Oro nel blu – di Tealdo Tealdi
La ricerca dei relitti carichi di metalli preziosi è sicuramente una delle avventure più affascinanti per gli appassionati di mare e di subacquea. Con strumenti sofisticatissimi si riescono a recuperare i tesori anche a profondità di migliaia di metri.
di/by Tealdo Tealdi – foto/photos Archivio Odissey Marine Exploration
In Italia li conosciamo più per i libri di Emilio Salgari che per esperienze dirette e le avventure del Corsaro Nero o dei pirati della Malesia hanno rappresentato, per molti di noi e per diverse generazioni, un’irresistibile attrazione. Più recentemente quelli interpretati da Johnny Depp nella serie dei Pirati dei Caraibi, ci hanno di nuovo avvicinato a quel mondo ed ai loro tesori nascosti.
La possibilità di trovarli è però abbastanza remota, senza un’adeguata ricerca storica, mezzi tecnici e soprattutto, economici rilevanti. Se da una parte ricerche archeologiche famose, come quelle di Heinrich Schliemann, che nel 1872 scoprì in Anatolia il “tesoro di Priamo” o quella di Howard Carter, che trovò la tomba di Tutankhamon in Egitto nel 1922, sono rimaste famose, ma ormai coperte dalla patina del tempo, i più giovani sono rimasti affascinati dalle avventure d’Indiana Jones, impersonificato da Harrison Ford.
La maggior parte però è avvenuta sulla terra ferma, e anche se queste scoperte rappresentano una sfida, quelle fatte sotto la superfice del mare sono molto più difficili, stante la profondità a cui giacciono, a volte di migliaia di metri.
Famosa quella, dopo anni di ricerche, del galeone spagnolo Nuestra Señora de Atocha, affondato nel 1622, da parte dell’americano Mel Fisher nel 1971, contenente beni preziosi per € 230 milioni, con i quali riuscì a rientrare delle grandi spese effettuate.
Il più famoso ritrovamento è quello del Titanic, di cui Arte Navale si è occupata nel fascicolo 70, da parte di Robert Ballard, oceanografo, geofisico e collaboratore della National Geographic Society, che anche se non conteneva lingotti di metalli preziosi o monete d’oro, ha rappresentato uno dei punti di svolta mediatici più importanti di sempre.
La società leader a livello mondiale per esplorazioni a grande profondità è la Odyssey Marine Exploration, che ne ha effettuate negli ultimi 10 anni molte di grande successo, con lo scopo primario di recuperare metalli preziosi, gioielli e cimeli di navi affondate, che sono poi spesso esposti in musei od utilizzati per libri, programmi televisivi o di cultura.
Le possibilità di scelta sono innumerevoli, a causa delle migliaia di naufragi, ma la difficoltà consiste trovare questi relitti, in quanto spesso le informazioni scarseggiano o mancano del tutto.
Negli ultimi anni Odissey è riuscita a localizzarne alcuni che si sono rivelati un vero tesoro, riuscendo nel tempo a recuperarli, aprendo però nuovi e non programmati scenari su chi sarebbero i legittimi proprietari, un argomento di attualità soprattutto ora in momenti di crisi e quei valori fanno venire “l’acquolina in bocca”.
In effetti, come poi vedremo più avanti nella parte dedicata al ritrovamento della Nuestra Senora de las Mercedes, sempre più ritrovamenti si stanno verificando in tutto il mondo ed i governi stranieri potrebbero richiedere di farseli consegnare, anche se non li possiedono da secoli.
Tra questi ne abbiamo scelti alcuni, per il rilevante interesse economico o storico. SS Gairsoppa il più profondo e importante recupero di metalli preziosi mai effettuato.
Da sinistra: si impilano sul ponte i lingotti recuperati; ben riconoscibile la zona dei
bagni con il Wc ancora intatto. Ancora visibili, sul ponte di poppa, alcuni strumenti della nave;
una parte del ponte sopra la sala macchine con una delle gru per le scialuppe di salvataggio.
Affondata nel febbraio 1941, la SS Gairsoppa, un cargo inglese di 412’, era carica di lingotti d’argento, per un valore attuale di £150 milioni, di cui nel 2012 ne sono stati recuperati 1.203, per un totale di oltre 48t.
A seguito di un accordo col ministero dei trasporti britannico, Odyssey può trattenere l’80% del carico recuperato, assumendo il rischio e i costi dell’operazione, notevoli a causa della profondità del relitto: 4700m. Al momento attuale il carico recuperato, trovato a 300 miglia sudovest di Galway, Irlanda, rappresenta circa il 43% di quello assicurato e il 20% di quello che era a bordo.
