Una “Slitta marina” in scala
di Antonio Soccol
Foto di Leonardo Petroli
Gli ho dato un disegno, tre foto storiche (due della barca e una di un’elica d’aereo) e un faro. Lui ha lavorato per non so quante centinaia di ore e alla fine mi ha fatto sognare. Ed emozionare.
Lui si chiama Leonardo (un nome, un destino) Petroli ed è uno dei più bravi modellisti del mondo.
Ma andiamo per ordine: forse alcuni lettori ricorderanno che nello scorso mese di gennaio 2007, in questa stessa rubrica (vedi “Barche” 01/07 a pagina 222 e nel blog vedi alla url Una strana affascinante e misteriosa slitta marina – l’idroscivolante avevo parlato di una strana barca costruita a Venezia da mio padre Celeste Soccol.
Avevoscritto allora:
Fu intorno ai primissimi anni Trenta che mio padre si impegnò nella costruzione di una barca assolutamente inconsueta, inedita e rivoluzionaria.
Il 26 settembre del 1914 la rivista “Scientific American” aveva pubblicato un articolo che iniziava con queste parole: “A new type of vessel, wich promises to revolutionize water craft and wich takes the same place on the water the automobile does on land” (Un nuovo tipo di natante che promette di rivoluzionare il mondo nautico e che prende sull’acqua lo stesso ruolo che ha avuto l’automobile sulla terra). Il testo descriveva il brevetto di una carena speciale, depositato in quello stesso anno dal canadese William Albert Hickman. Questa carena si chiamava “sea sled”.
Mio padre, circa venti anni dopo ma per la prima volta in Italia e quasi certamente in Europa, decise di costruire una barca (che, in onore e per rispetto al legittimo inventore, chiamò “slitta marina”) proprio con questa particolarissima carena (se volete immaginarla pensate all’opera viva di un Boston Whaler perché, infatti, proprio a quella si è fortemente ispirato Ray Hunt quando ha disegnato il leggendario barchino reso poi popolarissimo dalla Fisher & C.).
Ma com’era questo scafo costruito a Venezia? Un’opera viva, tipo “sea sled” di William Albert Hickman dunque conteneva un potente motore che azionava due trasmissioni: una aerea e una marina. La prima utilizzava eliche in legno di bombardieri austriaci della guerra 1915/ ’18
La seconda era un’elica, a tre pale, di superficie: la prima costruita in Italia e, quasi certamente, anche in tutta Europa. Lo scafo era caratterizzato anche da una corta ala che sporgeva, a poppa via, al di sopra della sala macchine. (Quest’ala era chiaramente installata per produrre, in velocità, un sostentamento dinamico addizionale e ridurre, in senso idrodinamico, la resistenza della carena). C’era, infine, una cabina che poteva ospitare nove passeggeri più il pilota: l’idea era di sfruttare lo strano natante per collegamenti veloci sulla tratta Venezia-Trieste, come farebbe oggi un aliscafo. Ma se ne occuparono anche i “servizi segreti” dell’epoca…
Dal disegno del progetto sappiamo con certezza che lo scafo era lungo 8,30 m ft su una larghezza di 2,40 m, mentre l’ala aveva una “apertura alare” di 4,40 m e una corda di 1,20 m con un sostentamento totale di poco superiore a 5,25 mq.
Aveva due timoni montati molto lateralmente, invece che vicino alla linea di chiglia.
In sintesi si trattava di un idroscivolante che accoppiava alla spinta aerea quella super “veloce” di un’elica marina di superficie e il tutto su una carena ad altissima efficienza (su acque calme) come erano tutte le “sea sleds”.
L’unica cosa che non si sa con precisione a proposito di questa imbarcazione è la potenza del motore installato: di certo era raffreddato ad aria per il notevole rumore che faceva durante le prove (c’è gente che lo ricorda ancor oggi) e quindi era sicuramente di tipo aeronautico. Cosa tutt’altro che improbabile visto che, prima di approdare alla Fiat, mio padre, nel 1910-11, aveva svolto l’incarico di “Capo-motorista” alla Officine Miller-Costruzioni Areonautiche di Torino che producevano, fra l’altro, proprio motori per aeromobili.
Che fine ha fatto questa “slitta marina” di cui sono rimaste solo un faro e due fotografie oltre al disegno del progetto? Di tutte le eliche aeree usate nelle prove, se ne è salvata solo una che troneggia oggi, come una splendida scultura, nel salotto di casa mia. Il motore se lo presero gli “alleati” (inglesi) quando, nell’agosto del 1945, piombarono in cantiere razziando tutto quello che aveva un po’ di valore e lasciando come unica motivazione la trucida frase “preda di guerra”. Il giorno dopo mio padre morì di commozione cerebrale e, qualche tempo dopo, lo scafo venne tagliato a pezzi e usato come legna da riscaldamento per quei freddi anni di dopoguerra.
Secondo calcoli fatti da Renato “Sonny” Levi, ipotizzando un motore aereo da 300 cv, la velocità di questa barca, a metà carico, poteva essere di 42 nodi. A pieno carico di 37,4 nodi e, a barca leggera, di ben 47,8 nodi.
Fin qui la storia. Ma la mia “avidità morale” non si è fermata e mi ha suggerito di prendere contatto con Leonardo Petroli e di chiedergli di realizzarmi un modellino di quella “slitta marina”.
