La barca non e’ un’ auto (27ma puntata) La patente nautica? In 16 ore (meno due pause – pranzo)
di Antonio Soccol
A giocare con Google talvolta ci si può far anche del male. Quanto meno: io me lo son fatto. Ho digitato sul famoso motore di ricerca quattro paroline: “patente nautica a motore” e, in 0,33 secondi, Google mi ha dato 125.000 (centoventicinquemila) siti web dove, possibilmente, si parla di patenti nautiche. La larga maggioranza è data da scuole, sparse su tutto il territorio nazionale. Moltissime di queste propongono corsi della durata di 2 (due) giorni per la licenza entro le 12 miglia! Un’arte difficile come quella del “navegar” si apprende in così poco tempo? Ma siamo matti? E’ stato qui che ho sentito una fitta al cuore, che mi son fatto male.
Dodici miglia sono all’incirca 22 chilometri. Confesso che non ho la più pallida idea di come vengano considerate queste distanze: ho da sempre la patente illimitata e non mi sono mai curato di apprendere questi dettagli per le distanze minori. Si calcolano partendo dal “punto di costa dello stivale” più vicino? Oppure dalla “costa più vicina” e quindi anche da quella di un’isola? Perché, se le isole valgono, uno da Viareggio, grazie a Gorgona e Capraia, arriva in Corsica oppure da Piombino, grazie all’Elba e Pianosa, arriva comunque a Bastia. Per non dire che entro dodici miglia dalla costa sicula ci sono ovviamente tutte le Eolie e le Egadi. Mentre in Adriatico ci sono le Tremiti e poi Pianosa e quindi Palagruza (ma quando sei qui sei già fuori dalle acque territoriali e chi ti controlla?) e in un salto sei Otok Lastovo… in Croazia.
Morale: con la patente entro le 12 miglia, giri praticamente tutto il Mediterraneo. O quasi.
Ho consultato un mio caro amico che ha passato tutta la sua vita sulle motovedette della Guardia Costiera e mi ha spiegato:
“Sì: hai ragione. Molti per andare in Corsica utilizzano, infatti, quel sistema, 12 mg. + 12 mg. Ai miei tempi andavo spesso sulla rotta San Felice Circeo – Ponza (25 miglia), mi “appostavo” proprio al centro e… sapessi quanti ne rimandavo indietro (mai fatta, però, una contravvenzione per questo, ma non dirlo in giro).
Per quanto riguarda i golfi (quelli piccoli), si traccia una direttrice tra i due punti più estremi e da lì si iniziano a calcolare le 12 mg. Taranto non fa testo e nemmeno Napoli o Genova, Anzio sì.”
La storia della direttrice non mi convince molto ma capisco che sia un sistema per uscire dalle difficoltà create da un testo di legge quanto meno opinabile. Trovo, invece, giustissimo che le CP rimandassero indietro i motonauti con rotta su Ponza: la legge è la legge e basta far sempre i “furbetti”. Se vuoi andare a Ponza, prenditi la patente oltre le 12 miglia, oh!
Ma, questa patente entro le 12 miglia, te la danno proprio con un corso di 48 ore? No. Si scrive di due giorni, ma le vere ore di lezione, in totale, sono appena 16 (meno due “pause pranzo”).
Non ci volevo credere e così ho cliccato a caso su una delle tante url che Google mi aveva messo a disposizione. Ecco cosa ho letto (copio-incollo):
<<Per chi vuole prepararsi all’estate in tempo.
Iniziano i corsi full-immersion, della durata di 2 giorni, di patente nautica a motore entro le 12 miglia. I corsi si tengono di sabato e domenica per tutta la stagione con diverse sessioni mensili, fino a luglio 2009. Qui di seguito trovate le varie date con le sessioni d’esame.
Corso Week-End in 2 giorni nelle date di: Febbraio: 8° Corso: sabato 21 e domenica 22. Esame: mercoledì 4 marzo; Marzo: 9° Corso: sabato 8 e domenica 9. 10° Corso: sabato 21 e domenica 22. Esame: mercoledì 25 marzo; Aprile: 11° Corso: sabato 4 e domenica 5. 12° Corso: sabato 25 e domenica 26. Esame: mercoledì 29 aprile; Maggio: 13° Corso: sabato 9 e domenica 10. Esame: mercoledì 13 maggio. 14° Corso: sabato 30 e domenica 31. Esame: mercoledì 3 giugno; Giugno:15° Corso: sabato 13 e domenica 14. Esame: mercoledì 17 giugno .16° Corso: sabato 27 e domenica 28. Esame: mercoledì 8 luglio; Luglio: 17° Corso: sabato 4 e domenica 5. 18° Corso: sabato 18 e domenica 19. Esame: mercoledì 22 luglio.Durata del corso: un corso completo dura 2 giorni, dalle 9:00 alle 17:00, con pausa pranzo. Non c’è limite di frequenza, potete frequentare quanto volete. Documenti da portare: 4 foto formato tessera; certificato medico Ufficiale Sanitario in bollo con foto (è possibile fare la visita in sede); fotocopia documento d’identità; firma domanda d’esame. Attenzione: Vi ricordiamo che i documenti devono essere preparati almeno un mese prima per poter accedere agli esami indicati. Per maggiori informazioni potete consultare la pagina web (…) oppure contattare i nostri uffici.
