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Passata la festa di Vittorio di Sambuy

30/09/2010/3 Commenti/in Nautica, Vittorio di Sambuy/da Vittorio di Sambuy

Considerazioni su un’estate di follie

genova-fiera Quasi inosservata è stata archiviata la notizia più interessante dell’anno comunicata dal delegato statunitense al Satec 2010, che meriterebbe maggiore attenzione da parte della nostra cantieristica. In previsione del prossimo Salone di Genova si continua invece ad annunziare “nuovi“ modelli, che nuovi non sono… al massimo possono essere la rielaborazione di uno precedente… ma sono poche le vere novità degne di considerazione.

Al Satec abbiamo scoperto che in USA il parco nautico è di 17 milioni di scafi, uno ogni 18,6 abitanti. Esso è composto per il 95% di imbarcazioni lunghe meno di 7,8 metri. Ma a leggere le riviste specializzate, che continuano a presentare progetti sempre più faraonici di megayacht, sembra che esista solo la clientela ristrettissima di sceicchi o di magnati russi. Nulla appare all’orizzonte in previsione di un drastico ridimensionamento in misura e in prezzo della nautica italiana. Perfino il comparto gommoni, ancora attivo, sforna mostri super motorizzati lunghi spesso oltre i 10 metri.

Dal silenzio dell’Aspronadi sembra che anche il concorso UBPT per un progetto di “Barca per tutti” sia andato deserto. In camera caritatis cantieri e importatori ammettono uno stop assoluto del mercato, anche provocato dalla campagna di controllo a tappeto della GdiF, per cui i clienti che posseggono la barca non pensano di cambiarla e chi per caso cercasse di venderla non troverebbe acquirenti.

Tutt’altra musica fra i regatanti. A differenza dei circuiti delle barche d’epoca le cui regate, assai più competitive e spettacolari, in cui gareggiano unità pregiate storicamente che, invece di perdere valore con l’età, ne acquistano di più… La concentrazione economica e francamente stonata, di velieri da regata sempre più grandi e costosi, fa riflettere sulla filosofia che riguarda i maxi velieri da regata della classe Maxi (lunghi spesso oltre 40 metri), diventati delle macchine di difficile gestione con vele di dimensioni e peso al limite della misura umana, raggiungendo misure che avevano toccato a suo tempo i classe “J” dell’America’s Cup.

Coppa America Classe abbandonata allora proprio per il suo gigantismo. A differenza peraltro rispetto a regate di velieri più piccoli, spesso da noi le partenze dei Maxi vengono annullate se il vento supera una certa forza onde “evitare di fare danni”, il che non è certo una garanzia di solidità delle relative costruzioni e attrezzature. Altrove invece, (Fastnet, Sydney-Hobart eccetera) non si fa caso e le fanno partire con qualsiasi tempo, sebbene la loro costruzione non sia, dal punto di vista della resilienza al cattivo tempo, paragonabile ai velieri delle classi IOR e RORC dei tempi passati.

Anche le autovetture di Formula 1 sono delle macchine al limite, ma almeno trovano una loro giustificazione nel progresso tecnico che ne deriva, con le successive ricadute sulle vetture di serie. Questa giustificazione funziona solo parzialmente sui Maxi giacché la loro tecnologia è spesso troppo costosa o complessa per essere trasferita al prodotto commerciale. Tali sono per esempio le chiglie basculanti, la zavorra liquida, e in genere i materiali high tec come la fìbra di carbonio, il sartiame tessile PBO, i tessuti tri direzionali per le vele.

E’ un peccato perché il vento rappresenta in mare un elemento che ha consentito nel passato la scoperta del mondo e sarebbe ancora oggi in grado di contribuire, in modo non marginale, alla riduzione dell’impiego di combustibili fossili e conseguente inquinamento atmosferico. In altre parole i grandi velieri potrebbero, cambiando opportunamente le formule di regata, diventare una fucina di nuove tecnologie da mutuare anche nella navigazione commerciale, al fine del risparmio energetico.

