Rivista Marittima – novembre 2012
EDITORIALE
4 NOVEMBRE FESTA DELLE FORZE ARMATE
[quote]Ogni 4 novembre ci troviamo a festeggiare le Forze Armate ricordando episodi lontani, sbiaditi dal tempo e ormai estranei all’immaginario collettivo. Le rievocazioni del sangue e dell’estremo sacrificio versato durante due guerre mondiali lasciano sempre di più il posto ai caduti di oggi nelle operazioni di pace in Afghanistan. L’ultimo caduto è ancora un alpino, il caporale Tiziano Chierotti.
Al contempo, riflettendo sulla lunga crisi finanziaria che stiamo attraversando, molti, e non solo in Italia, si chiedono se vale ancora la pena investire nelle Forze Armate e se non sarebbe meglio, considerando che nessuna minaccia preme più sui nostri confini, stanziare le risorse in altri settori prioritari per alimentare la crescita e fare quadrare il bilancio. Qualcuno si potrebbe chiedere a cosa servono gli Alpini visto che dalle Alpi non arriva più nessuno e che la Naja è un antico ricordo. Eppure, nel teatro Afghano, chi non ha la fortuna di poter contare su reperti specializzati in operazioni di montagna chiede a noi di intervenire.
Tuttavia, uno Stato che non ha ambizioni di assumersi delle responsabilità internazionali e che ritiene di non essere sottoposto a nessuna minaccia potrebbe fare a meno delle Forze Armate così come è possibile, per risparmiare, costruire una casa senza porte, finestre e allarmi antintrusione. Volendo si potrebbe fare a meno anche delle mura laterali. Mettendo da parte le metafore, la storia ci insegna che in qualche caso è stato possibile realizzare degli imperi risparmiando al massimo nel settore della Difesa e riducendo il numero degli effettivi delle Forze Armare, La Gran Bretagna, per esempio, tra il Settecento e l’Ottocento, conquistò mezzo mondo senza disporre di un grande Esercito. Il segreto di tal successo si basava su un triangolo le cui cuspidi erano: la sua Marina, l’industria e gli empori commerciali realizzati lungo le principali linee di comunicazioni marittime del mondo. La sua insularità e la Royal Navy erano però sufficienti a garantire la sicurezza del proprio territorio di casa (Homeland defence).
La storia degli Stati continentali, compresi l’Italia, è più complesse. La civiltà europea si è fon data più sulla guerra che sul commercio. Il nostro territorio brulica di mura di cinta, fortificazioni castelli e toni fino a giungere alle lunghe trincee della prima guerra mondiale e all’inutile linea Maginot. La storia europea è in gran parte una cronaca di battaglie terrestri in cui le Forze Armate rappresentavano la politica estera dei singoli Stati in concorrenza da secoli in una acerrima lotta per la prosperità. Possiamo affermare che nel 1914 Parigi non solo fu salvata dal sangue dei soldati francesi sulla Marna, ma anche dal noto mancato invio del corpo di spedizione italiano sul Reno a fianco della Germania previsto dagli accordi della Triplice Alleanza e dell’alleggerimento del fronte alpino da peste francese lungo la frontiera italiana. Fatto meno evidente anche se dimenticato dai libri di Storia è che grazie alla neutralità italiana, la Marina francese poté concentrarsi senza disturbo nel trasporto dell’Armata d’Africa attraverso il Mediterraneo occidentale dalla coste dell’Algeria e del Marocco ai porti meridionali francesi, missione portata a termine con successo nelle prime settimane in quanto la Marina austroungarica non avendo sbocchi fuori dal Mare Adriatico non era in grado di interrompere il traffico francese senza appoggiarsi ai porti italiani.
Il mito della vittoria mutilata che portò l’Italia verso il disastro della seconda guerra mondiale è anche dovuto alla percezione del mancato riconoscimento in ambito europeo del sacrificio dei nostri soldati che sul Piave arginarono l’offensiva degli Imperi centrali ormai liberi dal fronte russo e che a Vittorio, il 14 novembre, vinsero l’unica battaglia decisiva terrestre dell’Intesa mentre la Marina, nello stesso teatro e contesto operativo, con i «MAS» ed i primi incursori mieteva risultati più spettacolari di quelli ottenuti dalla Marina Britannica durante la battaglia dello Jutland.
Oggi, superata anche la fase della guerra fredda, abbiamo la fortuna di appartenere all’UE e di avere eliminato il pericolo della guerre per lo meno tra di noi e possiamo riflettere e rivedere senza ideologie e inutili difese corporative come meglio rendere più efficaci, snelle e anche meno costose le nostre Forze Armate di fronte a minacce che sono sempre più globalizzate e che toccano interessi globali non solo deIl’UE. Nell’integrazione e nella cooperazione internazionale possiamo trovare soluzioni valide. La Marina è tutta tesa in questa direzione ormai da tempo e a tal fine il 18 ottobre ha organizzato il IX Simposio sul Potere Marittimo a cui hanno partecipato 49 Marine e organizzazioni internazionali, tra cui, per la prime volta una delegazione della Marina libica.
