Natale a New York
di Franco Harrauer
All’agente Charles Mancuso non dispiaceva il lavoro notturno e una volta alla settimana era comandato in servizio di sorveglianza della zona portuale di Brooklyn.
Solo con i suoi pensieri, piacevolmente passeggiava tra le navi ferme e silenziose ormeggiate ai moli dell’East River. Quella sera, Vigilia di Natale del 1943, un vento freddo da nord spazzava il bacino che era chiamato River, ma in realtà era un braccio di mare che collegava la baia di New York con il Sound e formava la grande Long Island. Brooklyn era nel punto più stretto dell’East River di fronte alla penisola di Manhattan. Mancuso si strinse di più nell’ampio e pesante cappotto d’ordinanza e affondò le mani gelate nelle tasche, tenendo il bastone sfollagente sotto il braccio.
Non aveva rimpianti per quella notte passata fuori dalla sua casa vuota, da quando era mancata Mary alcuni anni prima e la sua vita era cambiata. Ora anche Jim l’unico figlio era partito, dopo un periodo di addestramento con la sua divisione di fanteria, per l’Europa e Charles sapeva che era sbarcato in Sicilia e stava risalendo la penisola italiana con la V armata. Forse la guerra sarebbe finta risparmiandolo, mentre l’Italia era sull’orlo della sconfitta e la Germania si difendeva con i denti.
Charles pensò che forse Jim sarebbe passato per Napoli e avrebbe tentato di ritrovare i parenti che molti anni prima avevano salutato suo nonno in partenza per l’America con un folto gruppo di migranti italiani. Charles Mancuso, sergente del Sesto distretto di Polizia, si tirò su il bavero e si calò bene in testa il berretto , quando e girato l’angolo di un grande capannone, si trovò in testa al molo 312 investito in pieno dal gelido vento misto a nevischio. Il servizio di vigilanza era necessario per il grande quantitativo di materiali che giacevano sui moli e nei magazzini, in attesa di essere caricati sulle navi che in convogli partivano ai fronti europei. Ma quella zona del porto era isolata e recintata e di notte con il cessare del lavoro tutto era Tranquillo.
Davanti a lui Manhattan brillava delle luci di Natale, con il suo tormentato profilo di grattacieli che terminava bruscamente alla sua sinistra alla Battery Point,ove l’East River si univa all’Hudson. Dopo un anno di guerra l’oscuramento delle città costiere americane si era rivelato più dannoso che utile per la scarsa possibilità di incursioni nemiche e solo molte miglia al largo il pericolo era rappresentato dagli U Boot tedeschi. Alla sua destra il Ponte di Brooklyn separava la zona dell’Arsenale della Marina dove anche di notte il lavoro ferveva.
Mancuso estrasse faticosamente dal suo panciotto l’orologio e guardò l’ora, mancava poco allo scoccare della mezzanotte di Natale… Gli ultimi traghetti attraversavamo la baia verso Manhattan e di li a poco tutti sarebbero stati a casa innanzi ad un albero di Natale. Si accostò al limite della banchina, a pochi metri dall’acqua scura ed increspata dal vento. La luna piena sorta da poco illuminava la baia e la statua della Libertà si profilava contro il cielo chiaro e notturno. Sotto i raggi della luna l’acqua sembrava d’argento e questo spettacolo attrasse come sempre Charles.
Improvvisamente una sagoma bassa ed oscura emerse cautamente navigando verso il ponte a circa una cinquantina di metri dalla banchina, sulla quale era fermo Charles.
Adesso la cosa sembrava essersi fermata ed il poliziotto aguzzò lo sguardo puntando in quella direzione la luce della lanterna a pile che aveva automaticamente estratto dalla tasca del cappotto. Un grosso pesce? Un delfino che si era inoltrato nella baia? Il riflesso della luna rendeva difficile l’osservazione e Mancuso si stropicciò gli occhi per vedere meglio… e quando rimise a fuoco l’immagine, era sparita ed un lieve movimento d’acqua, come l’onda di un corpo sommerso, increspava l’East River.
Il Sottotenente di Vascello Massano dopo la brevissima emersione stabilizzò il battello a cinque metri dalla superfice, con l’imbarco di pochi litri d’acqua nella cassa della “rapida”. La manovra era stata facilitata dai timoni di profondità a prora, oltre alla bassa velocità di pochi nodi e grazie anche ad una corrente di marea contraria avevano reagito con efficacia. Era emerso cautamente per pochi secondi con la piccola torretta munita di oblò per una rapida osservazione e per fare il punto dopo l’ultimo rilevamento effettuato in mezzo alla baia e dopo essere passato nella stretto dei Narrows, contrastato da una forte marea in uscita.
