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Una carena veneziana per Venezia. Chi la vuole?

2 Commenti/in Antonio Soccol, Antonio Soccol - Articoli, Tecnica/da Antonio Soccol

Antonio Soccoldi Antonio Soccol

Ebbene sì, lo confesso. Ho citato a braccio, senza controllare, fidandomi della mia arrugginita memoria e ho sbagliato: cenere sul capo e, soprattutto, chiedo scusa agli interessati e ai lettori. Sul fascicolo di febbraio di “Barche”, nell’articolo “Una carena veneziana per la US Navy” (pag.130 e segg.) ho scritto:

Sono anni che questo problema della riduzione del moto ondoso si studia nella mia città natale: si sono fatti molti convegni (alla Fondazione Giorgio Cini, nell’isola di San Giorgio) ai quali sono stati invitati i maggiori progettisti nautici del mondo e si sono fatti anche concorsi per stimolare la progettazione di scafi idonei a risolvere questa specifica esigenza.

Ricordo che a uno di questi convegni partecipò anche Renato “Sonny” Levi e che a uno di questi concorsi presentò una sua idea di catamarano Franco Harrauer, in coppia con Alberto Landini (i due, con il loro progetto, vinsero il concorso ma la barca non fu mai costruita).

Non è (stato) proprio così. Ho indagato: Levi non partecipò ad un convegno: venne richiesto di un parere (sulle carene anti moto ondoso) da parte del conte Volpi di Misurata, (il conte era molto amico dell’avvocato Gianni Agnelli per il quale il famoso progettista nautico stava all’epoca lavorando per la costruzione del fast commuter “G.Cinquanta”) che lo convocò a Venezia, all’isola di San Giorgio, sede della Fondazione “Giorgio Cini”. Insomma, si trattò di una semplice chiacchierata di consulenza.

Per quanto concerne invece il concorso. Ebbene, l’unico fatto venne indetto dal glorioso Circolo Motonautico Veneziano nel 1989. In gennaio di quell’anno aderirono all’iniziativa ben cinquantun progettisti italiani e stranieri che si ridussero poi a ventisette partecipanti con progetti e relazioni.

vaporetto Venezia

Giuseppe Telaroli
Progetto di Giuseppe Telaroli (selezionare le immagini per ingrandirle)

Vinse il primo premio Giuseppe Telaroli (progettista e titolare dell’omonimo cantiere del Lido di Venezia, erede di fornitori nautici della Serenissima sin dal 1700, oltre che autore di un fondamentale studio sulla causa e la cura della osmosi nelle imbarcazioni in vtr) con il suo “Progetto 89”, seguito da Roberto Starkel (Trieste) con il disegno “Venezia 2000” e da Giancarlo Coppola (Treviso) con “Uno scafo per Venezia”.

Alberto Landini (in coppia con Franco Harrauer) ebbe una segnalazione per aver presentato un progetto “significativo” così come la ebbero Enrico Benco, Gianfranco Bertaccini, Inaco Francesco Conforzi, Fabrizio Frescura, Giorgio Galletti, Renzo Giuponi, Derek Kelsall e Vittorio Quaggiotti, mentre una “menzione fuori concorso” andò a Giovanni Ceccarelli. La premiazione si fece il 22 ottobre del 1989 al Salone Nautico di Genova dove Paolo Vio, presidente del Comitato Organizzatore (e, allora, anche vicepresidente di Ucina), consegnò l’assegno di 20milioni di lire al vincitore.

All’epoca Gianni Darai, noto pilota di motonautica e presidente del Circolo Motonautico Veneziano, dichiarò al quotidiano locale:

Ci auguriamo che una così ingente massa di dati e di ricerche non vada dispersa. L’ideale sarebbe redigere una pubblicazione da mettere a disposizione degli studiosi. Speriamo inoltre che gli Enti pubblici si facciano carico di realizzare i primi tre progetti classificati, in modo da valutare nella realtà la bontà di quanto proposto sulla carta.

In realtà sembra che il Comune di Venezia si fosse impegnato a costruire a proprie spese almeno il progetto vincitore. Ma è superfluo dire che, come al solito, non se ne fece nulla.

Da segnalare che i progetti dei primi due classificati (Telaroli e Starkel) erano dei catamarani (così come lo scafo proposto da Landini-Harrauer) mentre il terzo (Coppola) suggeriva una barca tradizionale ma con una cospicua “ricerca di calcoli matematici sulla penetrazione nei fluidi”.

Non essendo stata fatta neppure la pubblicazione auspicata da Darai, non ho modo, ora, di controllare tutti i progetti presentati e non escludo quindi che vi fossero altri pluriscafi: peraltro, lo stesso Circolo Motonautico confessa che il suo archivio è un po’ confuso… Mi scuso quindi a priori per eventuali dimenticanze o omissioni.

Rimane il fatto che sono passati quasi venti anni e che la navigazione e il moto ondoso sono, a Venezia, problemi del tutto insoluti.

Telaroli mi scrive:

Leggo nei tuoi articoli l’entusiasmo per quanto di nuovo si cerca di fare in campo nautico sulle carene. Molta innovazione esiste e anche naviga; ma non è così in Venezia: l’Actv, azienda di trasporti pubblici, dal giorno che il presidente è un politico, ha perduto tutta la sua capacità.

Sorprende, inoltre, che i privati, “moderni pirati” (taxisti, trasportatori di comitive da Punta Sabbioni, Chioggia, Fusina) del trasporto veneziano, usino ancora le monocarene e non i catamarani, che portano il doppio di persone con minore potenza e meno moto ondoso.

