Offshore Classe 3 Gallipoli 2012 – Ne rimarra’ soltanto uno… (forse)
di Francesco Fiorentino
“Ne rimarrà soltanto uno” questo era ciò che dichiarava il protagonista di Highlander uno dei film più belli degli anni ’80 a cavallo tra i generi fantasy ed epic.
La trama era semplice ma avvincente: una folta schiera di uomini nati immortali si scontrava in una serie di duelli all’ultimo sangue, in cui a perire sarebbe stato colui al quale l’avversario avesse mozzato il capo. Da questa lotta ad eliminazione ne sarebbe rimasto soltanto uno!
A questo punto mi direte voi: questo non è un blog di cinefili, certo che no… ma la trama del film esposta pocanzi è più o meno ciò a cui ho assistito in un caldo weekend di Giugno seguendo una gara motonautica del campionato italiano di offshore Classe 3C.
L’evento si è tenuto nella perla dello Ionio salentino: Gallipoli – dal greco Kalè Polis letteralmente “città bella” – che grazie all’affabilità ed all’organizzazione del locale Club Nautico ha ospitato più volte eventi del calendario motonautico nazionale ed internazionale a partire dal 1995 con il Class 1 e passando per l’Acquabike ed il Powerboat P1.
Gallipoli ed i gallipolini sono molto legati alla motonautica e molto partecipi a questo tipo di eventi. Proprio per questo insieme al Club Italia Offshore di Aprilia si è voluta portare in questa splendida cornice la Classe 3C che, nonostante il periodo di crisi globale, sta tenendo banco nel panorama motonautico italiano.
Per i profani dell’argomento faccio un piccolo excursus su cosa vuol dire Classe 3C (C 3000 in Italia): in questa categoria partecipano equipaggi composti da due elementi, pilota e copilota, che gareggiano con catamarani di lunghezza intorno ai 7,5m e circa 830-850 kg di peso, motorizzati con un motore fuoribordo da gara che eroga circa 200 Hp.
Al momento la Classe 3C (C 3000 in Italia) rappresenta una delle più attive categorie della motonautica anche se rispetto agli anni passati, si è avuta una sensibile riduzione nel numero delle gare e dei partecipanti. A Gallipoli, per la seconda prova di questo spettacolare campionato, sono arrivati otto equipaggi provenienti prevalentemente dal centro-sud Italia per darsi battaglia su un campo di gara mai testato prima per competizioni di questo tipo. Come da programma già il venerdì pomeriggio gli equipaggi erano sistemati nel villaggio allestito nell’area portuale antistante il centro storico della città e, dopo un sabato di preparazione e di messe a punto, la domenica alle ore 12.15 gli otto catamarani del Classe 3C (C 3000 in Italia) hanno fatto il loro ingresso sul campo di gara.
La giornata era la tipica bella domenica di metà giugno rinfrescata da una brezza intorno ai 10-12 nodi proveniente da NNE che nella zona scelta per il campo di gara formava un’onda lunga ma regolare di 30-40 cm di altezza media. Dalla mia postazione su una barca appoggio a bordo percorso ho pensato: condizioni ideali per trascorrere una bella giornata di mare piuttosto che per iniettare un po’ di adrenalina ad una gara di motonautica, e dev’essere stato anche quello che hanno pensato in molti dei partecipanti ma…ahinoi, non è stato proprio così.
Subito dopo i primi giri in cui gli equipaggi del C-16 e del C-11 si sono dati battaglia contendendosi il primo posto, alla boa di rientro verso terra l’esordiente equipaggio ravennate del C-29 ci ha regalato la prima perla di spettacolo, un bel testa coda fortunatamente ripreso in tempo dal pilota. Emozionante, ma in fondo sono cose che capitano quando la barca non è ben messa a punto e quando ancora la tecnica di guida non è perfettamente affinata.
La gara continua e la lotta per il primo posto inizia a diventare serrata tra il C-16 ed il C-11 che guadagna sempre più terreno specie sui tratti rettilinei. Quando si lotta per la testa della gara l’adrenalina è al massimo in questa classe dove la tecnica di guida fa la differenza, si assiste ad inseguimenti spettacolari, sorpassi al limite dello speronamento spesso con l’intrusione nella bagarre di mezzi più lenti.