Attraverso gli spessi cristalli aveva potuto fare una osservazione circolare, rilevando sul cerchio azimutale che aveva fatto istallare all’interno della torretta, i punti di rilevamento studiati sulla carta nautica. Aveva visto per 240° splendidamente illuminata, la statua della Libertà e per la reciproca di 60°, il ponte di Brooklyn. Era in mezzo all’East River con la sfavillante Manhattan a sinistra ed i moli mercantili di Brooklyn gremiti di navi a dritta. Nessun segno di allarme, salvo un piccolo faro che si era acceso improvvisamente su di lui da uno dei moli.
Alla fioca luce rossa dell’angusto interno lesse la batimetria dell’ecoscandaglio: due metri sotto la chiglia. Fece ridurre i giri del motore elettrico di propulsione al minimo, per contrastare la leggera corrente contraria e ordinò a bassa voce: “Diamo fondo una tesa di catena“. Il verricello idraulico all’esterno dello scafo filò l’ancora e pochi metri di catena con un cupo rumore sordo che fece vibrare leggermente il piccolo scafo, fermando e stabilizzando il piccolo battello a pochi metri dal fondo marino in completa immersione.
Quando ebbe la certezza che l’ancora aveva “agguantato” sul fondo fangoso, Massano fece arrestare il motore e abbassando la testa dal vano della torretta si girò nel piccolo compartimento. Tutto il suo equipaggio e gli operatori erano li: il fido Motorista Capo e quattro sommozzatori del reparto “Gamma” della X Flottiglia MAS, alla quale apparteneva anche il piccolo sommergibile tipo “CA-3” la più piccola unità operativa della Regia Marina Italiana lunga dieci metri e con un dislocamento di 12 tonnellate.
Ragazzi siamo a New York… siamo pronti per la consegna a domicilio dei regali di Natale?
La battuta ruppe la tensione accumulata in sei ore di navigazione cieca, impiegate per percorrere le venti miglia da Sandy Hookn all’East River, il loro obiettivo.
Il grande sommergibile oceanico “Fabio Finzi” aveva trasportato da Bordeaux, sulla costa francese occupata, il CA 3 (in realtà sarebbe stato usato il CA 2) saldamente vincolato alla sua coperta. Erano state 6.500 Miglia di navigazione tranquilla con rare immersioni sino in vista della costa americana. Poi con frequenti rilevamenti al periscopio, il Finzi si era avvicinato a New York e di notte era entrato cautamente nella baia di Sandy Hook e dopo un ultimo rilevamento sul faro di Coney Island, si era posato su un fondale di venti metri.
Alle 18 del 24 dicembre, protetto dall’oscurità che precede il sorgere della luna, il Finzi era risalito in affioramento; Massano, il suo motorista e di quattro operatori Gamma si erano rapidamente imbarcati sul piccolo CA 3 e richiusi i boccaporti, il grande sommergibile si era posato sul fondo sabbioso.
Effettuati i controlli e dato un leggero galleggiamento positivo, Massano attraverso il collegamento telefonico aveva dato ordine di allentare le grandi morse che lo trattenevano sul ponte del Finzi. Appena libero il CA3, alleggerito di pochi litri d’acqua, si staccò dal battello madre e messo in moto l’elettromotore si allontanò senza rumore navigando in direzione Nord, alla quota di cinque metri e alla velocità di quattro nodi.
I quattro operatori, già vestiti delle loro nere mute, misero a punto e controllarono i loro equipaggiamenti muovendosi con circospezione nel ridottissimo spazio a loro disposizione… tre metri che dovevano dividere con il loro comandante al suo posto di manovra. Verso poppa, al di la della doppia paratia che costituiva il compartimento allagabile per l’uscita subacquea degli operatori, era il piccolo regno del motorista con il motore elettrico, le pompe, il compressore e le apparecchiature di controllo.
In un compartimento cilindrico, sotto lo scafo resistente, erano alloggiate le batterie, mentre l’armamento era costituito da otto cariche esplosive di forma cilindrica, con cento chilogrammi di Tritolo collocato esternamente. Essendo di galleggiamento neutro, esse potevano essere trainate o spinte dai Gamma e sistemate con elettrocalamite sotto le carene delle navi nemiche.
Alle ore 00.24 del 24 Dicembre 1943 nella notte di Natale, sei marinai italiani entrarono nel cuore di New York o almeno avrebbero potuto entrarci… Tutto era nato nel 1941 a La Spezia, presso il comando della Decima Flottiglia MAS, quando la costituzione del gruppo incursori subacquei Gamma, che a nuoto avrebbe dovuto collocare sotto le carene delle navi nemiche cariche esplosive, mise in evidenza la necessità di un mezzo di avvicinamento capace di trasportare in immersione gli operatori, sin dentro i porti o gli ancoraggi del nemico.