HMS Victory
Non è quella dell’ammiraglio Nelson, anche se il suo disegno ispirò quella del vincitore di Trafalgar, ma al momento dell’affondamento, avvenuto il 5 ottobre 1744, era la nave da guerra più potente e tecnologicamente più avanzata dell’epoca.
Comandata dall’ammiraglio Sir John Balchin affondò, portando con sé tutti i suoi 1150 membri dell’equipaggio nel Canale della Manica a causa di una tempesta. Costruita a Portsmouth tra il 1726 e il 1737 è stata la quinta e penultima nave della Royal Navy a portare questo nome e l’ultima affondata con tutti i cannoni a bordo, un numero compreso tra 100 e 110.
Scoperta nel 2008 Odissey, in accordo col Ministero della Difesa, ha condotto delle ispezioni sul luogo, che hanno portato al recupero di due cannoni, uno da 12“ e un altro da 42”, lungo 3.4m, il più potente cannone in quel periodo e del peso di 4 t, con lo stemma gentilizio di re Giorgio I, l’unico al mondo sulla terra ferma, per I quali ha avuto una ricompensa di $160,000, dei quali $75,000 sono stati donati al National Museum of the Royal Navy.
Si crede inoltre che stesse trasportando una grande quantità di monete d’oro da Lisbona in Gran Bretagna, che oggi avrebbe un valore di quasi 600 milioni di euro, come scritto il 18 novembre 1744 dalla pubblicazione finanziaria olandese Amsterdamsche Courant.
“Si pensa che a bordo della Victory ci fosse una somma di 400.000 sterline che stava portando da Lisbona per i nostri mercanti”.
Si stima inoltre che fossero state imbarcate grandi quantità di monete d’oro e d’argento prese dalle navi nemiche catturate da Balchin, del valore di 120.000 sterline dell’epoca. Le armi e gli altri reperti saranno esposti nei musei britannici, mentre l’Odyssey riceverà probabilmente la maggior parte di qualsiasi tesoro, stando alle leggi vigenti.
Nuestra Senora de las Mercedes
Il 5 ottobre 1804 la Nuestra Senora de las Mercedes, durante uno scontro con la Marina britannica, mentre stava tornando insieme ad altre tre navi dal Perù, in quella che sarebbe stata chiamata la Battaglia del Capo di Santa Maria, subì una tremenda esplosione che la fece affondare; dei suoi 337 uomini se ne salvarono solo 50.
Odyssey Marine scoprì il relitto a circa 100 miglia a ovest dello stretto di Gibilterra, a 3000 m di profondità in acque internazionali, recuperando 594.000 monete d’oro e argento, per un peso di 17 t e del valore di $ 500 milioni, andando incontro a una spesa di $ 2,6 milioni.
Il governo spagnolo ne ha però reclamato e ottenuto la restituzione, trovando un alleato persino nella Corte Suprema degli Stati Uniti, che ha sentenziato che i resti della nave e del suo carico erano di proprietà del sovrano di Spagna. “Becchi e bastonati”, perché non è stata nemmeno offerta alcuna compensazione per le spese sostenute.
Esistono però dei possibili retroscena, rivelati dal “Fatto storico” e che riportiamo per onor di cronaca, secondo i quali dei cablogrammi, svelati da WikiLeaks, rivelano che i funzionari americani si offrirono di aiutare la Spagna nella sua rivendicazione, in cambio dell’assistenza nel recupero di un quadro di Camille Pissarro, trafugato dai nazisti: Rue St Honoré. Après-midi. Effet de Pluie, attualmente esposto al Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid.
In una conversazione con il ministro della cultura spagnolo, César Antonio Molina, l’ambasciatore statunitense a Madrid, Eduardo Aguirre, cercò di collegare la rivendicazione del tesoro ai tentativi di un cittadino americano, Claude Cassirer, di recuperare tale dipinto.
L’ambasciatore notò anche che, sebbene le vicende dell’Odyssey e di Cassirer non fossero collegate, era nell’interesse di entrambi i governi approfittare di qualunque margine di manovra per risolvere entrambe le questioni. Pare tuttavia che il ministro rifiutasse di collegare i due casi, sottolineando la separazione delle questioni.
Ciononostante promise d’incontrare Cassirer per discutere ciò che si poteva fare, tant’è che il direttore delle politiche culturali, Guillermo Corral, si disse pronto a studiare “soluzioni creative”, dando il giusto riconoscimento alla famiglia di Cassirer. Attualmente il quadro è sempre a Madrid, in attesa forse che le acque si calmino.
Articolo apparso sul n°76/2013 di Arte Navale e qui pubblicato per gentile concessione dell’autore
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