Il “Maltese Falcon” della Perini Navi ne è un esempio. Il suo sistema Dynarig con alberi rotanti progettato da Gerard Dijkstra è indubbiamente di notevole interesse, ma probabilmente rimarrà uno sforzo isolato in quanto non facilmente adattabile al naviglio da trasporto.

Ci sono peraltro altre strade da sperimentare e una di esse potrebbe essere percorsa con una semplicissima regola: quella di eliminare sui maxiyacht lo spinnaker e vele analoghe (gennaker ecc.), sostituendole con un aquilone trattenuto da due briglie per il controllo di assetto. Sarebbe un modo di sperimentare nuovi sistemi di lancio e di recupero, semplificando la gestione di questo tipo di vela in modo da giustificare la sua presenza su qualsiasi tipo di naviglio uso a navigare frequentemente su rotte dove predominano venti regolari sia costanti sia periodici o comunque provenienti da direzioni previste come lo sono certi venti di traversia nonché le brezze marine e i venti lacustri.

Viceversa la recentissima scelta dello scafo per disputare la prossima Coppa America (2013) rappresenta un’assoluta novità giacché prevede un catamarano di 72 piedi dotato di albero alare di 40 metri simile a Oracle, il vincitore dell’ultima sfida. Abbandonando le forme ortodosse, si aprono così con questa formula nuove immense possibilità.

Ma su questa pazza estate ci sono ben altri commenti

Chi ha navigato, ha trovato nuovi ostacoli alla libertà di navigazione e di ormeggio.

Molti sorgitori ben ridossati sono stati dati in concessione e ditte private che noleggiano a caro prezzo boe di ormeggio. La giustificazione “ufficiale” risale alla protezione delle praterie di Posidonia, che verrebbero danneggiate dalle ancore che arano. Da notare che questi parchi boe non vengono più dati in concessione dalle Autorità Marittime che si limitano a prenderne atto, regolamentandone il transito per motivi di sicurezza con adeguate ordinanze, ma dalle Regioni, sottintendendo coinvolgimenti non sempre adamantini.

Come se non bastasse anche sulle aree protette dei Parchi Nazionali e non, è scattata una sorveglianza più rigorosa del passato, per cui addentrandosi in zone dove prima vigeva una certa tolleranza per la balneazione estiva, si rischia ora di pagare salatissime multe con possibili conseguenze penali. Con buona pace del Ministro Brambilla, sembra che i diportisti nautici siano diventati dei pregiudicati da vessare in ogni modo. Fra di essi vi sono svariati yacht che appartengono ad armatori non italiani, che sceglieranno in avvenire altri lidi più accoglienti, ma faranno così anche molte imbarcazioni nazionali, con buona pace della bilancia dei pagamenti.

Fra le stranezze della scorsa estate c’è da segnalare la nuova filosofia e relativa politica della Fipsas (Federazione Pesca Sportiva).

Dinanzi all’allarme di un Mediterraneo sempre più scarso di pesci per ben noti motivi, come l’inquinamento, la pesca indiscriminata e perfino una dieta che preferisce i prodotti ittici, erano scattate lo scorso anno contromisure di protezione della fauna marina fra cui severe limitazioni alla pesca d’altura non professionale. Questa attività ricreativa conta un folto gruppo appassionati e viene effettuata da bordo di motoscafi ultra motorizzati, detti fisherman, dotati di raffinate e assai costose attrezzature.

Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali aveva limitato fortemente la pesca ricreativa e sportiva, provocando accese reazioni tantoché, in mancanza di risposta, la Fipsas si era rivolta al Tar e come protesta aveva annullato il calendario di gare.

Le cose si sono poi aggiustate all’italiana con il Decreto Ministeriale del giugno 2010, col quale sono stati previsti nuovi doveri e diritti per i pescatori dilettanti con relativo rilascio di una licenza di pesca, che dovrebbe diventare uno strumento di controllo e censimento per studiare l’impatto della pesca sportiva rispetto alle risorse. Tutto ciò comporta nuove procedure, che non prevedono più la cattura del pesce, ma il suo rilascio immediato anche se non è fra le specie protette (come il tonno rosso e lo squalo) o di misura inferiore a un minimo secondo la specie, per esempio 23 cm per le spigole e 45 cm per le cernie.