Dovendo questo mezzo avere la capacità di entrare nell’obiettivo senza essere scoperto o mettere in allarme, dopo aver superato ostacoli e sbarramenti, era logico che le sue dimensioni dovevano essere minime, condizione che peggiorava e pregiudicava l’autonomia e la tenuta di mare necessarie al raggiungimento degli obiettivi partendo dalle basi italiane. Fu così preso in considerazione un minisommergibile capace di essere “portato” e rilasciato da un grosso sommergibile oceanico, particolarmente adatto per il trasporto.
A tale scopo la Regia Marina cedette due piccoli sommergibili sperimentali di tredici tonnellate alla X Mas. Si trattava del CA 1 e del CA 2, costruiti nel 1939 a Milano dalla Caproni, come siluranti per impiego costiero, ma che per tale compito avevano dimostrato scarse capacità. Riportati presso la Caproni, furono modificati secondo le nuove esigenze, eliminando il motore Diesel MAN da 60 HP, sostituito da un motore elettrico Marelli da 25 Kw con incremento dell’autonomia subacquea portata a 70 Miglia. Inoltre, fu eliminato il periscopio, sostituito da una piccola torretta vetrata, istallando una camera stagna con doppio boccaporto per la fuoriuscita ed il rientro degli operatori. Inoltre, all’esterno dello scafo al posto dei siluri, fu predisposto l’alloggiamento di un certo numero di cariche esplosive.
Il CA 1 assieme al gemello CA 2 fu provato lungamente sul lago d’Iseo a Montecollino presso la Caproni e successivamente a La Spezia, presso la base della Decima. Contemporaneamente a Bordeaux, dove era situata la base dei sommergibili atlantici italiani, fu modificato come trasportatore il sommergibile Leonardo da Vinci, istallando al posto del cannone di prora un alveolo con “morse” che trattenevano saldamente il piccolo CA. Nel luglio del 1942 il CA fu trasportato per ferrovia a Bordeaux presso la nostra base Betasom e al comando del Tenente di Vascello Massano effettuò una serie di prove di “distacco” e di “aggancio” dal “sommergibile madre”, sia in immersione che in affioramento con pieno successo.
Nel frattempo erano stati ordinati alla Caproni due altri CA, denominati sommergibile CA 3 e CA 4, con tutti i perfezionamenti suggeriti dalle prove di Bordeaux e della Spezia. I contenitori delle cariche furono spostati in alto, lo scafo fu allungato di quaranta centimetri con un disegno più idrodinamico e manovriero, con l’aggiunta di due timoni di profondità nella parte anteriore.
Nella primavera del ’43 i due nuovi CA erano pronti a La Spezia per gli allenamenti degli equipaggi e degli operatori. Prese forma in tal modo e in tal periodo l’idea di portare l’offesa dei mezzi d’assalto della Marina Italiana, che era stata finora limitata al bacino Mediterraneo (con azioni a Malta, Gibilterra, Alessandria ed Algeri), anche in Atlantico sulle coste degli Stati Uniti. Fu pianificato per il dicembre del 1943 il forzamento del porto di New York con partenza da Bordeaux ed usando come mezzo di avvicinamento il sommergibile Fabio Finzi del Comandante Rossetto, in quanto il Da Vinci era andato perduto in una missione in Atlantico il 24 maggio del ’43.
L’effetto psicologico sugli americani che non conoscevano direttamente la guerra e che non avevano subito ancora alcuna offesa bellica sul loro territorio, sarebbe stato enorme e le conseguenze in campo strategico e logistico, incalcolabili e di importanza enormemente superiore a quelle che potevano avere i risultati tattici dell’azione.
La proclamazione dell’armistizio l’8 Settembre 1943 bloccò tutte le attività dei CA e della Decima. L’occupazione da parte dei tedeschi di tutte le basi dell’Italia del Nord e nella Francia fece cadere nelle loro mani i mezzi navali ormai pronti per questa azione che fu l’unica pianificata e realizzabile. Proprio questa accurata pianificazione con la data prefissata per l’azione ci ha permesso di ricostruirla con l’immaginazione.
Perciò, l’agente di polizia Charles Mancuso, la sera di Natale del 1943 nell’East River vide solamente un delfino.
Caro Antonio,
i racconti di Franco Harrauer riguardanti la II Guerra mondiale, come hai avuto modo di dirmi in altra conversazione telefonica tra noi, raccontano episodi bellici tra il vero e l’immaginario che diversamente sarebbero finiti nell’oblio… Tuttavia, fa piacere leggere di una parte di quella storia controversa che ha dato lustro alla Marina Militare ed alla nostra Nazione.
Continua a seguirci e vedrai la sorpresa… non aggiungo altro per il momento e non te ne pentirai!!!
Grazie, un caro saluto.
Giacomo Vitale
Mi sono riletto il racconto e mi chiedevo quale possa essere il tema dei prossimi: non mi sorprenderebbe leggere qualcosa dal titolo “Mezzogiorno di fuoco a Gibilterra”…
… se solo fossimo riusciti a farlo!
Chiederò qualche dettaglio in più a Rossetto.