Rivista Marittima – maggio 2013
Nave MIRAGLIA in navigazione durante il transito del ponte girevole a Taranto (1927 – 1955). Ex mercantile CITTA’ DI MESSINA, venne successivamente acquistata dalla Regia Marina (foto ufficio Storico Marina Militare)
EDITORIALE
di Patrizio Rapalino
100 anni di volo in mare
Il 10 giugno 2013, in occasione della celebrazione della Festa della Marina Militare, saranno commemorati i 100 anni dell’Aviazione Navale di cui, seppur in estrema sintesi, abbiamo individuato le seguenti fasi storiche:
Fase pionieristica
Già nel lontano 1907 sulla Rivista Marittima veniva pubblicato un articolo sulle potenzialità dell’elicottero imbarcato a firma del tenente di vascello Fausto Gambardella (riprodotto per intero su questo numero per il valore storico delle osservazioni): «al nostro scopo basterà soltanto che esso possa facilmente elevarsi in aria di 400 o 500 metri, rimanervi alcuni minuti, esplorare l’immensa superficie di un orizzonte da 80 a 90 miglia di raggio e comunicare le cose vedute». Al centro vi era la nave e la necessità di scoprire il nemico oltre l’orizzonte ottico.
Pertanto il velivolo, secondo Gambardella (elicottero o aeroplano), doveva essere imbarcato in modo da venire impiegato durante l’azione tattica e quindi con immediatezza. Doveva essere pilotato da chi era in grado di conoscere il nemico sul mare e di comunicare nella stessa «lingua/gergo» ciò che aveva visto in modo da essere compreso. «Una flotta che non possa scovare il nemico, rintracciarlo, attenderlo al varco, e per mancanza di mezzi di esplorazione, sia, invece, soggetta a subirne tutte le sorprese, per quanto possa sentirsi forte e anche esserlo, dà a noi l’immagine di un atleta accecato (. . .)». Nel 1910 il tenente di vascello Mario Calderara conseguiva il primo il brevetto nazionale di pilota.
Fase dell’entusiasmo
I lusinghieri risultati ottenuti durante la prima guerra mondiale portarono il ministro della Marina Thaon di Revel alla decisione di realizzare delle navi portaerei da impiegarsi anche in bacini ristretti come l’Adriatico non solo per l’esplorazione ma anche quale strumento di offesa del territorio nemico in particolar modo delle basi navali avversarie. Il Comitato degli Ammiragli, incaricato dal Ministro, nel 1923 si esprimeva in modo favorevole sulla realizzazione di unità portaerei.
Il ventennio e l’illusione della guerra aerea indipendente
Il 28 marzo 1923 viene istituita la Regia Aeronautica che assorbiva la Forza Aerea della Marina con la conseguente migrazione di parte dei piloti navali e dell’esperienza acquisita nella nuova Forza Armata. Le dimissioni dell’ammiraglio Thaon di Revel, dovute all’istituzione del Capo di Stato Maggiore Generele nelle mani del generale Pietro Badoglio, contribuirono a fare cadere in secondo piano le esigenze aeree della flotta tant’è che il Comitato degli Ammiragli nel corso della riunione del 11 agosto 1925, tenutasi alla presenza del Capo del Governo (sottosegretario di Stato contrammiraglio Giuseppe Sirianni) decideva all’unanimità di non realizzare navi portaerei in quanto né utili né necessarie per l’impiego della Marina in Mediterraneo, tenendo conto del fatto che la Francia, potenza oceanica, ne aveva realizzata soltanto una la Béarn. Anche il progetto di compromesso di realizzare un incrociatore portaerei con la possibilità di imbarcare 18-20 velivoli veniva respinto.
Il dibattito interno
n 4 settembre 1935 il sottosegretario di Stato e Capo di Stato Maggiore della Marina ammiraglio Domenico Cavagnari incaricò il Comitato Progetto Navi di studiare la realizzazione di una portaerei da 14.000 tonnellate, 38 nodi di velocità, in coordinamento con il Ministero dell’Aeronautica e con l’industria nazionale (Caproni e Zappata). Emersero i primi studi di conversione di navi passeggeri come l’Augustus e il Roma poi recuperati nel 1941 per costruire l’Aquila.
Nel settembre del 1936 Cavagnari respinse i progetti che saranno riutilizzeti nel1941. Nonostante la decisone di rinunciare alla portaerei presa da Cavagnari trovasse l’appoggio di ammiragli influenti come Angelo Iachino, Luigi Sansonetti e Oscar di Giamberardino, altri, come Romeo Bemotti e i giovani Giuseppe Fioravanzo e Franco Maugeri, di diverso avviso, pubblicavano diversi articoli a favore della portaerei e sulla Aviazione Navale su testi didattici, Rivista Marittima e addirittura sulla Rivista Aeronautica provocando, nel caso di Maugeri, il richiamo all’ordine da parte del Capo di Stato Maggiore in persona. Nel 1937 l’ammiraglio Di Giamberdino pubblicò l’Arte della guerra in mare che ebbe il grande successo anche all’estero e sulla portaerei scrisse:
«La superba nave, aspirante con suoi nuovi mezzi a un dominio brillante del mare, può cangiarsi invece rapidamente in un falò, sulle acque inconquistate, e sparire irrimediabilmente prima ancora di avere reso il minimo servizio. Fra le varie unità effimere, nate nel disordine del pensiero tecnico e operativo, che ha fatto seguito alla guerra mondiale, questa è senza dubbio la più vulnerabile, la più illogica meno adatta per muoversi e per trionfare nell’ardente atmosfera della moderna guerra in mare».
