arrivare prima.

    Cordialmente

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