Abbiamo cosi assistito a un’importante gara svoltasi in Costa Smeralda in cui erano consentite solo tre prede per ogni concorrente e tutto il rimanente pescato, doveva essere slamato e ributtato in mare mentre un commissario a bordo di ogni imbarcazione documentava fotograficamente i rilasci. Peraltro Il punteggio così perduto veniva premiato ai fini della classifica finale, con un coefficiente più alto di quello delle prede pescate. Che poi, rilasciare un animale gravemente ferito in bocca dagli ami sia producente ai fini della preservazione della specie, è tutto da dimostrare.

La procedura di censimento menzionata, detta “Tag & Release”, che prevedrebbe: sia di liberare il pesce allamato dopo averlo marchiato, sia di compilare una scheda con i dati organolettici della preda rilasciata per inserirla in un data base, in modo che qualora lo stesso pesce fosse ripescato una seconda volta, se ne possa controllare la crescita e le migrazioni. E’ però nella mia opinione, non solo pratica crudele, ma anche molto poco sportiva.

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Tags: Parchi naturalistici, Vittorio di Sambuy
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3 commenti
  1. Giacomo Vitale
    Giacomo Vitale dice:
    06/10/2010 in 00:29

    Gentile William,

    nel ringraziarla per averci scritto, comprendiamo quello che ci dice circa i costi di gestione di una barca lunga meno di dieci mt.

    La situazione in questi ultimi anni si è fatta difficile. Bene per il buon rapporto che avete con i turisti di Malta e che dire, non resta che sperare in tempi migliori…

    Personalmente penso che una grande offerta di posti barca possa contribuire ad abbassare molto il prezzo annuale richiesto per l’ormeggio.

    Questo a tutto vantaggio delle tasche diportisti.

    Cordiali saluti!
    Giacomo Vitale

  2. William Cassar
    William Cassar dice:
    05/10/2010 in 22:37

    Non lo so cosa si puo fare in Italia e in Europa per questo problema. Il costo per barche sotto i dieci metri sta diventando proibitivo. Se no nelle coste ci sarebbero il doppio di barche di queste dimensioni.

    Mantenimento fra posti barca rimessagio per un imbarcazione di dieci metri e come minimo 10,000 EURO. Ma la media e un 15.000 dipende dalla regione. Più si fanno Porti più i posti barca sono cari. Mah non so forse c’è bisogno di piu controlli.

    Se non chi fossero I marina queste aree saranno vuoti e morti. Andate a vedere il commercio che a creato il nuovo Marina di Ragusa in Sicilia che e ancora all 20% di capienza. Ma con I turisti Maltesi va a dovere.

    La voglia di barca che, e il problema non e il suo prezzo nuovo ma sono piu I costi di gestione.

  3. Sergio Abrami
    Sergio Abrami dice:
    01/10/2010 in 01:13

    Caro Vittorio di Sambuy,

    condivido al 110% le tue esternazioni.

    La situazione del parco barche USA ed Australiano è ben nota agli “addetti ai lavori”. Se ne è parlato anche a Mantova questa primavera ad un convegno organizzato in Palazzo Ducale dalla Provincia di Mantova. Relatore sullo specifico argomento era stato Nuvolari, dello Studio Nuvolari – Lenard. Fatti mandare da loro o dagli organizzatori il loro report. Un mio amico ha fatto dalla Florida al District of Columbia per acque interne con un CAT a vela di 12 metri. Il limite sono i 60′ di tirante d’aria dei ponti.

    Ma il grosso della flotta delle barche che navigano in quell’area è costituito da scafi di max 8 mt. La nautica non è solo mega yacht, ma la visibilità è appannaggio solo della nautica di lusso. Come riviste in Italia c’è Piccole Barche di Edisport, ma è un caso isolato.

    Bechini, il paladino della piccola nautica ormai da anni sta tirando bordi in cielo, ma evidentemente non ha “santi in paradiso” altrimenti qualcosa in meglio sarebbe cambiato…
    A Genova, a Genova!

    Buon vento.
    Sergio Abrami

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