La barca elettrica
di Vittorio di Sambuy
Nel mio articolo “Dayboat elettrico” pubblicato su Altomareblu il 23 marzo 2009, lanciavo una proposta di studiare una barca elettrica da usare per andare a spasso nel modo più ecocompatibile possibile.
Al recente convegno Ucina Satec svoltosi a Venezia il 16 maggio u.s., ho scoperto che una barca del genere è in costruzione presso la Franchini yachts, per consentire di fare il giro d’Italia “senza consumare benzina” e la dovrebbe condurre Patrizio Roversi (il “velista per caso”).
Lo scafo sarebbe un trimarano di circa 8 metri, dotato di celle fotovoltaiche che mantengono cariche le batterie. Il motore è da 1,6 kW. In caso di emergenza, per raggiungere l’approdo più vicino, la linea d’asse è collegabile a una pedaliera. Se il progetto, dovuto all’architetto Stefano Grande, titolare del corso di laurea in disegno industriale presso l’Università di Genova, ottenesse il successo (che si meriterebbe), si aprirebbe un nuovo scenario, quello della “NAUTICA MINIMA”.
Una nautica nuova, che segua nuovi criteri mirando a nuovi obiettivi. Un nuovo SISTEMA per rilanciare il turismo al mare, diventato sempre più costoso. Come un qualsiasi sistema esso dovrà coinvolgere molti attori e basarsi su infrastrutture idonee.
Proverò a sintetizzarlo.
Utilizzando un dayboat elettrico, carrellabile, si può cercare alloggio, a prezzi abbordabili, anche non nelle immediate vicinanze del mare (o lago che sia). Fra le dotazioni di bordo un lungo cavo avvolgibile per collegarsi nottetempo a una presa elettrica per ricaricare le batterie.
Indispensabile uno scivolo da cui varare la barca e ovviamente un vicino parcheggio dove lasciare auto e carrello durante la giornata. Per ispirarsi basta guardare agli scivoli con annessi piazzali esistenti in Usa. Per le emergenze (batteria scarica o avaria) possono servire o un piccolo gruppo elettrogeno o una pedaliera o magari una vela ricavata da un tendalino parasole di forma e misura opportune: anche qui basterebbe ispirarsi ai cosiddetti “Kite rigs” inventati settant’anni fa che, come le vele delle tavole, non fanno sbandare la barca.
Con questo SISTEMA si potrà fare una vacanza nautica evitando i costi e le folle che si ammassano sulle spiagge.
Chi lo vuole studiare?
Gentile Marco Busdraghi,
mio malgrado, sono stato costretto a “moderare” il tuo commento perché contrario alle politiche di moderazione di questo CMS/blog sulla nautica. I motivi li trovi al paragrafo “Limiti di moderazione dei commenti” alla seguente pagina: Note legali AltoMareBlu.
Sicuri della buona fede, sicuri di leggerti nuovamente in AltoMareBlu,
cordialmente,
Alessandro Vitale
Propongo di visitare i seguenti link da cui si capisce che il progetto è fattibile e possibile dato che da anni c’è chi progetta e costruisce barche elettriche anche con pannelli solari come alimentazione primaria.
Saluti a tutti
electric-boat-association.org.uk
electricboats.co.uk
Marco Busdraghi
Grazie Sergio per le tua corretta e completa informazione e per l’aiuto che ci fornisci nel rispondere correttamente ai nostri gentili lettori!
Giacomo Vitale
UCAS : ufficio complicazioni affari semplici.
Mi riferisco e commento l’intervento chiosato da Giacomo Vitale.
Una autocitazione è d’obbligo. Vedi mio pezzo su Vela e Motore del 2008 – prima della crisi, insomma, quando tutti sognavano il sognabile, di cui il testo di seguito:
SE IL DESIGN E’ “ECO”
Riflessioni dopo EcoBoat, incontro per divulgare le nuove prospettive del design sostenibile organizzato da YC Milano.