Purtroppo, come in questo caso, non sempre va tutto per il verso giusto e può capitare di trovarsi davanti a spiacevoli incidenti. Ebbene, dopo il sorpasso della C-11 ai danni della C-16, quest’ultima in uscita dalla boa si trova inaspettatamente davanti la C-29 appena uscita da un altro testacoda, e non potendola evitare in alcun modo la sperona!
Le due barche visibilmente danneggiate rimangono incastrate e proprio questo ne determina la salvezza dall’affondamento. Gli equipaggi anche se un po’ scossi sono miracolosamente illesi e vengono subito assistiti dagli uomini del soccorso medico ma mentre accade tutto questo, dall’altra parte del percorso proprio davanti ai miei occhi la C-111 dopo aver preso male un’onda salta perdendo il grip sull’acqua, nell’atterraggio un rimbalzo decisamente scomposto lo fa inclinare sulla murata destra e da lì il passo è breve per andare a testa in giù!
Essendo i più vicini accorriamo subito con la barca appoggio accertandoci che i piloti escano dall’abitacolo apparentemente senza problemi ed in contemporanea arrivano anche qui i soccorsi FIM.
Nelle concitate fasi del recupero, gli altri concorrenti continuano a passare sulla boa… a pochi metri dalle operazioni di soccorso, e mentre uno dei due piloti sale a bordo con le proprie forze l’altro viene trasportato a bordo dai soccorritori cosa che inizia a preoccuparci non poco. L’odore di benzina è fortissimo, nell’urto e nel capovolgimento i serbatoi del carburante devono aver buttato fuori il loro contenuto non esiguo considerando che l’incidente è avvenuto nella prima metà di gara!
La barca medica prende la via di terra a sirene spiegate e fortunatamente, nonostante le preoccupanti comunicazioni via radio sulle condizioni di uno dei due piloti, a fine gara ne constaterò personalmente le ottime condizioni dopo un iniziale malore. Ma torniamo sul campo di gara dove mentre procede il recupero della C-111 rovesciata vediamo un battello assistenza che traina la C-96 con il motore in panne… nulla di grave, succede. Riprendiamo quindi la nostra posizione sul percorso costatando che ormai in gara rimangono nell’ordine C-11, C-97, C-9 e C-53 solo quattro barche su otto partite!
Ma parafrasando una celebre espressione del compianto Mike Bongiorno: “Colpo di scena!” sempre alla stessa boa dell’incidente della C-111 la C-9 va in candela (s’impenna quasi verticalmente per i non addetti ai lavori) e ricade giù con una discreta violenza arrestando la sua corsa.
Anche se non vicinissimo, la sensazione che ho immediatamente è che la barca nel tentativo di ripartire sia fortemente inclinata sullo scafo sinistro ed infatti via radio arriva subito la richiesta dell’equipaggio di poter essere trainato immediatamente in porto causa falla a bordo con rischio di affondamento.
I mezzi di assistenza scarseggiano poiché uno è impegnato nel traino del sandwich tra C-16 e C-29, un altro nel traino della C-96 senza motore, la barca starter è impiegata per il recupero del catamarano ribaltato e la barca medica non è ancora rientrata dal soccorso dei piloti della C-111.
La situazione è abbastanza critica ma l’equipaggio della C-9 stoicamente procede a lento moto verso il porto tenendo sotto controllo la falla. The show must go on e le tre barche rimaste in gara continuano a girare ben distanti l’una dall’altra con il terzo che è ormai quasi doppiato dal primo in una condizione di evidente difficoltà gestionale della situazione sicurezza sul campo di gara, arriva quindi saggiamente la decisione degli ufficiali di gara di sospendere la gara ai 50 minuti regolamentari senza aver percorso tutti i giri previsti e di rientrare tutti in porto con sul podio C-11, C-97 e C-53.