La scelta del luogo in cui tenere questa riunione plenaria non poteva che essere Venezia, potenza marittima alla quale la Gran Bretagna si ispirò qualche secolo dopo. Infatti, quando buona peste delle popolazioni europee si sostenevano a stento grazie alla pastorizia e all’agricoltura, Venezia prosperava e accresceva la sua potenza politica e economica in misura incomparabile rispetto a qualsiasi oltre epoca successiva proprio grazie al mare. Venezia era l’unica città medievale a non avere bisogno di mura di cinta. La laguna bastava a difenderla dalle potenze terrestri dell’epoca e la sua flotta era più che sufficiente a tutelare la sicurezza dei propri commerci verso l’oriente. Le operazioni anfibie con l’individuazione dei compiti del CATF (Commander of Amphibious Task Force) e di CLF(Commander of Landing Force) oggi attribuite agli Stati Uniti, erano una realtà consolidata presso la Serenissime.
Nell’era della globalizzazione, l’ambiente marino ed in particolare il Mediterraneo Allargato, riassumono una importanza crescente ai fini dello sviluppo e del progresso non soltanto dei popoli che vi vivono, ma anche di coloro che esercitano le loro attività a migliaia di chilometri di distanza, in altri continenti, ma che sono interconnessi, attraverso una rete globale di flussi economici, gli uni con gli altri passando attraverso i punti focali più imponenti del mondo.
Oggi, dopo la lezione fornitaci dalla Storia attraverso il calvario di due fratricide guerre mondiali, non vi è più nessuna flotta nemica, per il momento, a impedirci di utilizzare il mare liberamente. L’Unione Europea è ormai una realtà e l’Alleanza Atlantica continua ad assicurare stabilità e sicurezza ben oltre i confini geografici del periodo della guerra fredda. Tuttavia la globalizzazione non facilita soltanto la libera circolazione di beni, servizi, capitali, conoscenze e persone, ma anche di potenziali rischi.
Attraverso il mare si possono colpire gli interessi della comunità internazionale. Molteplici sono le nuove minacce alla libertà di utilizzo del mare come il terrorismo, la pirateria, il traffico illecito di armi, tra cui quelle di distruzione di massa, di droga e di clandestini, senza contare i rischi di causare disastri ecologici per cause accidentali o mirate al perseguimento di obiettivi terroristici destabilizzanti.
È quindi sempre più necessario farsene carico e mettersi nelle condizione di poter intervenire sotto l’egida dell’ONU e nell’ambito delle alleanze in cui abbiamo deciso di fare parte, non tanto per questioni di prestigio, ma per dovere a favore della comunità internazionale. Pertanto la crescente importanza dell’ambiente marittimo sia sotto il profilo commerciale sia sotto il profilo della stabilità globale impongono un nuovo ruolo alle Marine, non soltanto quale strumento della Politica Estera dei singoli Stati, ma come garanzia di pace, progresso, sicurezza e stabilità ovunque sia necessario senza limiti geografici definiti.
Per fare fronte a queste necessità, in sintonia con le principali Marine del mondo e in completa sinergia con le altre Forze Armate, la Marina Militare continua il suo lavoro di aggiornamento della propria visione strategica contribuendo a far si che i costi di gestione a carico del contribuente siano non una spesa a fondo perso, ma un investimento e un ‘opportunità per il futuro.
Patrizio Rapalino
[/quote]SOMMARIO
PRIMO PIANO
- IX Edizione del Venice Regional Scapower Siymposium
Luigi Binelli Mantelli - L’Italia e la ricerca della «massa critica»
Ferdinando SanFelice di Monteforte - Valutazione del rischio e revisione dello strumento militare
Cristiano Bettini - Afghanistan: la new silk road è già old!
Massimo Badacci - L’isola del mondo
Massimo Iacopi
PANORAMICA TECNICO PROFESSIONALE
- Nuove sfide e nuovi orizzonti per la Marina Giapponese
Michele Cosentino - Il convegno ATENA – MARINA MILITARE
Claudio Boccalatte
SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE
- I <<Commandos>>di Camillo Ricchiardi
Vincenzo Poy - Lo scontro del golfo di Dong Hoi
Lorenzo Striuli - Il maggiore William Martin
Gianlorenzo Capano
PANORAMICA TECNICO PROFESSIONALE
- La tragedia dello SSN-589
Alessandro Turrini - La logistica dei combustibili durante la guerra in Libia
Ciro Paoletti
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