Nella premessa dell’edizione dell’Almanacco Navale del 1938 l’ammiraglio Iachino. futura vittima a Capo Matapan della mancanza di una aviazione imbarcata, scriveva:
«discutibile la necessità delle navi portaerei specialmente per Marine destinate a operare prevalentemente in mari ristretti».
Stessa cosa scrisse Sansonetti sul Brassey’s Naval Annual. In ogni caso, il 15 marzo 1938 Cavagnari chiuse la questione dichiarando alla Camera dei Deputatti che la portaerei non era necessaria. Ciò allo scopo precipuo di non mettersi contro alle teorie della Regia Aeronautica che godeva del pieno appoggio del Regime. L’ammiraglio Iachino, a proposito del clima che si era instaurato alla fine degli anni Trenta nel libro di memorie “Il Tramonto di una grande Marina” uscito nel Dopo guerra affermò:
«Chi aveva idee proprie e non intendeva rinunciarvi, fu indotto al silenzio e tenuto in disparte [. .. Si venne così a spegnere a poco a poco, in Marina, il fecondo spirito di iniziativa individuale del passato, sostituito da una diffusa tendenza al conformismo».
Tuttavia, l’Ufficio Piani di Guerra, consapevole delle esigenze della Marina, continuava ad aggiornare le necessità operative future individuando la necessità di realizzare due navi portaerei nel quinquennio 1940-1944 per la futura «Flotta di evasione» che avrebbe dovuto operare nell’Oceano Indiano a partire dalla fine degli anni Quaranta. Del resto la Francia aveva avviato l’impostazione di due moderne portaerei che allo scoppio della guerra erano ancora in fase di allestimento.
Fase di constatazione dell’errore
La mancanza di sinergia e di una visione strategica interforze portarono a conseguire i primi buoni risultati in termini di aero-cooperazione soltanto verso la metà del 1942. La realizzazione delle navi portaerei venne ordinata dopo il disastro di Capo Matatan, ormai troppo tardi, sospesa l’8 settembre 1943. Lo stesso ammiraglio Cavagnari in una lettera del 19 aprile 1948 indirizzata al Capo di Stet. Maggiore ammiraglio Maugeri riconobbe l’errore determinato dalla necessità di conformarsi alle direttive del Regime:
«Certo, nella mia opera [. .. ], possono rivelarsi anche in questo campo manchevolezze che non ripeterei [. . .]. Ma, proprio per questa mia esperienza che non è stata di un solo giorno, vorrei rivolgere ai miei successori una esortazione: la questione del possesso di una Aviazione, integralmente e assolutamente propria, è fondamentale per la Marina [. .. ]. Possano, dunque, i miei successori essere più fortunati di me, realizzando compiutamente quella Aviazione Marittima totalmente fondata e comandata dagli uomini di mare».
Dopo la prova del nove della sconfitta il dibattito dall’interno della Marina, ormai consapevole delle sue ragioni, si spostò all’esterno finendo anche sui giornali.
Fase della ricerca dei colpevoli e del dibattito esterno alla Marina
Il clima post bellico di ricerca dei colpevoli e addirittura di presunti traditori (Trizzino in Navi e Poltrone) ha contribuito a fare poca chiarezza sulle ragioni della sconfitta della guerra in Mediterraneo. I duelli dottrinali si susseguivano anche fuori dai palazzi ministeriali sulla stampa. II 18 novembre 1952 il generale Giuseppe Valle, Capo di Stato Maggiore durante la preparazione alla guerra, scrisse in un articolo dal titolo indicativo del momento: «L’aviazione agli aviatori» comparso sui Tempo:
«L’ammiraglio Ferreti, Capo di Stato Maggiore delle Marina si è recato recentemente a Washington per chiedere – e speriamo non ottenere – una o due portaerei per l’Italia, in conto forniture belliche [. . .]. Come aviatore non posso tacere la penosa impressione che gli aviatori hanno subito [. .. ] nel conoscere come Ufficiali dell’Esercito e della Marina siano stati inviati all’estero, in forma quasi clandestina, allo scopo di apprendere il pilotaggio».