I designers possono contribuire a rallentare il degrado ambientale più degli economisti, dei politici, delle Imprese e anche degli ainbientalisti”. Qui la citazione di Alistair Fuad-Lukc(guru dell’architettura eco-sostenibile) mi attira allo Yacht Club Milano dove si svolgeva l’incontro del Clac, Marerial Connexion e Led (Istituto Europeo di Design) per presentare i risultati raggiunti e i prossimi obiettivi nel campo dei materiali di arredo
ecologici. Il lutto finanziato da Regione Lombardia e Unioncamere Lombardia e sostenuto dal Hot Lab Yacht & design, giovane e dinamico studio milanese di design, anche nautico. Il sottotitolo della conferenza srampa sottolinea le opportunità della progettazione ecosostenibile il diporto. Nota positiva:
l’incontro ha permesso ad operatori, progettisti e rappresentanti dalla stampa di contattare i rappresentanrì del Clac e della Mcm – una materialoteca (orrendo neologismo nato per identificare una “raccolta consultabile” di materiali innovativi eco oriented).
Sono stati presentati tre progetti di gruppi di studenti dello Ied, in pratica tesine di fine corso aventi come oggetto mezzi nautici:
e visto che sognare è gratis – maxi yacht, ovviamente a motore. Dove con acrobazie formali e tecnologiche, vento e sole vengono trasformati in energia. Forse utilizzare direttamente il vento “as is” era troppo banale.
La forma delle presentazioni era impeccabile. Non si può dire lo stesso delle entusiastiche ingenuità in nome dell’ecologia (inclusi puf di pietra, prati d’erba e grotte – per fortuna sotto il ponte di stazza – con pareti in pietra).
Aiuto! Dei tre lavori il più difendibile era il al progetto Windblow impostato sulla circolazione dell’aria a bordo. Per non perdere il filo con la “irrealtà virtuale” c’era un improbabile recupero energia con generatori ad asse verticale sistemati negli interponte. Bei problemi per lo strutturista che dovrà cercare di far stare insieme il tutto. Ma forse anche problemi di rumore: i generatori non sono facilmente silenziabili.
Velo pietoso su ventoline, su ombrelloni, o parasole con cellule fotovoltaiche destinate a volar via alla prima refola, per non parlare delle finestrature stile vetrina Montenapo sulle murate. Nuovi materiali, nuove strutture, ma un po’ di vecchio buon senso e conoscenza del mare non devono mancare nel bagaglio culturale del progettista nautico. Anche e soprattutto di interni.
S. Abrami Yacht Designer
Qualcuno mi ha detto che ero stato crudele. Il mercato lo è stato ancora di più. Notizia del giorno : scompare – per mancanza di liquidità l’UCINA danese. Crudele realismo scandinavo.
Da IBI news di ieri sera:
The Danish boating industry association cites a lack of liquidity as the main reason for its closure Danish boating industry federation Danboat has closed its doors after 50 years in business.
The decision to close was a direct consequence of the cancellation of this year’s Aarhus floating boat show (Flydende Fritid 2011), says Danboat in a statement. The annual event, due to be held in Marselisborg harbour in September, was cancelled due to poor exhibitor participation.
“The expected proceeds from this show were vital for Danboat’s liquidity,” reads the statement. “It wasn’t possible for the board to raise the capital needed, so the heavy consequence has to be taken to cover the debts.”
Danboat is a member of ICOMIA, the International Council of Marine Industry Associations.
Traduzione:
L’associazione nautica danese cita una carenza di liquidità, come la ragione principale per tale federazione del settore nautico Danboat che ha chiuso i battenti dopo 50 anni di attività. La decisione di chiudere è stata una diretta conseguenza della cancellazione dello show di Aarhus quest’anno barca galleggiante (Flydende Fritid 2011), dice Danboat in un comunicato. L’evento annuale, che si terrà a Marselisborg porto nel mese di settembre, è stata annullata a causa della scarsa partecipazione degli espositori. “I proventi attesi da questo spettacolo sono stati di vitale importanza per la liquidità Danboat”, recita la dichiarazione. “Non è stato possibile per il consiglio di aumentare il capitale necessario, in modo pesante la conseguenza deve essere preso per coprire i debiti”. Danboat è membro di ICOMIA, il Consiglio Internazionale delle Associazioni dell’Industria Marine.
Gentile Dionisio De Carolis,
mi permetto di giocare con te dicendo che devi proprio essere “matto” per pensare una cosa simile… Non voglio inoltrarmi in complicate spiegazioni tecniche, ma l’idea mi sembra impraticabile, poichè occorrerebbe un’elica di notevoli dimensioni per far muovere la barca, senza pensare alle difficoltà dovute al pericolo generato da grosse pale che girano… Sinceramente non vedo vantaggi… ma molti pericoli!
Grazie per averci scritto!