Vi aspettiamo!>>
Come no?. Andiamoci di corsa. Pensate che “possiamo frequentare quanto vogliamo…”. Non è straordinario? Se però mentre insegnano come si traccia una rotta o come si lancia un SOS, vogliamo uscire a fumarci una sigaretta, non c’è problema. Grande.
Ho fatto qualche telefonata e, naturalmente c’è stato anche chi mi ha fatto capire che, pagando s’intende, l’esame può diventare una pro-forma. Un puro atto di presenza. Non so se mi spiego…
Per quanto concerne quella frase oscura circa i documenti da presentare almeno un mese prima, la spiegazione viene da un comma di legge. Il mio solito amico che viveva sulle CP mi ricorda, infatti, che: “Dal momento che presenti l’istanza per sostenere l’esame, devono passare 30 giorni per poter sostenere l’esame. Il Decreto 29.7.2008, n° 146 – Art. 31 comma 3, infatti, recita: Le prove d’esame non possono essere sostenute prima che siano trascorsi trenta giorni dalla data di rilascio dell’autorizzazione per l’esercitazione a bordo delle unità da diporto.
Che cosa faccia il candidato durante questi 30 giorni non è dato saperlo, e qui c’è un vuoto normativo. Infatti, a differenza delle patenti automobilistiche in cui sei obbligato ad effettuare tante ore di “scuola” ed un numero preciso di prove pratiche, nella nautica da diporto non è espresso.
Anche per i titoli professionali marittimi, devi aver maturato un certo periodo d’imbarco (da 1 anno a seguire, entro od oltre gli stretti, a seconda del nuovo titolo), prima di poter sostenere l’esame.
Comunque, “la commissione d’esame” è in condizione di verificare se il candidato sia preparato o meno.
Poi, esiste, l’Art.43, comma 2. Alla vigilanza amministrativa e tecnica sugli enti e sulle associazioni nautiche, di cui al comma 1, provvede il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (sempre nel Decreto n°146), che dovrebbe garantire la trasparenza e la serietà sugli Enti e sulle Associazioni Nautiche”.
E sulle Scuole nautiche non associate? Non si sa.
Io non voglio sparare contro queste scuole, alcune delle quali magari sono persino serie. Ma si può pensare di imparare ad andar per mare con un sistema simile?
E allora, io domando e dico, non è meglio fare come in Gran Bretagna dove la patente nautica non esiste per niente? Almeno uno si assume in toto la sua responsabilità e poi c’è solo da sperare, se si tratta di un assoluto incapace, di non incontrarlo mai per mare.
Un po’ di anni fa, per avere un brevetto di sub rilasciato dalla CMAS (Confederazione Mondiale delle Attività Subacquee) bisognava passare tutto l’inverno in piscina, impararne a memoria tutte le piastrelle e arrivare ad raggiungere in assoluto “i riflessi condizionati”. Una tortura. Poi sono arrivate le didattiche americane (Padi, SSI, Naui eccetera) e, oggi, in pochi giorni uno indossa l’autorespiratore e scende sino a 40 metri. Già. Ma avete mai fatto una immersione di recente? Non è più come ai miei tempi che uno se andava a spasso per i fondali solo soletto. Oggi si fa tutto in gruppo (almeno una dozzina di persone) e ogni due, max tre, sub c’è un istruttore che vigila e controlla, che ti prende il manometro a frusta e ti spara sotto agli occhi quanta aria hai ancora nella bombola eccetera. Insomma, una consistente forma di sicurezza è assicurata. Per andar per mare, invece, non serve. Non è previsto. Sotto è pericoloso, sopra no. Perché? Beh, perché guidare lo sappiamo fare tutti: giri la chiave, innesti la marcia e apri il gas, vero? Come no.
Da alcuni anni mi è capitato di andare a svernare un po’ a oriente, a sud dell’equatore e vicino al tropico del Capricorno: in Thailandia e alle Mauritius. Mi intriga, oltre al fatto che il sole mi scalda le ossa e a tutto il resto, vedere come gli indigeni portano le loro barche a motore.
