Una portaerei ante litteram
di Franco Harrauer
Una ricerca storica sulle origini delle eliche di superficie (o ventilate), diventate oggi di uso comune nella progettazione di imbarcazioni veloci da diporto o militari, ha portato ad una curiosa ed interessante scoperta-innovazione che risale alla fine del primo decennio del secolo appena trascorso.
Le prime eliche di superficie furono, infatti, applicate su scafi veloci progettati dall’ingegnere canadese William Albert Hickman e vennero da lui brevettate nel 1913.
In realtà Hickman ideò e brevettò anche un nuovo tipo di opera viva, chiamata “sea sled” (slitta marina): aveva la caratteristica, questa carena, di avere una geometria a V invertito, tale da formare un tunnel che terminava su uno specchio di poppa a diedro nullo, cioè piatto. Su questo specchio erano applicate due eliche controrotanti il cui disco o area, era immerso in acqua per il 45 %, senza che l’asse e la struttura di sostegno dell’elica offrissero alcuna resistenza all’avanzamento, quella, per l’appunto, detta “resistenza di appendice”o “drag” (attrito) in inglese.
Le imbarcazioni di Hickman risultarono velocissime in quanto “planavano” ed erano sostenute dall’aria compressa entro il tunnel di chiglia.
L’inventore canadese (che però sin dall’infeanzia viveva negli Stati Uniti) propose e costruì scafi da corsa che risultarono vincenti
in tutte le gare motonautiche dell’epoca ma le sue proposte di pattugliatori e motosiluranti non trovarono molta comprensione ed interesse da parte dell’US Navy, per motivi più “politici” (con tutto quello che questa parola significava allora e significa ancor oggi) che tecnici.
Uno dei problemi dei primissimi aerei impiegati in azioni belliche (sto naturalmente parlando della I° Guerra Mondiale, quella del 1915- 1918) era l’autonomia in relazione all’obiettivo.
Per questo, per esempio, le basi degli Zeppelin tedeschi che bombardavano Londra, situate nella penisola dello Jutland, erano irraggiungibili dai Sopwith Camel della Royal Naval Air Service che avevano un’autonomia di due ore alla velocità di 150 km/h.
Il colonnello Samson pensò di far decollare il suo Camel da una piattaforma di un pontone di 12 metri, trainato sino a metà strada dall’obiettivo, da un cacciatorpediniere alla velocità di 35 nodi. Il tentativo riuscì ma il problema di far decollare i bombardieri più grandi e pesanti, che necessitavano di decolli lunghi e veloci, era ancora lungi dall’essere risolto.
Però l’idea dell’esperienza positiva ottenuta dal piccolo Camel aveva varcato l’Atlantico. Hickman, che aveva già sperimentato uno scafo da 15 metri, motorizzato con due gruppi “Liberty” a V da 400 cv, e proposto all’US Navy come silurante da 40 nodi, suggestionato dall’idea dell’accoppiamento carena “sea sled” / aeroplano, nel 1918, offrì all’Army Air Corp (la futura US Air Force) la soluzione al problema di far decollare i suoi bombardieri Caproni con un peso di 7 tonnellate.
Hickman allestì un suo “sea sled” di 18 metri propulso da due motori “Liberty” (gli stessi che equipaggiavano il Caproni). Le prove di questa piattaforma semovente diedero come risultato una velocità di 47 nodi a pieno carico.
Il bombardiere Caproni CA 42 fu caricato sul natante e, con la potenza complessiva di 2000 cv (i due motori Liberty da 400 cv dello scafo ed i tre del Caproni di analoga potenza), la piattaforma raggiunse i 61,7 mph, permettendo così il decollo del velivolo che, a circa 100 km/h (62,2 mph), poteva riuecire a decollare e a volare nonostante il suo fortissimo peso iniziale.
Nella nostra ricerca, siamo riusciti a ritrovare una foto (da stampa) del Caproni su “sea sled” nello sfondo della quale appare anche un idrovolante Curtiss H 16. Manca, purtroppo, una immagine fotografica del preciso istante del decollo del bombardiere dallo scafo.
Però conoscendo la geometria sia della “sea sled” che del Caproni, ho ricostruito, in una “artistic impression”, il momento del decollo del pesante veivolo da guerra da questa straordinaria e incredibile portaerei, assolutamente ante litteram.
Per la cronaca, aggiungerò solo che la fine del conflitto mondiale rese inutile l’applicazione di questo particolare “natante” sui vari fronti militari.
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