Un Ponte di Troppo
di Vittorio di Sambuy
Il titolo parafrasa quello di un celebre film : “A bridge too far” (tradotto in italiano come “Quel settimo ponte”). Il ponte cioè di Arnheim sul Reno, dove i tedeschi riuscirono con aspri combattimenti a bloccare e sconfiggere le forze angloamericane che erano avanzate da Leopoldsburg in Belgio: un flop attribuito al generale Montgomery che, proprio per quell’insuccesso, perse molta della credibilità acquisita in Africa contro Rommel.
Parlo del ponte sullo Stretto di Messina, incluso nel programma delle grandi opere.
Esso dovrebbe servire a migliorare i collegamenti fra Sicilia e continente perché quelli locali, fra Messina e Villa San Giovanni, ne trarrebbero solo benefici marginali (pochi minuti di differenza rispetto all’aliscafo).
Facendo passare tutto il traffico merci da e per la Sicilia da quel ponte si intaserebbero tutte le vie di comunicazione della Calabria (due ferrovie di cui una sola a doppio binario ed elettrificata) e l’autostrada, già satura oggi.
Convogliando invece le merci su traghetti Ro-Ro – le famose autostrade del mare – esse raggiungerebbero i porti del nord e le rispettive destinazioni finali (e viceversa) più rapidamente, senza sovraccaricare le strade e soprattutto inquinando di meno. A prescindere che l’allestimento delle relative navi potrebbe avvenire molto più rapidamente della costruzione del ponte.
Ci sono altri tre punti fondamentale che preoccupano e in definitiva sconsigliano l’opera: il rischio sismico (il terremoto di Messina doceat!), la difficoltà tecnica e l’impatto dei subappalti che finirebbero fatalmente nelle mani della malavita organizzata.
Dal punto di vista ingegneristico si stima che i problemi strutturali e costruttivi dei ponti sospesi aumentino con il quadrato della luce del ponte. Quello sullo Stretto sarebbe lungo il doppio del più lungo ponte sospeso nel mondo (in Giappone) perciò i problemi sarebbero quattro volte maggiori.
Altre considerazioni politiche o di prestigio andrebbero perciò archiviate, evitando papocchi tipo Alitalia-Cai.
Le considerazioni così fermamente espresse da V. di Sambuy, mi inducono ad alcune semplici riflessioni.
• Premesso che, in Italia oramai l’86,3% dei trasporti merci (1,5 miliardi di tonnellate all’anno – dati ACI) avviene su gomma anziché su rotaia, o su acqua od aria.
• Il progetto delle “AUTOSTRADE DEL MARE” già operante da qualche anno e che gode sia di finanziamenti comunitari che nazionali, nacque proprio per disincentivare il traffico merci su ruote a favore di quello marittimo. Gli autotrasportatori, infatti, invece di percorrere l’Italia da nord a sud, ingorgando le già intasate strade ed autostrade, possono imbarcarsi con i propri autotreni, nei porti principali della penisola e raggiungere con “l’Autostrada del Mare”, il porto più vicino a quello di destinazione della merce.
• Oggi sono numerose le linee marittime che compongono la Ram (Rete autostradale del mare) e sono consultabili sul sito http://www.ramspa.it.
• Da non sottovalutare inoltre, che oggi l’armamento italiano, è in grado di operare alla pari con la concorrenza internazionale, avendo in 10 anni quasi raddoppiato ed in parte rinnovato la propria flotta (14 milioni di tonn. di stazza a fine 2007), mediante forti investimenti sulle nuove costruzioni che forniscono navi più grandi con prestazioni elevate e minori consumi.
• Giova inoltre ricordare che, la cantieristica italiana è proiettata a modellare il futuro della marina mercantile mediante soluzioni che incideranno sulla qualità delle navi, perfezione dei motori, efficienza tecnologica degli impianti di bordo e guerra all’inquinamento.
• Da guardare con attenzione la “sorprendente vitalità di alcune aree mediterranee in via di sviluppo come, Albania e Marocco nonché di altre, Turchia e Spagna, in cui si stanno consolidando le loro posizioni intelligenti in tale mercato, mediante scelte politiche coraggiose ed innovative.
• Nell’area portuale di Barcellona, ad esempio, è in corso di completamento il raccordo ferroviario con le principali linee europee e quando a regime, sarà possibile formare 180 treni giornalieri.
• Di pari passo è in corso l’ampliamento dello scalo catalano mediante l’operatività di nuovi moduli atti alla movimentazione containers del terminal Maersk.
Insomma, tutto il sistema portuale mediterraneo è in fermento.
• In questo contesto si può anche rammentare come, sul versante orientale del Mediterraneo, alcuni trasportatori turchi, trasformatisi in armatori, hanno di fatto inventato “l’autostrada del mare” che collega Istambul con Trieste e dallo scalo giuliano, direttamente nel cuore della mittel-Europa, aggirando ai tempi della guerra nella ex Jugoslavia, le insicure strade della Penisola Balcanica.”
(Notizie tratte dal convegno organizzato a Genova dal “Propeller Club” sul tema:
“Porti, Trasporti e Logistica – Tutto si muove nel Mediterraneo tranne che da noi”)
Gli ultimi TRE problemi:
• Sismico
• Tecnico
• subappalti alle “società benefiche”.
I primi due sono correlati ed essendo nel 2009, si potrebbe dare per scontato che gli studi e le tecnologie si siano evolute a tal punto da scongiurare qualsiasi idea catastrofica.
Per quanto concerne i subappalti, invece, le leggi antimafia in vigore, già prevedono l’esclusione di imprenditori, ditte e società in “odore” di connivenza con associazioni di tale tipo, inoltre, le popolazioni di Sicilia e Calabria si stanno ribellando ai diktat imposti dai malavitosi.
Inoltre, c’è sempre da considerare che, un’opera faraonica come il “ponte”, darebbe lavoro a moltissime persone e per parecchi anni, una manna per la Sicilia e soprattutto per la Calabria, dove da anni si discute che il Sud è abbandonato, mancando lavoro, infrastrutture ecc. ecc.
Infine, un problema non citato dall’autore:
• Chi dovrebbe farsi carico dei trasporti via mare?
• Gli armatori privati o lo Stato?
Sappiamo tutti che la Tirrenia (Stato) è da anni in situazioni peggiori dell’Alitalia e sono anni che si pensa di privatizzarla ma, stranamente non se ne parla quasi mai, mentre è sempre presente la polemica sui collegamenti con le isole, anche quando le navi partono VUOTE… senza passeggeri od un minimo di carico che, quantomeno, ne ripaghino il viaggio…
Con questi miei “pensieri in libertà”, non desideravo assolutamente dare un contributo alla definizione della problematica, ponte sì o ponte no ma, ho solamente voluto rimarcare la complessità di elementi che possono risultare collegati ad una simile opera.
Tito Mancini