Cordiali saluti,
Giacomo Vitale
Non sono un ingegnere, ne un “praticante di barche”, ma uno dei tanti “matti” che pensa di essere un novello Leonardo Da Vinci.
Visto che del “matto” me lo sono detto da solo, adesso vi dico la “mattana”. Le barche a vela si muovono con il vento si sa, ma hanno molte limitazioni. L’ingombro delle vele, la loro delicatezza e una continua manutenzione, con costi alti. Poi in navigazione bisogna saper “prendere il vento”, quindi manovre complesse, personale specializzato ecc… L’idea è questa: se invece delle vele una barca avesse una o piu’ pale eoliche non sarebbe un vantaggio?
Si potrebbe collegarle a delle eliche con una spinta ben più potente, inoltre potrebbero prendere qualsiasi vento e da qualunque direzione senza manovre complesse. Inoltre, durante le tempeste basterebbe bloccare le pale. Infine, durante le soste possono servire per caricare le batterie di bordo.
Questa è l’idea e spero che qualcuno mi degni di una risposta.
Salute a tutti.
Sicuramente questo è un progetto ambizioso, tanto di cappello a tutti quelli che fanno ricerca in questo campo. Ho creato addirittura un’azienda per costruire una imbarcazione con propulsione elettrica.. il risultato, assurdo, è stato che per omolgare un mezzo secondo le vigenti norme, bisogna installare obbligatoriamente un generatore a bordo!
Ho alla fine realizzato un 42′ da 37 nodi di velocità massima, in grado di navigare per 18 ore a piena potenza ed in assoluto silenzio… Spero solo di poter evolvere il motore per non avere più la limitazione di tempo.
Purtroppo, l’energia non si crea dal nulla e ad oggi il miglior rendimento peso/potenza è ancora quello della maledetta benzina.
Avanti all’innovazione e al debellamento degli idrocarburi!
Ciao Ivan,
i progetti sulla propulsione elettrica certamente devono essere interessanti e innovativi, senza ricorrere assolutamente a tutte quello forme che riportano l’acquisizione di energia estratta dai residui fossili.. Sarebbe tutto inutile e dannoso per noi stessi e per la natura…
Ciao,
Giacomo
Salve,
invece trovo il progetto molto interessante e secondo me varrebbe la pena di tentare comunque!!
Tutte le cose che ci sono a questo mondo sono state provate e riprovate prima di renderle perfette quindi perchè cestinare un’ idea alternativa al classico consumo di motori endotermici!
Io sarei molto interessato ad un progetto del genere.
Ivan
Tutti i progetti innovativi all’inizio presentano difficoltà, ma vale la pena di tentare. In pieno sole qualche metro quadro di pannelli solari fornisce certo una buona spinte ad una barca e le batterie di accumulo possono servire anche da zavorra. Di notte si può solo navigare nei limiti delle capacità delle batterie e se manca il sole… Ma perchè non avere a bordo un piccolo motore fuoribordo per l’emergenza, solo per l’emergenza, così come si fa genaralmente per le barche a vela?
Cordiali saluti
Pietro
Buonasera,
io non so se il progettista di questa cosa sia o no un diportista, ma onestamente credo di no. Una volta c’era un bazelletta dove si diceva che per mettere quattro elefanti in una 500, bisognava metterne due davanti e due dietro…
Io credo che l’inquinamento da idrocarburi che la nautica da diporto crea, sia assolutamente minimo, spece con i motori di nuova generazione… L’inquinamento che è davvero osceno, è costituito dalla quantità di olio che si riversa nel mare, dai filtri esausti che galleggiano nei porti, dai sacchetti di plastica che galleggiano nel mare e continuo cosi.
I pannelli solari, hanno difficoltà ad alimentare autonomamente una piccola utenza di bordo, figuriamoci il motore. Poi l’idea di collegare i pedali in caso di emergenza, non saprei se catalogarla come stupidaggine o ciminosa… La cosa di collegare le batterie ad una presa di corrente, è onestamente pure peggio in quanto, non si fa altro che spostare il luogo di produzione di CO2 da un posto ad un’altro (centrale elettrica) con l’aggiunta che il trasporto di energia elettrica da un luogo all’altro ne crea una dispersione a causa dell’attrito. (In media credo il 40% dell’energia si perde per strada.)
Io non so caro signore se con questa proposta voglia mirare a finanziamenti pubblici o cosa, però credo davvero che sia fuori strada.
Perdoni la franchezza, ma sono fatto così.
Saluti, Massimo.