Chi è Petroli? Nel mondo del modellismo nautico è entrato nel 1953, all’età di 12 anni… e da allora ha seguito il suo hobby con feroce determinazione. In oltre cinquanta anni ha vinto dieci medaglie d’oro ai campionati italiani di questo settore, una medaglia d’oro agli Europei e una d’argento ai Mondiali. A questo ricco palmares si aggiungono due medaglie d’oro vinte ad un concorso indetto dal Museo della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano per “lo studio e la realizzazione dei meccanismi che riproducono il movimento dei remi” sulle antiche navi romane. Ma la cosa che maggiormente gli ha dato gioia e soddisfazione è stata il riconoscimento del suo lavoro che ha fatto quel perfezionista assoluto di Carlo Riva (il fondatore dei cantieri Riva di Sarnico). Di lui, il costruttore degli Ariston, Aquarama eccetera, in una intervista ufficiale, ha detto:
Le opere di Petroli non sono modelli di motoscafi, ma… dei veri piccoli motoscafi.
Per realizzarmi il modello di “slitta marina” Petroli ha impiegato più di un anno, producendo ogni più piccolo dettaglio dopo accurate ricerche e lunghe conversazioni (con me) sulle caratteristiche degli elementi nautici di quei lontani anni Trenta. E’ stato un lavoro entusiasmante e piacevole, studiare assieme le geometrie di ogni particolare, dalle bitte alle eliche, dal volante ai colori del legno, dalle dimensioni del bottazzo a quelle del castello che regge l’elica aerea, dall’ala ripieghevole ai fanali di via. Per concludere con quel faro che troneggia a prua dello scafo nelle due immagini fotografiche pervenute a oltre 75 anni di distanza e che, per buona sorte, era rimasto fra i cimeli di quel cantiere. Questo è stato davvero l’elemento clou del mio rapporto con Leonardo Petroli.
Saputo della esistenza materiale di questo fanalone, mi ha pregato di fotografarlo da ogni punto di prospettiva e vista possibile. Sono andato a Venezia dove il faro aveva la sua dimora ufficiale e ho consumato quasi una memoria intera della mia fotocamera digitale… Ma montagne di fotografie non gli sono bastate. Vedevo, infatti, Petroli perplesso e “scontento” finché alla fine ce l’ha fatta a chiedermi: “Senta… Non è che potrei averlo per alcuni giorni, questo benedetto faro, così mi prendo tutte le quote e lo riproduco per bene?” Allora sono tornato a Venezia e me lo son fatto, mmm…, “prestare” da mia sorella Silvana e da suo marito Nani e l’ho portato a Milano.
Petroli lo ha rifatto in scala 1:20 in modo semplicemente perfetto, fondendolo in ottone con la tecnica “a cera persa”. E poi lo ha installato a prua di “slitta marina” così come risultava dalle fotografie storiche di quella imbarcazione. E’ assolutamente identico all’originale.
Altro elemento di profonda attenzione sono state le linee d’acqua di questa carena “sea sled” per le quali una valida collaborazione mi/ci è stata data dall’architetto Giorgio Barilani, ex responsabile dell’Ufficio Tecnico dei cantieri Riva. Ci ha dedicato un bel po’ di tempo per ricostruirle quelle inconsuete line dell’opera viva e il suo lavoro è stato davvero utile. Grazie Giorgio!
Per concludere devo specificare che Petroli ha, a latere del suo laboratorio, un vero e proprio “studio fotografico” dove, con una Hassemblad 6×6 e una digitale di recente acquisto, documenta ogni fase di ogni suo lavoro. Così, quando mi ha consegnato il modellino di “slitta marina” mi ha dato anche un cd con tutto lo sviluppo fotografico della sua straordinaria realizzazione. Cosa pretendere di più?
E adesso cosa succede?
Beh, ragazzi: adesso, per un po’, me lo godo io questo “pezzo unico” della nautica famigliare, veneziana, italiana e europea.
Poi, se lo gradiranno, intendo regalarlo al Museo Navale dell’Arsenale di Venezia dove, a mio avviso, è giusto che abbia la sua sede deputata.
Pubblicato nella rivista ”Barche” di febbraio 2008 rubrica “Navigando navigando”. p.g.c. – Tutti i diritti riservati. Note Legali
Caro Vincenzo,
non so se facciamo in tempo per il 6° Salone del mare di Venezia.
Grazie, comunque, per l’invito: davvero molto simpatico. Magari ci sentiamo direttamente.
Un abbraccio,
Antonio Soccòl
Ciao Vincenzo,
vedo che ci segui sempre attentamente e ne siamo molto contenti. Ovviamente condivido tutto quello che dici e certamente Antonio Soccòl leggerà e ti risponderà in merito.
L’idea di Antonio di far costruire questo modello della slitta marina, già a suo tempo costruita nella realtà dal padre Celeste è stata straordinaria ed emozionante ed un BRAVISSIMO va certamente all’eccellente modellista, al secolo Leonardo Petroli, che l’ha realizzata con molta cura dei dettagli e straordinariamente “vera”.
Un caro saluto.
Giacomo
L’anno scorso,
ha fatto bella mostra l’idro T108 al 6° salone del mare di Venezia – tra pochi giorni ci sarà la 7^ edizione – sarebbe molto bello ammirare l’opera del maestro Leonardo Petroli -lavoro davvero impagabile – l’eventuale collocazione al museo navale di Venezia mi sembra una buona idea – ma sopratutto – far conoscere alle nuove generazioni… quello nel passato è stato fatto, stimolare le nuove idee con le tecnologie attuali… nulla si butta via!!
Vincenzo