Il bilancio è di cinque ritiri su otto partecipanti complessivi ovvero oltre il 60% dei partecipanti fuori gara di cui 4 su 5 per incidente o danni strutturali allo scafo! Un dato impressionante, sicuramente un record per questa categoria, considerato poi che le condizioni del mare non erano assolutamente proibitive. C’è quindi qualcosa che non va! Se un mare che nella peggiore delle valutazioni su scala Beaufort si poteva considerare tra il grado due ed il tre, mette fuori uso delle barche di categoria “offshore” su un circuito a meno di un miglio da terra, allora qualche domanda, da tecnico, inizio a pormela.
Analizziamo puntualmente i fatti iniziando dal primo evento alla base del primo incidente ovvero lo scontro tra C-29 e C-16. Innanzitutto il secondo testa-coda della C-29, indice di evidente difficoltà a condurre l’imbarcazione di un equipaggio non molto in sintonia con il proprio mezzo. La C-29 non era evidentemente in gara essendo ultima, molto distaccata dal resto del gruppo e pertanto non aveva senso per loro continuare a “tirare” sulle virate soprattutto essendo seguiti dal duo di testa in lotta per il primo posto. Ma questo l’equipaggio della C-29 non poteva saperlo poiché nessuna delle barche con a bordo gli ufficiali di gara (poste su ogni boa) gli ha segnalato il sopraggiungere dei duellanti come sarebbe accaduto in F1 automobilistica con il segnale di bandiera blu! Altro punto da analizzare è la visibilità dei piloti dall’interno dei cupolini delle unità entrambe con guida in tandem (piloti messi uno davanti all’altro).
In barche di questa categoria i piloti sono due ma nella stragrande maggioranza dei casi e nella totalità delle configurazioni in tandem a condurre l’imbarcazione è solo il pilota a prua. Non potrebbe essere altrimenti poiché sfido chiunque a dare gas o a governare la barca avendo un altro davanti e senza vedere nulla se non quello che accade di lato! Quindi il copilota spesso funge o solo da zavorra o al massimo da navigatore ma sempre e solo senza vedere nulla o quasi. Ergo, a bordo ci sono quattro occhi ma se ne usano solo due e quei due devono bastare per guardare davanti, dietro, di lato, gli strumenti motore e per fare le regolazioni di assetto… contemporaneamente!
Considerando poi le dimensioni dei cristalli, risicate al minimo, per evitare indebolimenti strutturali del cupolino è semplice capire come sia ancora un assurdità permettere la guida in tandem su barche che sfiorano i 160 Km/h delegando tutto ad un solo uomo.
Nel Classe 1, dove i criteri di sicurezza sono più evoluti, la configurazione in tandem è stata ormai abbandonata, da anni sostituita alla guida affiancata e lo stesso sta accadendo anche in Classe 3 nelle unità di più recente costruzione, ma dovrebbe essere la regola.
La Federazione italiana è stata promotrice a livello internazionale dell’obbligatorietà del cupolino in classe 3C (C 3000 in Italia) a dispetto della norma UIM che invece lo considera tuttora facoltativo.
Sarebbe bello se ora si facesse un ulteriore passo in avanti, standardizzando l’adozione della guida affiancata. I vantaggi in termini di visibilità e di maggiore efficienza nella conduzione del mezzo sono ovviamente palesi. Maggiore visibilità nei 180° prodieri utili ed una partecipazione attiva anche del copilota anche nella conduzione dell’imbarcazione sdoppiando la conduzione in driver e throttleman come in tutte le classi offshore ed endurance in equipaggio (anche questa resa obbligatoria visto che non sono gare di circuito F1 ma di offshore).
Analizziamo ora gli incidenti della C-111 e C-9. La C-111 si è ribaltata per una serie di concause: il salto su un’onda presa male, il cambio di direzione veloce mentre il tunnel è ancora pieno di aria e fornisce un elevato sostentamento aerodinamico e le forze centrifughe e di trasferimento di carico agenti sullo scafo unitamente all’effetto di avvitamento generato dalla rotazione della massa dell’elica. In poche parole il catamarano una volta perso l’appoggio sull’acqua nella zona di poppa viene sottoposto ad una serie di forze di avvitamento dovuto alla rotazione dell’elica e non avendo più nessun vincolo fisico o una massa di contrasto sufficiente tende quindi ad avvitarsi e ribaltarsi. Per la C-9 invece la causa del “volo” è stata un’onda presa male che ha fatto sollevare eccessivamente la prua esponendo la pancia del tunnel all’aria mettendo la barca tecnicamente in “candela” (vedi sopra).