Le necessità aeree delle Marina venivano messe in luce in numerosi articoli sia su quotidiani sia sulla Rivista Marittima nel contesto della delicata preparazione della Legge Navale. Del resto lo sviluppo dell’Aviazione Navale non avrebbe avuto nessun futuro sicuro senza l’approvazione della legge il 22 marzo 1975 che rendeva possibile, tra l’altro, la realizzazione di un incrociatore tutto ponte e quindi, di conseguenza, la possibilità di avere una componente aerea imbarcata anche ad ala fissa. Un sogno dell’ammiraglio De Giorgi, Capo di Stato Maggiore della Marina dal 5 maggio 1973 al 17 luglio 1977, mantenuto nel cassetto a livello di studio di fattibilità, per non rischiare di compromettere le delicate fasi di approvazione della legge da parte delle Camere, verrà portato avanti dai successori.
La testimonianza di questa ambizione al volo è ben rappresentata nella statua realizzata da Vittorio Di Colbertaldo e donata a fine incarico all’ammiraglio dal suo Staff, oggi conservata presso l’Accademia Navale, la quale riporta oltre la targa della promulgazione della Legge Navale anche la rappresentazione stilizzata del decollo di tre aerei dalla prora di una nave. Nell’opera di divulgazione, dell’ambizioso progetto si distinsero gli ammiragli Mario Angelozzi e Ubaldo Bemini che pubblicarono lo studio richiesto dall’ammiraglio De Giorgi dopo la sua scomparsa con il titolo di: Il problema aeronavale italiano.
Aspetti storici e attuali (destinato in un primo tempo a essere stampato come supplemento dalla Rivista Marittima ma poi uscito nel 1981 con l’editore Belforte di Livorno), su cui il Capo di Stato Maggiore della Marina ammiraglio Mario Bini scrisse una lettera agli autori (pubblicata integralmente a fianco per il suo valore storico) che chiarisce il processo decisionale di quegli anni. Le polemiche su giornali e riviste, tra cui la risposta dell’ammiraglio Vittorio Marulli al generale di squadra aerea Paolo Mocci uscita a gennaio del 1986 sul Tempo dal titolo: «Necessaria una mentalità sinceramente interforze. L’Aviazione di Marina e la tela di Penelope», continuarono senza soluzione di continuità fino all’approvazione della legge n. 36 del l” febbraio 1989 che dava la possibilità alla Marina di «integrare le capacità di difesa delle proprie unità navali [ … ] con reparti aerei imbarcati» appartenenti organicamente alla Forza Armata e non soltanto per l’impiego così come avveniva per la precedente Aviazione «per» la Marina.
Fase della rinascita
Dalle piccole fregate classe «Bergamini» all’incrociatore tutto ponte Garibaldi la Marina grazie alla Legge navale del 1975 ha potuto un passo alla volta arrivare all’impiego operativo degli «A V 8B PLUS» a bordo in 20 anni di attività reale e quindi alla realizzazione della prima portaerei Cavour piattaforma polifunzionale di importanza strategica per il Paese sia nelle operazioni di soccorso alla popolazione civile vittima di eventuali calamità naturali, sia in operazioni di carattere militare (DUAL USE).
Dopo 100 anni di silenzioso impiego dell’Aviazione Navale e dibattito interno ed esterno alla Forza Armata occorre ripercorrere passo dopo passo il lungo percorso verso la «sinergie» intrinseca del «Potere Aeronavale» (di per sé multidimensionale) che consente di ottenere gli obiettivi individuati dal Ministro, ossia di una Marina sempre più snella ed efficace nel contesto di una profonda revisione di tutte le Forze Armate intesa a realizzare uno strumento militare coerente sia con il ruolo che l’Italia intende assumere nel contesto internazionale, sia con le risorse finanziarie disponibili. In ogni caso, come nel 1907, al centro dello sviluppo dell’Aviazione Navale vi ‘è ancora la nave, il mare e la sua specificità. Ecco perché i piloti di elicotteri e aerei imbarcati, pur operando sia sulla terra sia sul mare, sono ufficiali di Marina.
Patrizio Rapalino
SOMMARIO
PRIMO PIANO
- Espansione della cantieristica italiana
Paolo Fragiacomo - Perché Bashar resiste
Massimo lacopi - Aspetti della guerra afghana
Giuseppe Gagliano
PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE
- La difesa antibalistica imbarcata in Europa
Pietro Batacchi - I sistemi missilistici per la difesa di punto
Michele Cosentino - Marinalles: prospettive future e opportunità
Gennaro Falcone - Leadership e motivazione
Massimo Volta - Aeroplani ed Elicotteri (1907)
Fausto Gambardella
SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE
- La prima circumnavigazione russa del globo
Vezio Vascotto - Il Duilio di Brin
Pier Paolo Ramoino
STORIA E CULTURA MILITARE
- <<Mirage>> e cannoni
Giuliano da Frè
RUBRICHE
- Lettere al Direttore
- Osservatorio Internazionale
- Marine militari
- Nautica da Diporto
- Scienza e tecnica
- Diario di guerra
- Che cosa scrivono gli altri
RIVISTA MARITTIMA – Mensile della Marina dal 1868
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