A Phuket c’era una coppia di ragazzi italiani che avevano una barca con la quale portavano i turisti su, verso nord nella zona di Phang Nga, resa famosissima da alcuni film di James Bond (007). La loro organizzazione si chiamava Simba dalle iniziali dei loro nomi: Simone e Barbara. E Simba si chiamava anche la loro barca, uno scafo a fondo piatto (come quasi tutti quelli locali), senza flaps e spinto da un potente fb giapponese. Per legge locale, Simba poteva esser condotto solo da un nativo patentato.
Ero entrato in confidenza con questi giovani e avevo spiegato che quella carena era “dura”, che i flaps era indispensabili e poi avevo chiesto perché il loro “driver” non usasse mai, assolutamente, il power trim, cioè il variatore dell’inclinazione del piede. “Perché se lo usi, il motore si rompe”, mi avevano detto. “Questo motore?” “No. Tutti” era stata la drammatica risposta. “ E allora, i produttori di motori fuoribordo americani, giapponesi eccetera, cosa lo fanno a fare?” avevo insistito. “Non lo so: forse per far felici i bulli”. Non ci sono riuscito a fargli capire che il power trim è un aggeggio che garantisce maggior velocità, minor consumo e anche una navigazione migliore. O, meglio: loro lo avevano anche capito ma il driver non ne voleva neppur sentir parlare… “Così fanno tutti i miei colleghi e così mi hanno insegnato a fare”, aveva chiosato ponendo fine al discorso.
Alle Mauritius, nella baia di Trou d’Eau Douce si raccolgono tutte le imbarcazioni che portano i turisti alla vicina Ile aux Cerfs, località di notevole attrazione turistica. Sono tutti scafi con potentissimi motori fuoribordo e sono almeno una cinquantina. Ce ne fosse uno che non abbia, sempre, il trim alzato al massimo. I mauriziani amano la velocità e la vogliono anche quando il mare è incazzato: ho visto queste barche fare dei voli che nemmeno nell’offshore più esasperato. Ma con a bordo venti, trenta passeggeri: donne, bambini, vecchietti…
Ecco: tutta questa gente, dai pacifici driver thailandesi agli impetuosi mauriziani, non sa andar per mare. Eppure lo fanno come lavoro. Tutti i santi giorni. Si vede che nessuno gliel’ha insegnato.
Figuriamoci cosa può fare un povero cristo che in 16 ore (meno le due “pause pranzo”, s’intende) deve imparare tutto per superare un esame di patente marina. E poi si ritrova con la sua caravella e magari tutta la famiglia a 12 miglia dalla costa… e s’accorge che non c’è nemmeno un’osteria!
Ma, a ben guardare, la colpa non è neppure tutta sua. Nessuno l’ha mai detto al nostro legislatore che in caso di mare arrabbiato si sta molto meglio al largo che non sotto costa? E che quindi fare patenti più semplici per chi naviga entro 22 chilometri (che poi, con il giochino delle isole, diventano, 44 o 66) dalla costa non ha alcun senso?
Già… il legislatore, buono quello. Deve essere come l’ufficio tecnico dei nostri cantieri: per mare, lui non ci va.
Articolo apparso sulla rivista Barche nel fascicolo di marzo 2009 e riprodotto per g.c. dell’autore Tutti i diritti riservati. Note Legali
Caro sig Tito Mancini,
da una verifica sulla cartografia Garmin risulta che da capo Circeo a Ponza sono la bellezza di 20 nm e considerato che prima di arrivare a Ponza si incontra l’isola di Zannone che dista 15 nm, ho appurato che è possibile arrivare a Ponza con la sola patente “entro”.
Occorre aggiungere che bisognava controllare anche la dotazione di bordo idonea alla navigazione intrapresa.
Leandro
Egregio Sig. Pietro Calcagno,
sinceramente non comprendo la sua acredine nei miei confronti ed in quello del Corpo in cui per anni ho prestato servizio, soprattutto non capisco a quale “macroscopico” errore Lei si riferisca.
Se ho commesso un errore nel notiziare Antonio Soccol, autore dell’articolo “La Patente Nautica in 16 ore…”, posso solo ipotizzare quale sia il “concetto” che l’ha turbata così profondamente.
Immagino si riferisca alla descrizione dei punti in cui le 12 mg. relative all’abilitazione per la patente nautica si sono “confuse” con quelle del “Mare Territoriale”.
Ammetto di non essere stato un “esempio” di chiarezza nel comunicare all’articolista i dati relativi sia alla distanza dalla costa per le abilitazioni nautiche, che per quanto concerne il mare territoriale.
Premesso che Antonio Soccol nell’articolo mi citava in quanto lui disconosceva il problema, era anche facile intuire che, come sono stati inseriti e scritti, i due concetti si intrecciavano creando un po’ di confusione.
Se il mio errore da lei giudicato così “macroscopico” è questo, ammetto onorevolmente il disguido da me creato ed il pasticcio che ne era derivato con la pubblicazione dell’articolo.