Immaginate all’ammaraggio l’effetto di schiacciamento dovuto all’accelerazione di gravità dello scafo in caduta sull’acqua. Fortunatamente la struttura della barca ha assorbito la maggior parte della sollecitazione di impatto ma nel punto di contatto con l’acqua la flessione tra le superfici di fianco e fondo ha generato una cricca e quindi una falla. Queste due rotture, seppur molto diverse tra loro hanno però una causa comune: l’esiguità del peso degli scafi. In entrambe i casi se la massa scafo fosse stata maggiore di sicuro le barche avrebbero avuto una maggior tenuta alle onde ad una velocità di oltre 100 Km/h.
Ricordiamoci che i catamarani sono mezzi molto difficili da condurre poiché sono fondamentalmente dei profili alari che si trovano ad operare in una condizione discontinua di flussi aerodinamici ed il cui angolo di attacco è regolabile solo tramite il trim del motore generando, quindi, una portanza assolutamente incostante e quasi imprevedibile. Ma stiamo parlando di classe offshore, di barche che navigano e gareggiano in mare e quindi in condizioni mutevoli ed a volte imprevedibili e che pertanto dovrebbero essere progettate e costruite per affrontare – sia sotto il punto di vista strutturale sia sotto il punto di vista dinamico – condizioni come quelle presenti sul campo di gara di Gallipoli (giudicate voi dalle foto).
Queste barche pesano da regolamento circa 830 Kg compreso il motore, gli allestimenti ed il carburante residuo a fine gara (quando ci rimane), il che vuol dire che la massa strutturale di scafo, coperta e cupolino si aggira nel peggiore (in termini di leggerezza) dei casi intorno ai 500 Kg su una lunghezza di quasi otto metri. Immaginate che questi 800 kg diminuiscano notevolmente in condizioni dinamiche per la portanza del tunnel, che un oggetto del genere viaggi a 160 Km/h e che a reggere tutto questo strutturalmente ed a creare una massa resistente al mare ci siano solo 500 Kg di legno o di vtr. In competizioni simili come la UIM Class 3-225 il peso minimo delle barche è di 1100 Kg, ben 150 in più e, considerando che i pesi di motori e gli allestimenti sono gli stessi, sono tutti di struttura e non sono pochi!
A fine gara il commento dei molti ritirati è stato unanime: “le gare vanno finite” a significare che l’impegno economico e fisico di un weekend ha senso solo se quantomeno si arriva alla fine anche senza ottenere risultati da podio. Forse sarebbe auspicabile che chi di dovere valuti, a fronte di una riduzione di un paio di nodi in velocità massima, di far gareggiare gli equipaggi dividendosi il governo del mezzo, con barche più pesanti e quindi sicure in termini strutturali e di tenuta delle condizioni marine, con cellule di sicurezza (cupolino e gabbia abitacolo) che consentano un adeguato campo visivo ed un’adeguata protezione in caso di urto, con dispositivi di ritenzione del carburante in caso di rovesciamento e serbatoi flessibili ed anti-deflagrazione di derivazione aeronautica obbligatori!
Tutti accorgimenti che renderebbero più affidabili i mezzi e più avvincente la competizione andando a ricercare la prestazione non nella leggerezza del mezzo a tutti i costi ma nella messa a punto! Tale auspicio, con cui concludo questo mio intervento, diventa ancor più rilevante considerando che tutti i team finanziano direttamente le spese della propria stagione agonistica e specie in tempi di crisi non è facile riuscire a sopperire a spese extra, com’è ancor più difficile per le Federazioni ed i club favorire sviluppo di una categoria interessante per molti appassionati ma ancora così anacronistica sia in termini di sostenibilità economica che di sicurezza.
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