Giuseppe Telaroli ha assolutamente ragione: le monocarene dei taxi di Venezia e quelle di quegli orrendi barconi che portano i turisti dalla terraferma alla città lagunare sono quanto di più desueto, ridicolo e penalizzante si possa pensare. Un poeta veneziano ha scritto, anni or sono, questi drammatici versi: “L’acqua cala, ma ce n’è sempre abbastanza per chi non vuol restare a galla”. Mi sembra che questa sia la realtà nella quale (Mose o non Mose) si sta suicidando la mia amata ex (molto, troppo, “ex”) Serenissima.

Carena barca per Venezia Progetto 89 Carena catamarano
Scafo Carena catamarano “Progetto 89”

Lo scorso anno qualcosa si era, apparentemente, mosso. Un imprenditore aveva raccolto un gruppo di studiosi e tecnici per studiare una imbarcazione che impiegasse in modo concreto una motorizzazione ibrida. Se c’è un posto dove questo tipo di “spinta” è assolutamente logico ebbene quello è proprio Venezia dove la velocità dei mezzi “deve” esser per forza (e per legge) minima. Di questo gruppo di lavoro facevano parte anche un noto e importante costruttore di motori elettrici di Padova e altre forze imprenditoriali (romagnole).

Si diceva che persino Cacciari, il sindaco di Venezia, avesse concesso la sua fondamentale benedizione. Paradossalmente lo scafo-prova era stato scelto utilizzando un monocarena classico dei taxi lagunari, e già qui si partiva con il piede sbagliato. Nemmeno il tempo di pensarlo che tutto è andato in fumo: l’imprenditore si è ritirato e il gruppo di studio sciolto. Amen.

Telaroli mi scrive ancora:

Posso solo confermarti che il mio “Progetto 89” con carena catamarano, dopo circa 1400 ore di prove con modelli, ha dimostrato in vasca navale d’avere tutte le caratteristiche e le qualità per essere usato nei canali veneziani e oltre”.

Non ho una fiducia incondizionata nella vasca navale e nelle prove che vi si svolgono ma indubbiamente milleequattrocento ore di analisi sono un bel patrimonio che non si dovrebbe sprecare. Il progetto, che è stato pubblicato anche dal Bollettino della As.Pro.Na.Di. è ricco di elementi e parametri di studio affascinanti. C’è nessuno??? Mi sento come quella che, in latino, si direbbe: “Vox clamantis in deserto” (Isaia, cap. XL, v. 3).

Per concludere questa chiacchierata sulle carene anti moto ondoso ecco quanto ancora mi ha confidato il bravo Giuseppe Telaroli:

Riguardo alla carena cosidetta “veneziana” studiata negli Usa e definita a “M”, l’ho provata in incognito e posso affermare che, in effetti, non provoca onde, ma la carena trimarano obbliga lo scafo ad avere determinate larghezze che non possono essere usate all’interno dei canali veneziani, ma solo su linee foranee.

Studi fatti (e pubblicati) e prove confermano chiaramente che la prua centrale, quando lo scafo è stretto, crea un effetto contrario. La dimostrazione pratica è lo scafo di Giuponi che, pur rifatto in alluminio a distanza d’anni, non ha dato i risultati sperati.

Il progettista veneziano mi ha inviato anche i disegni di un suo scafo da corsa da 13,50 m con carena a triciclo rovesciato del 1993, studiato per l’offshore (quello di allora). E una relazione sui suoi studi (e consulenze fatte per la fiction tv) sulle barche di Marco Polo. Ma di queste cose parleremo in altra occasione.

Articolo apparso nel fascicolo di maggio 2008 della rivista “Barche” e riprodotto per g.c. concessione dell’autore. – Tutti i diritti riservati. Note Legali

Tags: Antonio Soccol, Carena Veneziana, Circolo Motonautico Veneziano, Franco Harrauer
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2 commenti
  1. VINCENZO CICOGNA
    VINCENZO CICOGNA dice:
    11/06/2008 in 11:24

    il Mago di Menlo Park…

    un tale di nome Thomas Alva Edison, in una biografia letta molti anni fa, disse:non inventero’ nulla se non espressamente richiesto.

    Poichè una invenzione fatta per la borsa di New York velocizzava troppo le operazioni… ed a qualcuno non conveniva!!

    Che dire di questi progetti, cui all’epoca anch’io partecipai (non essendo inserito nella ” rosa” dei concorrenti… ma solo per verificare la bontà del concorso) Molto materiale è a disposizione… ed anche molti

    S O R D I !!

    Se realmente si vuole salvare Venezia, bisogna dare esempi a cominciare… dalle teste.

  2. antonio soccol
    antonio soccol dice:
    09/06/2008 in 15:31

    Come tutti gli articoli che vengono qui ripresi dopo la loro “professionale” (quella sul blog è per “gentile concessione”) pubblicazione su “Barche”, anche questo è assolutamente integrale e contiene pertanto le eventuali imperfezioni dell’originale.

    Devo dunque subito segnalare che, a pubblicazione avvenuta (su “Barche”), Giuseppe Telaroli si è affrettato a segnalarmi che, al tempo del concorso, Paolo Vio era “anche” il Presidente del Circolo Motonautico Veneziano.

    Mi scuso con l’amico Vio per l’errore e con i lettori per l’imprecisione: sono passati quasi venti anni da quei giorni e mi sono fidato di un ritaglio del tempo de “Il Gazzettino di Venezia” che attribuiva quella carica a Gianni Darai.

    Antonio Soccol

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