Comprendo che questa non può essere una giustificazione plausibile ma, come legge non ho la sufficienza né la presunzione di non ammettere i miei errori anche se compiuti in completa buonafede.
Comunque, proseguendo attentamente nella lettura dell’articolo, era facile comprendere che si trattava di un errore non voluto. Infatti, Antonio Soccol in più punti del suo articolo ha scritto:
“…partendo dalle isole…”, calcolando quindi le 12 mg. partendo dalla costa dell’isola in questione…
Insomma, nessun dubbio su come calcolare le 12 mg. dalla costa.
Che, da questo mio errore pubblicato, parliamo pur sempre di uno scritto che oltretutto è possibile correggere, ne derivasse una critica alla professionalità mia e dei Sottufficiali del Corpo (non è un’Arma), cito testualmente:
“…purtroppo il suo amico “che ha passato tutta la sua vita sulle motovedette della Guardia Costiera” pare un triste esempio della impreparazione dei sottufficiali di quest’arma (mi rifiuto di pensare fosse un ufficiale)…”, ….se non è vilipendio, poco ci manca.
Una sola cosa gradirei farle notare, l’articolo di Antonio Soccol era tutto incentrato sul metodo ed i tempi con cui vengono impartite le nozioni ai futuri “adepti” da parte delle scuole nautiche. In parole povere: un semplice mercimonio, anziché provvedere alla diffusione di una coscienziosa “base” di cultura marinara.
Detto questo, porgo le mie scuse pubbliche e più sentite ad Antonio Soccol, Direttore di Altomareblu ed autore dell’articolo, nonchè agli altri collaboratori Giacomo ed Alex che si sono fidati ciecamente di quanto da me comunicato in maniera quasi telegrafica. Infatti allo scritto non ha seguito il pensiero… non certo ad un “saccente” come Lei che senza dubbio, potrà anche essere un giurista preparato ma, non ha né rispetto nè riconoscenza per chi “veramente” ha operato ed opera per mare, rischiando spesso anche la vita.
Cordialmente,
Tito Mancini.
Esimio Pietro Calcagno,
non so chi Lei sia e quale professione svolga nella vita o avrà svolto se magari fosse in pensione, ma a monte di ogni cosa, avesse pur mille ragioni, la invitiamo ad essere più corretto nei confronti di tutti ed il suo commento acido e saccente non è gradito. Il rispetto reciproco è fondamentale per il vivere civile.
Venendo al dunque, se vi sono stati errori da parte del “consigliere” di Antonio Soccol, per piacere si qualifichi ufficialmente, faccia presente leggi e quant’altro è dovuto, sollevi l’imprecisione e se c’è stato errore, sarà ufficialmente corretto ed umilmente Le chiederemo scusa.
Offendere un uomo di mare che ha dato il meglio di se stesso per salvare vite umane e sovente rischiando la propria vita è una grave offesa e non si dimentichi che siamo esseri umani… il resto lo potrà capire da solo, visto che nel suo commento si propone come persona edotta.
Quando vorrà scriverci nel rispetto di quanto appena descritto nelle righe e nelle note legali di AltoMareBlu sarà sempre ben accolto a bordo di Altomareblu con un grande sorriso, così come facciamo con i tanti “naviganti del web” che partecipano alla nostra attività che svolgiamo con passione e dedizione.
Cordiali saluti,
Giacomo Vitale
Gentile signor Soccol,
purtroppo il suo amico “che ha passato tutta la sua vita sulle motovedette della Guardia Costiera” pare un triste esempio della impreparazione dei sottufficiali di quest’arma (mi rifiuto di pensare fosse un ufficiale).
In materia di navigazione e relativo diritto, la distanza dalla costa si considera misurata dalla linea di base, che è “la linea retta tirata tra i due punti più foranei distanti tra loro 24 miglia marine”: non è un mistero e non è fonte di controversie.
Quanto a “…….tutta questa gente, dai pacifici driver thailandesi agli impetuosi mauriziani, non sa andar per mare…” mi permetto di dubitare che il sapere o meno utilizzare il trim di un fuoribordo sia un valido metro di giudizio del “saper andare per mare”: se così fosse almeno la metà dell’esercito di “contadini” (senza offesa per la categoria) che, nei fine settimana estivi e ad agosto, scorrazza a tutta velocità lungo le nostre coste ci autorizzerebbe a pensare di essere realmente un popolo di navigatori.
Quanto all’evidente inutilità di un corso per la patente nautica come quelli comunemente proposti oggigiorno concordo pienamente con lei ma mi permetto di far notare che la differenza tra le due abilitazioni (entro e oltre le 12 miglia) prevede due programmi di esame differenti: nella prova scritta di quello “oltre” è prevista la risoluzione di un problema di carteggio.
Pietro Calcagno